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  • Venerdì 23 maggio 2025

Il 5 maggio 2002 e gli altri Scudetti vinti con un sorpasso all’ultima giornata

È successo solo quattro volte nella storia della Serie A, una proprio con Simone Inzaghi e Antonio Conte di mezzo

Il secondo gol di Karel Poborsky, che avrebbe poi fatto perdere lo Scudetto all'Inter il 5 maggio 2002 (Marco Rosi/LaPresse)
Il secondo gol di Karel Poborsky, che avrebbe poi fatto perdere lo Scudetto all'Inter il 5 maggio 2002 (Marco Rosi/LaPresse)
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Venerdì il campionato di Serie A maschile si deciderà all’ultima giornata per la ventottesima volta da quando viene disputato. A contendersi lo Scudetto saranno il Napoli, attualmente primo con 79 punti, e l’Inter, seconda a 78 punti. Il Napoli, che è favorito proprio grazie alla sua posizione in classifica, affronterà il Cagliari, mentre l’Inter giocherà contro il Como.

È una cosa abbastanza rara che lo Scudetto venga deciso all’ultimo fine settimana del campionato, ma sarebbe ancor più eccezionale se l’Inter riuscisse a vincerlo: tra tutte le volte che lo Scudetto è stato assegnato all’ultima giornata, solo in quattro c’è stato un sorpasso in classifica in cui la squadra che partiva seconda è riuscita a vincere il titolo.

5 maggio 2002: il più famoso, “il 5 maggio”
Prima dell’ultima partita del campionato 2001-2002 l’Inter dell’allora presidente Massimo Moratti era prima in classifica a 69 punti, dopo tredici anni senza vincere lo Scudetto. Sotto di lei c’erano la Juventus a 68 e la Roma a 67. Le partite per decidere lo Scudetto furono quindi fissate in contemporanea il 5 maggio alle 15: l’Inter avrebbe giocato a Roma contro la Lazio, la Juventus contro l’Udinese a Udine e la Roma contro il Torino.

Nonostante quella dell’Inter fosse evidentemente la partita più complicata (quella Lazio era molto forte), la squadra di Moratti fu considerata fino all’ultimo la principale favorita per la vittoria dello Scudetto. Contro la Lazio l’Inter schierò una delle coppie di attaccanti più forti al mondo, quella composta dal brasiliano Ronaldo e dall’italiano Christian Vieri, che in quella stagione avevano saltato molte partite per vari infortuni.

L'attaccante brasiliano dell'Inter Ronaldo durante una partita della Serie A 2001-2002, 21 aprile 2002 (Grazia Neri/Getty Images)

L’attaccante brasiliano dell’Inter Ronaldo durante una partita della Serie A 2001-2002, 21 aprile 2002 (Grazia Neri/Getty Images)

Pochi minuti dopo l’inizio delle tre partite decisive per il campionato, la Juventus stava già vincendo 2-0 contro l’Udinese: è stato insomma subito chiaro che per vincere lo Scudetto l’Inter doveva battere la Lazio. La partita iniziò bene per l’Inter, ma sul finale del primo tempo, quando stava vincendo 2-1, il ceco Karel Poborsky segnò il gol del pareggio per la Lazio.

Nel secondo tempo i giocatori dell’Inter erano visibilmente tesi e la squadra crollò: la Lazio segnò altre due reti e vinse infine 4-2.

La Juventus, nel frattempo, aveva mantenuto il vantaggio di due gol sull’Udinese e vinse il Campionato. L’Inter finì persino terza in classifica, dato che la Roma aveva vinto a Torino e l’aveva quindi superata.

Quella sconfitta è ricordata in modo particolarmente doloroso dai tifosi dell’Inter, e tra gli appassionati di calcio “il 5 maggio” è un riferimento arcinoto e un esempio per eccellenza di delusione sportiva. A Roma, con la sconfitta dell’Inter ormai certa, Marco Materazzi si mise a piangere in campo, così come Ronaldo in panchina, in una scena rimasta storica. Le telecamere inquadrarono Materazzi che diceva ai giocatori della Lazio: «Ve l’ho fatto vincere lo Scudetto, ve l’ho fatto vincere uno Scudetto!», riferendosi al campionato di due anni prima, quando con il Perugia aveva battuto la Juventus all’ultima giornata permettendo proprio alla Lazio di vincere lo Scudetto.

14 maggio 2000: l’ultima volta in cui Simone Inzaghi vinse lo scudetto superando Antonio Conte

Tra gli anni Novanta e l’inizio dei Duemila la Lazio era una delle squadre più forti al mondo, grazie soprattutto agli enormi investimenti del presidente Sergio Cragnotti. Era allenata dallo svedese Sven-Goran Eriksson e aveva in rosa alcuni dei migliori giocatori dell’epoca e non solo, come il difensore italiano Alessandro Nesta o il centrocampista ceco Pavel Nedved.

Nella Serie A 1999-2000 si era contesa la vittoria dello scudetto con la Juventus, con la quale si era alternata più volte al primo posto in classifica. Anche la Juventus era una squadra molto forte e aveva vinto tre dei cinque campionati precedenti. A una giornata dal termine, la classifica era così: Juventus 71, Lazio 69.

Per vincere il campionato all’ultima giornata, il 14 maggio del 2000 la Lazio avrebbe dovuto battere in casa (cioè nel suo stadio, l’Olimpico di Roma) la Reggina, una squadra che quell’anno stava giocando sorprendentemente bene, e sperare che nel frattempo la Juventus perdesse fuori casa contro il Perugia, una squadra da metà classifica. Come sempre in questi casi, le due partite erano state programmate in contemporanea per evitare condizionamenti. Le cose però andarono un po’ diversamente.

La Lazio vinse la sua partita per 3-0, ma quando finì di giocare il secondo tempo di Juventus-Perugia (il primo era finito 0-0) doveva ancora iniziare: un diluvio aveva allagato il campo durante l’intervallo, e l’arbitro Pierluigi Collina aveva tardato l’inizio del secondo tempo.

La partita della Juventus riprese dopo un’ora di sospensione. Poco dopo l’inizio del secondo tempo, il Perugia andò in vantaggio con un gol del difensore Alessandro Calori, mentre all’Olimpico tifosi e giocatori seguivano assieme la partita alla radio e sul maxischermo, in un’atmosfera abbastanza surreale e unica nella storia del campionato italiano.

La Juventus, infine, perse la partita e la Lazio vinse inaspettatamente il secondo Scudetto della sua storia. Tra i tre calciatori che segnarono per la Lazio quel giorno c’era Simone Inzaghi, l’attuale allenatore dell’Inter; nella Juventus invece giocava Antonio Conte, che oggi allena il Napoli.

L'allora attaccante della Lazio Simone Inzaghi (David Rogers/ALLSPORT)

L’allora attaccante della Lazio Simone Inzaghi (David Rogers/ALLSPORT)

20 maggio 1973: la “fatal Verona”
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta il Milan stava attraversando il primo periodo vincente della sua storia: tra le altre cose, nel 1968 aveva vinto il campionato e nel 1969 la sua seconda Coppa dei Campioni, quella che ora è la Champions League.

Nel 1973 vincere ancora lo Scudetto per il Milan avrebbe avuto un significato simbolico particolare, perché sarebbe stato il decimo e quindi quello che conferisce la prestigiosa “prima stella” ricamata sulla maglia (ogni stella sulla maglia rappresenta 10 Scudetti, nel calcio italiano: all’epoca ce l’avevano solo Inter e Juventus).

Dopo la penultima giornata di campionato il Milan era primo con 44 punti. A un solo punto c’erano però Lazio e Juventus, che ne avevano 43. L’ultima giornata si giocò il 20 maggio 1973 e le tre partite decisive per lo scudetto erano Verona-Milan, Roma-Juventus e Napoli-Lazio. Il Milan aveva giocato e vinto solo quattro giorni prima un’impegnativa finale di Coppa delle Coppe, un torneo europeo esistito fino al 1999, ma rimaneva comunque la favorita, dato che avrebbe dovuto giocare la partita in teoria più facile, contro la squadra meno quotata.

Il Milan contro il Verona perse inaspettatamente 5-3. Il finale di campionato fu abbastanza sorprendente: a pochi minuti dalla fine, infatti, Juventus e Lazio stavano pareggiando e avevano gli stessi punti del Milan. Per il regolamento dell’epoca, ci sarebbe stato un eccezionale spareggio a tre.

Negli ultimi minuti la Lazio subì un gol dal Napoli e perse infine 1-0, mentre la Juventus segnò contro la Roma il gol del 2-1 e vinse partita e Scudetto.

Con questa inaspettata sconfitta del Milan, si creò in Serie A il mito della “fatal Verona”, una sorta di maledizione per il Milan che si concretizzava quando giocava contro il Verona in momenti decisivi della stagione. Sarebbe continuato a lungo: nel 1990 un’altra sconfitta contro il Verona fu decisiva per far perdere al Milan uno Scudetto alla penultima giornata (vinse il Napoli).

1 giugno 1967: la “papera” di Giuliano Sarti 
Negli anni Sessanta l’Inter era una delle squadre più forti al mondo. Ci giocavano calciatori di altissimo livello, come il difensore Giacinto Facchetti o l’attaccante Sandro Mazzola, e nelle quattro stagioni precedenti aveva vinto tre Scudetti, due Coppe dei Campioni e una Coppa Intercontinentale (un torneo tra le vincitrici di coppe di diversi continenti).

Nel 1967 sembrava dunque scontato che l’Inter potesse vincere lo Scudetto per la terza volta di fila: a quattro giornate dalla fine del campionato aveva un vantaggio di quattro punti sulla Juventus seconda in classifica. Era un distacco non da poco, dato che allora una vittoria valeva due punti, e non tre come oggi.

Prima dell’ultima giornata di campionato però la distanza si era ridotta a un punto solo: Inter 48, Juventus 47. L’Inter restava favorita perché doveva giocare contro il Mantova, una squadra molto modesta; la Juventus invece era contro la Lazio. Si giocava il primo giugno.

Meno di una settimana prima però l’Inter aveva giocato e perso la finale di Coppa dei Campioni contro il Celtic, e all’ultima giornata contro il Mantova i giocatori sembrarono un po’ stanchi. L’Inter giocò comunque un bel primo tempo: Mazzola prese pure un palo.

Il portiere dell'Inter Giuliano Sarti durante una partita contro il Milan, 3 aprile 1966 (LaPresse Torino/Archivio Storico)

Il portiere dell’Inter Giuliano Sarti durante una partita contro il Milan, 3 aprile 1966 (LaPresse Torino/Archivio Storico)

All’inizio del secondo tempo però subì il gol del vantaggio del Mantova a causa di un errore clamoroso del portiere Giuliano Sarti, di quelli che vengono definiti “papere”: una palla debole calciata dall’attaccante Beniamino Di Giacomo gli scivolò fra le mani e finì in porta. La Stampa scrisse che dopo il gol Sarti si mise a piangere e i tifosi del Mantova iniziarono a cantare «Juventus, Juventus!», sventolando bandiere bianconere (cioè con i colori della Juventus). L’Inter non riuscì nemmeno a pareggiare e perse la partita.

La Juventus intanto vinse 2-1 contro la Lazio e superò l’Inter in classifica vincendo il suo tredicesimo Scudetto. Per molti fu la fine della Grande Inter (così viene ricordata quella forte Inter degli anni Sessanta). L’anno successivo, infatti, arrivò quinta in campionato e l’imprenditore Angelo Moratti, il presidente con cui l’Inter aveva ottenuto tutti quei successi, vendette la squadra.