È l’estate degli Oasis

Centinaia di migliaia di persone stanno passando dal Regno Unito per il loro tour e la ricorderanno così, tra birre, cori e cappellini da pescatore

Fan degli Oasis in posa per una foto fuori dallo stadio di Murrayfield a Edimburgo, Scozia, 8 agosto 2025 
(Jeff J Mitchell/Getty Images)
Fan degli Oasis in posa per una foto fuori dallo stadio di Murrayfield a Edimburgo, Scozia, 8 agosto 2025 (Jeff J Mitchell/Getty Images)
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Da Cardiff a Londra, da Manchester a Edimburgo, nelle ultime settimane le strade e i pub del Regno Unito si sono riempiti di cappellini da pescatore, occhialini tondi e magliette con le facce dei fratelli Gallagher. Centinaia di migliaia di persone infatti sono arrivate da tutto il mondo, anche solo per uno o due giorni, per seguire l’attesissimo tour della reunion degli Oasis, uno dei grandi eventi musicali dell’anno che è diventato un momento di festa e condivisione anche fuori dai palazzetti e sui social, arrivando dappertutto.

Gli Oasis sono una delle band più note e amate degli anni Novanta, e quelli di quest’estate sono i loro primi concerti dal 2009. Da allora moltissimi fan avevano visto suonare Liam e Noel Gallagher, ma sempre separatamente. L’anno scorso l’annuncio delle prime date del loro tour era stato accolto con enorme entusiasmo, e tutti i biglietti erano finiti nel giro di poche ore.

Per seguire le cinque date che hanno fatto a Manchester, la loro città, a metà luglio sono arrivate persone dalla Nuova Zelanda e dal Kazakistan, dalla Cina e dalla Groenlandia. In vista dei concerti in moltissimi pub sono stati organizzati pre e after party, per esempio al Definitely Maybe, che deve il proprio nome al disco d’esordio della band ed è gestito da due fratelli che si chiamano a loro volta Gallagher, Paul e Mark. Prima e dopo i concerti i fan si sono radunati nei locali e nelle strade per bere birra, chiacchierare e intonare cori di “Wonderwall”, “Don’t Look Back in Anger” o “Little by Little”, alcune delle canzoni più famose degli Oasis.

Le cinque date successive sono state allo stadio di Wembley a Londra, che ha una capienza di circa 80mila posti, e ogni sera sono state vendute 250mila pinte di birra, un record per eventi di questo tipo: per dare l’idea, durante i concerti di Coldplay e Taylor Swift l’anno scorso ne erano state vendute rispettivamente 120mila e 40mila.

La storia degli Oasis in un certo senso è cominciata in Scozia, a Glasgow, dove nel 1993 la band fu notata dal manager Alan McGee, che era andato a un loro concerto per cercare di incontrare una sua ex, e finì invece per ingaggiare la band nella sua etichetta. Grazie a Definitely Maybe (1994) e soprattutto a (What’s the Story) Morning Glory? (1995) gli Oasis diventarono uno dei principali gruppi del britpop, il rock britannico che a metà degli anni Novanta era spesso in cima alle classifiche.

Le date di venerdì 8 e sabato 9 agosto a Edimburgo hanno attirato circa 70mila persone ciascuna, e altrettante sono attese per quella di martedì 12. Tra di loro ci sono Romina Trusch, che viene da Buenos Aires e racconta che in autunno rivedrà gli Oasis nella sua città, e Tim Kunstmann di Amburgo che, con in mano un sacchetto pieno di magliette e altri gadget, dice che erano vent’anni che aspettava questo concerto.

Una delle preoccupazioni dell’amministrazione di Edimburgo era che i concerti degli Oasis finissero nel caos, in parte perché la band ha un seguito perlopiù maschile, e in parte perché in questi giorni la popolazione della città praticamente raddoppia per via del Fringe festival, una delle manifestazioni di arti performative più note e partecipate al mondo. Durante il penultimo concerto della band a Londra un uomo di 45 anni è morto cadendo dagli spalti. Ma a parte le code per prendere i mezzi pubblici, qualche gruppo di fan molesti e i prezzi più alti della norma, le persone che hanno visto i concerti dicono che sta filando tutto abbastanza liscio.

Anche a Edimburgo diversi pub hanno organizzato brunch, feste e quiz a tema Oasis, mentre lo zoo e altri negozi hanno offerto uno sconto ai loro fan. Fuori dallo stadio di Murrayfield, dove si tengono i concerti, c’è la coda fin dalle 10 del mattino, quando aprono i banchetti del merchandising ufficiale, compreso quello fatto in collaborazione con Adidas, ma qua e là si trova anche merce contraffatta. Il ritorno dello stile reso popolare dai fratelli Gallagher è una delle cose che quest’estate si stanno notando anche fuori dal Regno Unito, insieme a un ritorno delle canzoni degli Oasis in radio e nelle varie playlist.

In generale i fan sembrano essere piuttosto soddisfatti della scaletta, che però sta lasciando fuori chicche come “She’s Electric” e “All Around the World”. Quelli che non sono riusciti ad accaparrarsi i biglietti riescono comunque a sentire i concerti sistemandosi nelle vicinanze. E sui social i video delle esibizioni sono ormai infiniti.

Il giornalista musicale Marc Burrows, autore di diversi libri e di uno spettacolo di stand-up comedy sul britpop al Fringe, ricorda che a metà anni Novanta gli Oasis avevano un seguito «incredibilmente enorme», e soprattutto trasversale. Secondo lui dipendeva anche dal fatto che, dopo anni in cui le nuove generazioni si erano sentite dire che per loro non c’era un futuro, gli Oasis erano tutto sommato ottimisti e spensierati.

«In un momento difficile ed estremamente divisivo come questo, credo che qualcosa di tanto semplice come starsene assieme ad altre 80mila persone per cantare una canzone degli Oasis sia molto invitante», dice Burrows in un’intervista al Post. A vederli non ci sono solo persone dai 40 anni in su – i giovani di allora – ma anche trentenni e ventenni, che secondo lui cercano di avvicinarsi a un periodo meno complicato attraverso quella musica.

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Dopo i concerti in Scozia gli Oasis ne faranno due a Dublino, in Irlanda, e poi andranno in Canada, Stati Uniti e Messico; a fine settembre suoneranno di nuovo a Londra, tra ottobre e novembre passeranno da Seul, Tokyo, Melbourne e Sydney, e infine concluderanno il loro tour in Sudamerica, a Buenos Aires, Santiago e San Paolo. Intanto hanno fatto un gran bene all’economia delle città in cui sono passati.

Sommando il costo dei biglietti dei concerti a quello di voli, alloggi, cibo, bevande e merchandising è stato stimato che per le date del Regno Unito i fan spenderanno l’equivalente di quasi 900 euro a testa, per un totale di circa 1,2 miliardi. La domanda di servizi nei giorni dei loro concerti è cresciuta, con un conseguente aumento dei prezzi, ed è aumentato anche l’interesse per alcuni indumenti tipici dell’estetica del britpop, come i parka o i cappellini da pescatore appunto. Miki Christi, titolare di un negozio di souvenir di Manchester che tra le altre cose ha organizzato una gara di sosia degli Oasis, ha detto al Guardian di non aver mai visto niente di questa portata: «E porca miseria, non piove nemmeno!».

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