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  • Venerdì 1 agosto 2025

Il giudice brasiliano che guida tutti i casi che contano

Dalle indagini su Bolsonaro alla sospensione di X, Alexandre de Moraes è molto noto e molto discusso

 Alexandre de Moraes a Brasilia, nel 2022 (Dado Galdieri/The New York Times/Contrasto)
Alexandre de Moraes a Brasilia, nel 2022 (Dado Galdieri/The New York Times/Contrasto)
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Il giudice della Corte Suprema del Brasile Alexandre de Moraes è ritenuto da molti il secondo uomo più potente del paese, dopo il presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Il suo ruolo in molti casi giudiziari importanti lo ha reso un nemico dell’amministrazione statunitense di Donald Trump, che questa settimana lo ha sanzionato con una norma usata solitamente contro dittatori, oligarchi e criminali internazionali. «De Moraes è responsabile di una campagna oppressiva di censura, detenzioni arbitrarie che violano i diritti umani e indagini politicizzate», ha scritto in un comunicato il dipartimento americano del Tesoro.

Oltre alle sanzioni personali contro de Moraes, gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 50 per cento sulle importazioni di molte merci brasiliane per costringere il paese a interrompere il processo contro l’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro, definito da Trump una «caccia alle streghe».

Secondo l’amministrazione Trump, de Moraes starebbe perseguendo ingiustamente Bolsonaro, un suo stretto alleato accusato tra le altre cose di aver organizzato un colpo di stato nel 2022. Secondo i suoi sostenitori invece de Moraes è sì un giudice-attivista, che però starebbe difendendo la democrazia brasiliana dalle ingerenze dell’estrema destra e delle grandi multinazionali di internet.

Ultimamente si è occupato anche di un caso che ha a che fare con l’Italia: è stato de Moraes a ordinare l’arresto della deputata italo-brasiliana Carla Zambelli, del partito di Bolsonaro, condannata dalla Corte Suprema brasiliana a 10 anni di carcere per aver hackerato il sistema del Consiglio Nazionale della Giustizia (CNJ), un organo che tra le altre cose è responsabile dei procedimenti disciplinari verso i magistrati. In particolare, secondo la Corte Zambelli avrebbe fatto inserire dei documenti falsi con l’obiettivo di screditare i giudici che stavano indagando su Bolsonaro, tra cui de Moraes. Zambelli è scappata in Italia per sfuggire alla condanna, ed è stata arrestata a Roma a fine luglio: le autorità italiane stanno valutando la richiesta di estradizione.

Jair Bolsonaro il 10 giugno 2025

Jair Bolsonaro il 10 giugno 2025 (Arthur Menescal/Getty Images)

Alexandre de Moraes ha 56 anni e fino a una decina di anni fa era il capo della polizia di San Paolo, la città più popolosa del Brasile. È stato contestato per i suoi metodi duri: era noto per coprire i casi di violenza dei poliziotti e per disperdere con metodi violenti le manifestazioni, soprattutto di sinistra.

Nel 2016 la presidente progressista Dilma Rousseff si dimise a causa di un’inchiesta giudiziaria (in cui de Moraes non c’entrava niente). Il suo vicepresidente Michel Temer, conservatore, le succedette nell’incarico. Temer però aveva un problema: poco tempo prima un hacker aveva violato lo smartphone di sua moglie e lo ricattava minacciando di pubblicare foto compromettenti trovate sul dispositivo. Temer al tempo aveva 75 anni e la moglie 32. Il nuovo presidente chiese aiuto a de Moraes, che organizzò un’indagine estremamente efficace e in poco tempo arrestò il ricattatore. Poco dopo, Temer lo nominò ministro della Giustizia.

Come ministro de Moraes continuò con le sue politiche dure, e per esempio divenne famoso per una campagna contro lo spaccio di marijuana. Meno di un anno dopo la sua nomina si aprì una posizione nella Corte Suprema, e Temer lo nominò nel collegio dei giudici.

In Brasile la Corte Suprema ha un potere enorme, molto superiore a quella sua equivalente negli Stati Uniti o della Corte costituzionale italiana. I giudici della Corte brasiliana non si limitano a valutare la costituzionalità di una legge, ma possono aprire delle inchieste, portare avanti le indagini, ordinare l’arresto di sospetti ed emettere ordinanze quasi su tutto. Inoltre non hanno bisogno di prendere decisioni collegiali, come i giudici supremi statunitensi, ma possono agire singolarmente. De Moraes l’ha fatto spesso.

Un sostenitore di Bolsonaro mostra un cartello con la scritta “Fuori Moraes” durante una protesta a Brasilia, il 29 luglio del 2025 (AP Photo/Luis Nova)

Negli ultimi anni è diventato famoso e controverso principalmente per due indagini. Anzitutto quella sulle fake news, aperta nel 2019, tre mesi dopo l’elezione a presidente di Jair Bolsonaro. L’indagine fu aperta formalmente per investigare sui casi di disinformazione online che avevano colpito «l’onore e la sicurezza della Corte Suprema e dei suoi membri», ma in poco tempo si trasformò in un gigantesco caso giudiziario con cui Moraes ha investigato su centinaia di casi di disinformazione online in Brasile e non solo. Sarebbe dovuta durare pochi mesi, ma è ancora in corso, sei anni dopo la sua apertura.

Quando alcune inchieste giornalistiche mostrarono che il comitato elettorale di Bolsonaro aveva creato un gruppo per diffondere disinformazione online (chiamato “gabinetto dell’odio”), de Moraes cominciò a indagare anche su quello e incriminò il presidente e molti dei suoi collaboratori.

In seguito, in un’altra fase della stessa indagine, de Moraes bloccò in tutto il Brasile il servizio di messaggistica Telegram e poi il social media X, accusati della diffusione di messaggi d’odio e disinformazione. Entrambi furono in seguito sbloccati, ma dopo grosse polemiche. L’imprenditore Elon Musk, proprietario di X e al tempo stretto alleato di Trump, definì de Moraes «il dittatore del Brasile».

Bolsonaro parla con il suo avvocato davanti al giudice de Moraes, a giugno del 2025 (AP Photo/Eraldo Peres)

L’enorme indagine di de Moraes sulle fake news è parzialmente giustificata dalla Costituzione brasiliana, che è effettivamente molto dura e molto specifica contro i crimini d’odio. I discorsi razzisti sono illegali, ed è vietato anche infamare alcune istituzioni e sistemi dello stato: per esempio non si può dire falsità sul funzionamento del sistema elettorale o ledere «l’onore» dei propri avversari politici. Al tempo stesso molti critici sostengono che de Moraes abbia commesso abusi e violato i limiti del proprio potere.

Questa prima indagine – e soprattutto lo scontro con Elon Musk, che al tempo era uno dei principali alleati di Trump – ha contribuito a rendere de Moraes inviso al presidente statunitense. Ma l’indagine che ha reso de Moraes un nemico agli occhi di Trump è quella contro Bolsonaro sul tentato colpo di stato in Brasile, che secondo l’accusa Bolsonaro e i suoi collaboratori avrebbero organizzato alla fine del 2022, dopo aver perso le elezioni contro Lula.

Secondo varie informazioni scoperte dalla polizia brasiliana, coordinata da de Moraes, Bolsonaro e i suoi avrebbero creato un piano per proclamare lo stato d’emergenza in Brasile, uccidere i principali oppositori politici (compresi Lula e de Moraes stesso) e ottenere l’appoggio dell’esercito per instaurare in Brasile una dittatura militare. L’operazione però non si realizzò proprio per il mancato appoggio di gran parte dei leader militari del paese. Pochi mesi dopo, a gennaio del 2023, un gruppo di sostenitori di Bolsonaro assaltò i palazzi delle istituzioni nella capitale Brasilia, tra cui la Corte Suprema. Entrarono nell’ufficio di de Moraes e sventolarono la sua toga nera come un trofeo. L’insurrezione fu rapidamente bloccata dalla polizia.

Il processo per tentato colpo di stato è già cominciato: Bolsonaro e le altre 36 persone indagate rischiano tra i 12 e i 28 anni di carcere. Bolsonaro ha sempre detto di essere innocente. Due settimane fa un’ordinanza firmata proprio da de Moraes ha obbligato Bolsonaro a indossare il braccialetto elettronico alla caviglia.

Le vicende giudiziarie dell’ex presidente brasiliano sono una questione sentita dall’amministrazione statunitense soprattutto perché le due famiglie, quella di Bolsonaro e quella di Trump, sono diventate molto vicine negli ultimi anni. Dopo aver lasciato l’incarico da presidente Bolsonaro – sapendo che erano in corso indagini contro di lui – trascorse tre mesi in Florida, dove incontrò più volte Trump. Suo figlio Eduardo è un deputato molto vicino agli ambienti trumpiani, e ha trascorso mesi a sostenere la causa di suo padre presso Trump e i suoi collaboratori.

Le pressioni hanno funzionato. In più di un’occasione Trump ha difeso Bolsonaro sui social media e ha chiesto al governo brasiliano di far cadere le accuse contro di lui. Il governo di Lula si è sempre rifiutato, sostenendo che il suo governo non può interferire con l’indipendenza della magistratura.