Per la destra sono giorni molto complicati sulle questioni regionali

I partiti di governo bisticciano nelle Marche, in Friuli Venezia Giulia e a livello nazionale sul terzo mandato dei presidenti

Giorgia Meloni con Matteo Salvini e Antonio Tajani sul palco di Atreju, a Roma, il 17 dicembre 2023 (FABIO CIMAGLIA/ANSA)
Giorgia Meloni con Matteo Salvini e Antonio Tajani sul palco di Atreju, a Roma, il 17 dicembre 2023 (FABIO CIMAGLIA/ANSA)
Caricamento player

Mercoledì scorso, al termine del question time a cui ha partecipato Giorgia Meloni, alcuni importanti dirigenti di Fratelli d’Italia si sono appartati in un angolo del Transatlantico, il grande corridoio fuori dall’aula della Camera dei deputati. E lì, dietro una colonna, i ministri Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani, il capogruppo Galeazzo Bignami e il responsabile dell’organizzazione nazionale del partito Giovanni Donzelli, hanno discusso di come provare a dare un indirizzo concorde alla coalizione di destra in vista delle prossime campagne elettorali per le amministrative di fine maggio e per le regionali di novembre.

Il senso del ragionamento è stato alla fine sintetizzato da Lollobrigida: bisogna evitare che succeda di nuovo quel che avvenne in Sardegna, dove i prolungati conflitti tra Lega e Fratelli d’Italia hanno portato la destra a una sconfitta che ha consegnato la guida della regione al centrosinistra. In questo senso, hanno concordato i dirigenti di Fratelli d’Italia, bisogna agire per tempo prima che emergano nuove tensioni: anche perché ci sono già alcuni primi segnali preoccupanti.

Anzitutto nelle Marche, dove la sfida elettorale sarà più delicata, perché tra le regioni che andranno al voto è quella più contendibile: il Veneto con ogni probabilità resterà alla destra, e in Puglia, Campania e Toscana il centrosinistra ha ottime possibilità di restare al governo. Per questo molti addetti ai lavori vedono le Marche come la regione che influenzerà il giudizio complessivo del turno elettorale. Il centrosinistra ha un candidato piuttosto forte e conosciuto, l’europarlamentare del PD Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro. La destra invece punta a confermare il presidente uscente, Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia: una sua eventuale sconfitta sarebbe un brutto segnale per il partito di Giorgia Meloni. Ecco perché quest’elezione è così delicata.

– Leggi anche: Nelle regioni il centrodestra si fa i dispetti

I dirigenti locali di Fratelli d’Italia hanno a lungo sperato di poter attrarre Azione di Carlo Calenda nella coalizione elettorale conservatrice. Una grossa parte della base marchigiana del partito però si è opposta, generando un grosso malcontento: alla fine Azione non presenterà una lista.

A preoccupare Lollobrigida e Donzelli però sono soprattutto i dissidi interni alla coalizione. La coordinatrice regionale della Lega, Giorgia Latini, li spiega così: «Sia Silvio Berlusconi, sia Matteo Salvini, quando erano a capo del centrodestra hanno saputo essere generosi con gli alleati. Acquaroli governa proprio perché cinque anni fa, nonostante fossimo di gran lunga il primo partito, abbiamo offerto agli amici di Fratelli d’Italia la candidatura. Ora Fratelli d’Italia deve dimostrare questa stessa attenzione, non puntando a stravincere da solo ma anzi dandoci delle garanzie sugli assessorati e gli equilibri futuri in giunta e in Consiglio regionale».

Quanto a Forza Italia, Latini ricorda con dispiacere il fatto che poche settimane prima delle europee del 2024 il partito prese con sé tre consiglieri regionali eletti con la Lega: «Queste scorrettezze non aiutano certo a creare un clima di coesione e di entusiasmo», spiega Latini.

Il presidente delle Marche Francesco Acquaroli con Giorgia Latini, coordinatrice regionale della Lega (foto dal profilo Facebook di Acquaroli)

Nel frattempo si sono alimentate altre tensioni in Friuli Venezia Giulia. Il presidente Massimiliano Fedriga, della Lega, aveva già avvertito informalmente i dirigenti di Fratelli d’Italia che avrebbe protestato se il governo avesse impugnato la legge con cui la Provincia autonoma di Trento aveva introdotto il terzo mandato consecutivo per il presidente: cosa che è puntualmente successa lunedì 19 maggio. Il motivo è che questa norma sarebbe stata un precedente per consentire a tutte le regioni a statuto speciale, tra cui appunto il Friuli Venezia Giulia, di aggirare il limite dei due mandati per i presidenti della giunta. Anche Fedriga insomma puntava a candidarsi per un terzo mandato consecutivo.

In questo clima già piuttosto complicato, venerdì Ciriani ha dato un’intervista al Gazzettino in cui criticava duramente il direttore dell’azienda sanitaria di Pordenone per i ritardi nell’apertura del nuovo ospedale cittadino. Il ministro Ciriani (che è di Pordenone) ha poi spiegato a chi gli ha chiesto conto di quelle dichiarazioni così dure che quella è una faccenda che a lui sta particolarmente a cuore fin dal 2012, da quando era assessore alla Sanità nella giunta di Renzo Tondo, e che dunque non era sua intenzione generare polemiche politiche. Le sue parole però sono state considerate dalla Lega come un atto ostile nei confronti della giunta e una rivendicazione dell’assessorato alla Sanità per Fratelli d’Italia, cosa che ha indispettito anche Forza Italia che gestisce quelle deleghe nella giunta di Fedriga con Riccardo Riccardi.

Domenica c’è stata una riunione di maggioranza tra i responsabili regionali dei partiti di destra. Il deputato meloniano Walter Rizzetto ha provato a mediare senza grosso successo. «L’atteggiamento di Ciriani mette in difficoltà lo stesso Rizzetto», ha detto Marco Dreosto, coordinatore regionale della Lega. Così, dopo la riunione, gli assessori della Lega, di Forza Italia e della lista civica che porta il nome di Fedriga hanno rimesso il mandato: tecnicamente, il passo preliminare verso le dimissioni.

Il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga parla nella sede dell’Associazione stampa estera a Roma, il 23 gennaio 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Fedriga si è preso del tempo per riflettere: tra le ipotesi che stanno valutando alcuni suoi collaboratori c’è quella di aprire una crisi che porterebbe a elezioni anticipate. Una legge regionale del 2007, poi modificata, prevede infatti che se il mandato del presidente s’interrompe prima della metà della legislatura – cioè prima che trascorrano 2 anni, 6 mesi e un giorno – questo non viene contato per il limite dei due mandati. Quindi se la giunta regionale decadesse prima dell’8 ottobre, Fedriga potrebbe ricandidarsi. Perché sia possibile però non dev’essere lui a dimettersi volontariamente.

È una possibilità al momento lontana, ma in Fratelli d’Italia la preoccupazione è reale: infatti lunedì pomeriggio Rizzetto ha convocato un direttivo regionale del partito. Ci si attendeva che martedì si potessero un po’ chiarire le cose, visto che Meloni avrebbe dovuto partecipare al Festival delle regioni a Venezia con anche Fedriga. La presidente del Consiglio ha però annullato tutti gli impegni dei prossimi due giorni perché ha la febbre.

Anche nel Consiglio dei ministri in cui è stata impugnata la legge trentina ci sono state divergenze, anche se piuttosto composte. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli della Lega, ha detto che la decisione di impugnare la legge era politica, e non tecnica come sosteneva Maria Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia. Lollobrigida ha detto che secondo lui c’era solo la necessità di fare chiarezza, e che si potrà fare dopo che la Corte costituzionale si sarà espressa sulla legge trentina: eventualmente con una nuova legge che stabilisca definitivamente le regole sui mandati dei presidenti regionali. Meloni ha assecondato la tesi di Lollobrigida, subito seguita anche da Antonio Tajani; Salvini si è dissociato ma senza grosse polemiche.

Il segretario trentino della Lega Mirko Bisesti, promotore del disegno di legge provinciale impugnato dal governo, dice di essere molto amareggiato: «È un attacco all’autonomia, ed è grave a prescindere da qualsiasi ragionamento politico. Il fatto che questa decisione venga da un governo amico rende il tutto più difficile da accettare».