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  • Domenica 25 maggio 2025

Le indagini sull’uso di palestinesi come “scudi umani” da parte dell’esercito israeliano

Una nuova inchiesta di AP ha raccontato che la pratica è sistematica

Soldati dell'esercito israeliano all'interno di un edificio distrutto della Striscia di Gaza, il 17 maggio
Soldati dell'esercito israeliano all'interno di un edificio distrutto nella Striscia di Gaza, il 17 maggio (Israel Defense Forces/Handout via Xinhua)
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In questi giorni una nuova inchiesta giornalistica ha raccontato come l’esercito israeliano abbia usato sistematicamente delle persone palestinesi come “scudi umani” durante le operazioni militari nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. È una pratica considerata un crimine di guerra dal diritto internazionale ed è riconosciuta come illegale anche da Israele dal 2005.

L’esercito israeliano ha confermato all’agenzia di stampa statunitense Associated Press, che ha pubblicato l’inchiesta, che la polizia militare sta indagando su casi di questo tipo, ma non ha detto quanti siano. Si sa che a marzo aveva aperto indagini su almeno 6 casi, ma non ci sono stati sviluppi. Prima di quella di AP c’erano state altre indagini giornalistiche, tutte sostenute da testimonianze di prigionieri e soldati, che avevano già descritto questa pratica come sistematica e radicata nella tattica militare israeliana.

Uno “scudo umano” è un prigioniero civile che viene mandato a perlustrare una zona pericolosa, dove potrebbero esserci un’imboscata o degli esplosivi, per esempio un tunnel o l’interno di un edificio, per evitare di esporre a rischi i soldati – o addirittura i cani usati dalle forze armate. A quei rischi chiaramente è esposta la persona usata come “scudo”. L’obiettivo dei militari è evitare di coinvolgere soldati nell’esplosione di mine o negli agguati dei miliziani Hamas.

L’inchiesta di AP contiene la testimonianza di un uomo palestinese che ha raccontato che in due settimane e mezzo in cui è stato trattenuto dall’esercito israeliano è stato usato continuativamente come scudo umano: i soldati gli facevano indossare un’uniforme militare analoga alla loro e gli legavano una telecamera sulla fronte per osservare la sua esplorazione a distanza.

Soldati israeliani durante un'operazione nella Striscia di Gaza, il 19 maggio

Soldati israeliani durante un’operazione nella Striscia di Gaza, il 19 maggio (IDF/Xinhua via ZUMA Press)

In tutto AP ha parlato con due soldati israeliani, un ufficiale israeliano e sette palestinesi costretti a fare da “scudi” e ha impiegato prove raccolte da Breaking the Silence, una ong israeliana formata da ex soldati. Le fonti israeliane hanno parlato con l’agenzia in condizioni di anonimato.

Secondo l’ufficiale, a metà del 2024 ormai quasi ogni reparto di fanteria dispiegato a Gaza si avvaleva di “scudi umani”. Ha raccontato che la pratica veniva apertamente raccomandata sulle slide mostrate da un comandante durante un briefing, in cui i civili palestinesi sfruttati in questo modo venivano chiamati “zanzare”. L’ufficiale ha anche detto di essere a conoscenza di due casi in cui le persone usate come “scudi” sono state uccise. In un caso un uomo palestinese era stato ucciso da un’unità israeliana, non quella che lo stava usando come “scudo”, perché non aveva capito cosa stesse facendo.

Le inchieste giornalistiche hanno dimostrato che gli ufficiali e i livelli più alti dell’esercito erano consapevoli dell’uso di “scudi umani” e che gli ordini arrivavano via radio. Diversi soldati hanno protestato, e questo li ha spinti poi a denunciare la pratica a ong come Breaking the Silence e ai media internazionali in forma anonima. Prima di AP si erano già occupati del tema con inchieste o interviste il Guardian, Al Jazeera, CNN e il New York Times. Una delle inchieste più note e approfondite era stata quella pubblicata lo scorso agosto dal quotidiano Haaretz, l’unico grande giornale in Israele che racconta la guerra in corso assumendo anche posizioni molto critiche nei confronti del governo e dell’esercito israeliani.

Nei primi anni Duemila l’uso degli “scudi umani” era una pratica frequente e sdoganata dall’esercito israeliano, sia a Gaza sia in Cisgiordania, ma nel 2005 la Corte suprema israeliana l’aveva messa fuori legge, dopo un ricorso di associazioni per la difesa dei diritti umani. Da allora l’esercito sostiene di averla proibita. Continua invece ad accusare Hamas di praticarla, anche per giustificare i propri attacchi aerei e via terra in cui ha massacrato decine di migliaia di civili.

Carri armati israeliani avvisati vicino al confine meridionale della Striscia, il 20 maggio

Carri armati israeliani avvistati vicino al confine meridionale della Striscia, il 20 maggio (Jamal Awad/Xinhua via ZUMA Press)

Anche in seguito alle inchieste giornalistiche, a marzo l’esercito aveva detto di aver aperto le proprie indagini sul tema. Ne aveva già promesse in precedenti occasioni in cui erano stati resi noti episodi problematici e gravi legati all’operato dei militari: finora i risultati di indagini del genere hanno perlopiù giustificato la condotta dei soldati, o ridimensionato le loro colpe.

Michael N. Schmitt, un professore dell’accademia militare statunitense di West Point, aveva spiegato al New York Times che non gli risulta che altri eserciti oltre a quello israeliano abbiano usato in tempi recenti prigionieri civili per missioni di ricognizione. Lo avevano fatto gli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam, finita cinquant’anni fa.

– Leggi anche: L’inchiesta di Haaretz sull’uso dei palestinesi come “scudi umani” da parte dell’esercito israeliano