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  • Venerdì 6 maggio 2022

La storia della “fatal Verona”

Domenica il Milan può avvicinarsi allo Scudetto nella città in cui, nel 1973 e di nuovo nel 1990, lo perse per due volte alle ultime giornate

La pagina sportiva del quotidiano Il Nuovo Adige del 21 maggio 1973
La pagina sportiva del quotidiano Il Nuovo Adige del 21 maggio 1973
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Domenica sera il Milan gioca a Verona contro l’Hellas nel posticipo della terzultima giornata di Serie A. Da prima in classifica con due punti di vantaggio sull’Inter — che venerdì sera ha battuto l’Empoli andando momentaneamente prima — non può ancora vincere matematicamente il campionato ma può ottenere i primi tre punti dei sette che gli servono per assicurarsi lo Scudetto dopo undici anni di attesa.

Per la terza volta nella storia del Milan, l’esito di una stagione potenzialmente vincente passerà per la “fatal Verona”, un’espressione che nel calcio italiano deriva da due inaspettate e decisive sconfitte che proprio il Milan subì nella città veneta nel 1973 e poi nel 1990.

Nel 1972 il Milan era ancora sulla scia del primo periodo più vincente della sua storia, iniziato tra il 1961 e il 1963 con le vittorie dell’ottavo Scudetto e della prima Coppa dei Campioni. L’allenatore di quelle vittorie, Nereo Rocco, nel frattempo era diventato direttore tecnico e pur rimanendo il punto di riferimento per la squadra, il suo posto da allenatore era stato preso da due suoi vecchi giocatori: l’ex capitano Cesare Maldini, triestino come lui, e il milanese Giovanni Trapattoni.

Nereo Rocco e Cesare Maldini nel 1963 (LaPresse)

Alla squadra, già composta dal Pallone d’Oro Gianni Rivera, dal vice campione del mondo Karl-Heinz Schnellinger e dagli italiani Romeo Benetti e Pierino Prati, in estate era stato aggiunto un attaccante dalla Fiorentina, Luciano Chiarugi. L’anno precedente il campionato era stato vinto dalla Juventus, che in estate aveva acquistato Dino Zoff e José Altafini. A Cagliari c’era ancora Gigi Riva, ma non più l’allenatore dello Scudetto, Manlio Scopigno, sostituito da Edmondo Fabbri. La Fiorentina aveva appena acquistato Giancarlo Antognoni dalla Serie D, mentre l’Inter, che l’anno prima aveva perso la finale di Coppa dei Campioni, aveva iniziato a svecchiare la squadra. La Lazio, invece, era appena tornata in Serie A, e l’anno successivo avrebbe vinto il suo primo Scudetto.

La stagione del Milan iniziò bene e proseguì spedita, così come quella della Juventus e a sorpresa anche quella della Lazio, che da neopromossa aveva il vantaggio di non giocare le coppe europee. A metà stagione questo era l’ordine della classifica, con la Lazio terza a pari merito con l’Inter, che però nel girone di ritorno si staccò.

A tre giornate dalla fine, il Milan si trovava in testa con 41 punti, seguito dalla Lazio a 40 e dalla Juventus a 39 (all’epoca una vittoria valeva due punti). Nonostante le vittorie, il Milan aveva dato segnali di stanchezza, causati principalmente dalle faticose trasferte a Varsavia, Mosca e Praga per la Coppa delle Coppe. Anche la Juventus aveva l’impegno della Coppa dei Campioni, dove in quella stagione raggiunse la finale, poi persa a Belgrado contro l’Ajax di Johan Cruijff. A differenza del Milan, però, in campionato continuò a vincere, aiutata da un calendario meno fitto.

Il 29 aprile, alla terzultima giornata, il Milan pareggiò contro il Torino, la Juventus vinse a Bergamo e la Lazio pareggiò contro il Bologna. Alla penultima vinsero tutte e tre, e si presentarono quindi all’ultima giornata con il Milan avanti di un solo punto, ma con un impegno in più: la finale di Coppa delle Coppe, che aveva giocato e vinto a Salonicco quattro giorni prima contro l’impegnativo Leeds United. La Juventus, invece, ebbe il vantaggio di giocare la sua finale il 30 maggio, a campionato finito.

Il 20 maggio, contro un Verona a ridosso della zona retrocessione, il Milan crollò, concludendo il primo tempo in svantaggio 3-1. Anche a Roma la Juventus si trovò sotto di un gol nel primo tempo, ma poi recuperò e vinse con i gol di Altafini e Antonello Cuccureddu. Il Milan invece non riuscì a recuperare e finì per perdere 5-3, mentre la Lazio perse all’ultimo minuto contro un Napoli descritto come molto agguerrito, nonostante fosse già salvo.

Successivamente, anche in tempi recenti, diversi dei giocatori coinvolti in quell’ultima giornata di campionato sostennero che all’intervallo di Napoli-Lazio un gruppo di dirigenti e giocatori della Lazio andò dal capitano del Napoli, Antonio Iuliano, per assicurarsi l’esito della partita. Iuliano però disse: «Siete arrivati tardi». Le rivelazioni, anche per la prassi dell’epoca, non ebbero nessuna conseguenza, così come quelle su un presunto e mai accertato “premio a vincere” — fino agli anni Ottanta di uso comune nel campionato — offerto al Verona dalla Juventus per battere il Milan, che però quella partita non sembrò mai in grado di vincerla.

La Juventus vinse così, all’ultima giornata, il suo quindicesimo Scudetto. «Lo abbiamo vinto negli ultimi novanta minuti… bisognava giocare anche questi ultimi novanta minuti» disse negli spogliatoi dell’Olimpico di Roma il presidente, Giampiero Boniperti.

Diciassette anni dopo il Milan di Arrigo Sacchi e degli olandesi Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard — considerata la miglior squadra italiana di sempre — si ritrovò in una situazione simile. Andò a giocare a Verona non all’ultima, ma alla penultima giornata, e soprattutto a quattro giorni da una faticosa semifinale di Coppa dei Campioni, giocata a Monaco di Baviera e terminata con la qualificazione ai tempi supplementari.

Allora il Milan si giocava lo Scudetto con il Napoli di Diego Armando Maradona. Fu un campionato in cui accaddero molte cose fin dalle prime settimane, anche non legate prettamente al campo, come l’incidente del 3 settembre 1989 in cui morì uno dei campioni del mondo del 1982, Gaetano Scirea, che aveva smesso da poco di giocare con la Juventus. L’attesa, inoltre, era molta, dato che la Serie A era il miglior campionato d’Europa e in estate in Italia si sarebbero giocati i Mondiali.

Il confronto fra Napoli e Milan fu quello che definì maggiormente la qualità della Serie A in quegli anni. Il Napoli aveva vinto lo Scudetto per la prima volta nel 1987. L’anno dopo il Milan si era messo in mezzo, riuscendo a vincerlo di tre punti proprio davanti al Napoli. Dopo lo Scudetto della cosiddetta “Inter dei record” di Giovanni Trapattoni, nel 1989 Napoli e Milan si erano ritrovate nuovamente favorite.

Con Maradona all’apice della carriera, già affermato come giocatore più forte al mondo, il Napoli si confermò come grande favorito nel corso del girone di andata, concluso al primo posto. Ma nella seconda metà della stagione il suo andamento calò e a febbraio fu superato dal Milan, in corsa anche per la vittoria della Coppa dei Campioni.

Diego Maradona e Franco Baresi in Napoli-Milan del 21 ottobre 1990 (ANSA/Cezaro De Luca)

L’8 aprile ci fu un episodio decisivo. Durante Atalanta-Napoli una monetina lanciata dagli spalti dello stadio di Bergamo colpì alla testa Alemao, centrocampista brasiliano del Napoli. La partita finì 0-0 ma il giudice sportivo assegnò successivamente la vittoria a tavolino al Napoli, che riuscì così a raggiungere il Milan a 47 punti.

Due settimane dopo, alla penultima giornata, il Milan perse inaspettatamente per 2-1 a Verona contro l’Hellas, che cinque anni prima aveva vinto lo Scudetto e che in quel momento rischiava però la retrocessione. Il Milan andò in vantaggio alla mezzora, ma nel secondo tempo la partita divenne nervosissima. Sacchi venne espulso per proteste e il Verona pareggiò dopo un’ora di gioco. Negli ultimi dieci minuti al Milan vennero espulsi due giocatori: Rijkaard per doppio giallo e Van Basten per proteste. A un minuto dalla fine il Verona andò in vantaggio, e un altro giocatore milanista, Alessandro Costacurta, venne espulso per proteste. La partita finì 2-1 ma a fine campionato il Verona venne ugualmente retrocesso.

Nel frattempo, a Bologna, il Napoli vinse facilmente e si allontanò di due punti in classifica. La settimana successiva, grazie alla vittoria contro la Lazio all’ultima giornata, il Napoli vinse matematicamente il suo secondo e ultimo Scudetto. Anche in quel caso ci furono polemiche, riassunte anni dopo da Van Basten nella sua autobiografia. «Non mi è mai capitato di assistere a una cosa del genere. L’arbitro, Rosario Lo Bello, quel giorno fece di tutto per farci perdere, fischiò in maniera scandalosa» scrisse l’olandese. Il Milan tuttavia si rifece pochi giorni dopo, vincendo la sua quarta Coppa dei Campioni, e la seconda consecutiva, battendo a Vienna il Benfica.