Cos’è il “Pfizergate”

Nel caso che ha portato alla mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen c'entrano dei vaccini, degli sms e il New York Times

Ursula von der Leyen, l'8 luglio 2025 (Philipp von Ditfurth/dpa/ANSA)
Ursula von der Leyen, l'8 luglio 2025 (Philipp von Ditfurth/dpa/ANSA)
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La mozione di sfiducia contro la Commissione Europea e la sua presidente, Ursula von der Leyen, è stata presentata per via di uno scandalo che la coinvolge direttamente: il cosiddetto “Pfizergate”, che riguarda la presunta mancanza di trasparenza nelle modalità con cui nel 2021 l’Unione Europea ottenne circa 1,8 miliardi di dosi di vaccino contro il Covid-19 dall’azienda farmaceutica Pfizer-BioNTech.

Oggi la mozione è stata votata dal Parlamento Europeo, che l’ha respinta come era previsto. Da mesi però il Pfizergate viene strumentalizzato dagli eurodeputati di destra ed estrema destra che vogliono criticare la Commissione: lunedì, durante un dibattito in Parlamento, von der Leyen ha parlato del caso e ha difeso il suo operato usando toni molto duri, una cosa inusuale per il suo stile politico.

Nei primi mesi del 2021, nel pieno della campagna vaccinale contro il Covid-19, l’azienda farmaceutica AstraZeneca era molto in ritardo con la consegna delle dosi di vaccini previste dal contratto che aveva firmato con l’Unione Europea: così in ritardo che ad aprile la Commissione Europea le aveva fatto causa e a maggio non aveva rinnovato il contratto. Contemporaneamente la Commissione aveva annunciato di essersi accordata per acquistare 1,8 miliardi di dosi di vaccino da Pfizer-BioNTech. Il contratto era valido fino al 2023 e prevedeva l’acquisto immediato di 900 milioni di dosi, più la possibilità di acquistarne altri 900 milioni in seguito.

Il discorso di Ursula von der Leyen al Parlamento Europeo durante la discussione sulla sua mozione di sfiducia.

In quelle settimane molti giornali scrissero dell’accordo, descrivendolo come di fatto un successo politico di Ursula von der Leyen, che si era occupata personalmente di negoziarne i termini. Il New York Times fu il primo a scrivere che l’accordo era stato raggiunto attraverso uno scambio diretto di messaggi e telefonate fra von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla.

Questi messaggi divennero oggetto di interesse giornalistico, anche perché il testo del contratto con Pfizer che la Commissione aveva diffuso era stato ampiamente censurato e non mostrava molte informazioni sensibili, per esempio il costo di una singola dose. È molto comune che i dati più sensibili dei contratti vengano oscurati prima della loro divulgazione, ma al tempo i giornali considerarono quella faccenda di interesse pubblico e per questo in diversi chiesero di aver accesso ai messaggi, sulla base del diritto di accesso ai documenti pubblici previsto dalle leggi europee.

Il primo a farlo fu la testata online tedesca netzpolitik.org, a cui però la richiesta fu negata. Il New York Times fece lo stesso nel 2022, ma ottenne lo stesso risultato. L’accesso fu negato anche all’allora mediatrice europea Emily O’Reilly, il cui compito è indagare sulle denunce relative ai casi di presunta cattiva amministrazione all’interno dell’Unione.

Come giustificazione la Commissione diede diverse motivazioni, non sempre concordanti fra loro. Disse che i messaggi non potevano essere considerati documenti ai sensi delle normative europee e che quindi non aveva il dovere di divulgarli. Disse anche che i messaggi che von der Leyen e Bourla si erano scambiati erano irreperibili, poi disse che erano di natura effimera (cioè che si cancellavano automaticamente dopo poco tempo) e che quindi non era possibile ritrovarli, e anche che da allora von der Leyen aveva cambiato telefono per ordinarie ragioni di sicurezza. Aggiunse che il contenuto dei messaggi non era importante (se lo fosse stato, von der Leyen sarebbe stata obbligata a conservarli). Non scese però mai nel dettaglio di come avesse condotto queste ricerche, cosa che fece pensare a molti che non le avesse proprio svolte.

L’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, a gennaio del 2025 (AP Photo/Markus Schreiber)

Queste risposte e atteggiamento aumentarono le critiche sulla mancanza di trasparenza della Commissione Europea e diedero origine a varie teorie cospirazioniste sui vaccini e sul modo in cui l’Unione aveva stretto l’accordo con Pfizer. A febbraio del 2023 il New York Times fece causa alla Commissione Europea davanti al Tribunale dell’Unione Europea, la prima delle due corti della Corte di Giustizia dell’Unione, sostenendo che l’organo avesse il dovere di rendere pubblici quei messaggi.

Lo scorso maggio il Tribunale ha dato ragione al New York Times, stabilendo che la Commissione ha violato il «principio di buona amministrazione» e che avrebbe dovuto rendere pubblici i messaggi, oppure spiegare in modo esaustivo perché aveva scelto di non farlo o perché non era riuscita a trovarli. Ha aggiunto che, dalla spiegazione fornita in aula dalla Commissione, non era chiaro se questi messaggi esistessero ancora o meno, né perché avesse deciso che il loro contenuto non era importante. Il Tribunale ha specificato che non tutte le conversazioni per messaggio dei funzionari europei possono essere rese pubbliche, ma che anche i messaggi che riguardano affari ufficiali dell’Unione rientrano fra i documenti che devono poter essere resi pubblici sulla base delle leggi europee sulla trasparenza.

La Commissione ha ancora quattro giorni per fare appello alla sentenza, ma non ha detto di volerlo fare. Una volta scaduto il termine, dovrà pubblicare i messaggi o spiegare in modo più esteso perché non vuole o non può farlo, e dimostrare di aver condotto delle ricerche esaustive sul caso.

– Leggi anche: Guida minima alla mozione di sfiducia contro von der Leyen