Come una lega di basket 3 vs 3 sta cambiando la WNBA
“Unrivaled” ha mostrato i limiti che ancora ci sono nel basket femminile americano, e soprattutto che le cestiste possono guadagnare molto di più
di Giorgia Bernardini

Il 16 maggio comincia la nuova stagione di WNBA, la lega femminile di basket americana, che andrà avanti fino a ottobre del 2025. È la ventinovesima edizione, ma è soprattutto la prima che si alterna con un altro campionato di basket femminile professionistico appena nato: Unrivaled.
Unrivaled è la nuova lega di basket femminile 3 contro 3, che dura dieci settimane e si è disputata per la prima volta lo scorso inverno a Miami, in Florida. Le sei squadre partecipanti erano composte da alcune delle giocatrici più forti del mondo, tutte tra le più seguite del basket americano e che in estate giocano in WNBA. L’altissimo livello organizzativo di Unrivaled e i soldi che ha permesso di guadagnare alle sue giocatrici stanno mettendo una certa pressione alla WNBA per migliorare le condizioni delle proprie atlete.
Per una giocatrice di basket professionista la WNBA è il livello più alto che si possa raggiungere in termini di intensità di gioco, livello tecnico, visibilità e prestigio. È uno dei contesti sportivi femminili più professionalizzati al mondo, insieme al tennis e al calcio (in certi paesi): le atlete hanno condizioni favorevoli in termini di diritti, guadagni, visibilità e strutture, rispetto a molti altri sport. Anche in WNBA però ci sono ancora molte cose che non funzionano, e quindi ampi margini di miglioramento che Unrivaled ha messo bene in mostra.
L’idea di Unrivaled è nata due anni fa da due fra le giocatrici più forti della WNBA. Breanna Stewart e Napheesa Collier si erano interrogate su come guadagnare più soldi attraverso il loro lavoro, considerato che gli stipendi medi delle giocatrici WNBA sono nettamente più bassi rispetto a quelli dei colleghi maschi della NBA. Per dare un’idea: nel 2024 il salario di Jewell Loyd e Arike Ogunbowale, due fra le giocatrici più pagate della stagione, è stato intorno ai 241mila dollari. Era assai più basso quello di Caitlin Clark, la giovane giocatrice fenomenale che nell’ultimo anno e mezzo ha attirato attenzioni senza precedenti verso il basket femminile statunitense e che come rookie, cioè alla sua prima stagione in WNBA, ha avuto uno stipendio di base (quindi senza contare sponsorizzazioni e altro) intorno ai 76mila dollari. Nel suo anno da rookie in NBA, Victor Wembanyama aveva guadagnato circa dodici milioni di dollari.

Le cestiste statunitensi Breanna Stewart (centro) e Napheesa Collier (destra) dopo aver vinto la medaglia d’oro con gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Parigi, 11 agosto 2024 (Tim Clayton/Corbis via Getty Images)
Guadagnare di più, nell’idea di Stewart e Collier, avrebbe permesso di risolvere anche un altro problema della WNBA: cioè di interrompere la pratica molto diffusa tra le giocatrici di trasferirsi in squadre europee o asiatiche al termine del campionato americano per guadagnare più soldi. Di fatto questo comporta che le giocatrici più forti giochino due campionati in un anno (esclusi tutti gli impegni con le rispettive nazionali) con periodi di riposo molto limitati se non quasi inesistenti. Lo si fa in sostanza per prendere due stipendi, ma con costi molto alti sul piano della salute fisica e mentale a cui, per esempio, i colleghi della NBA non sono costretti, grazie alle grosse somme di denaro che guadagnano in un solo campionato.
Collier e Stewart hanno pensato di creare da zero un campionato limitato nel tempo (10 settimane) e nello spazio (si gioca tutto nello stesso posto) a partire da una offerta economica: a ogni giocatrice partecipante sarebbe stato pagato uno stipendio di circa 220mila euro per una stagione di dieci settimane: molto più di quanto guadagna la maggioranza delle cestiste della WNBA. Quest’ultima peraltro è ben più lunga: la stagione regolare dura 18 settimane per tutte le squadre, e poi si prolunga per quelle che si qualificano per i playoff (un torneo a eliminazione diretta tra le prime otto della stagione in cui si decide la squadra vincitrice della lega).
Fin dal suo esordio Unrivaled ha dimostrato che si possono fare le cose in modo diverso: soprattutto, che è possibile per le professioniste del basket americano lavorare in condizioni economiche migliori. Fra le altre cose, per raccogliere fondi Stewart e Collier si sono rivolte a investitori privati come la tennista Coco Gauff e il cestista Giannis Antetokounmpo, hanno stretto un contratto da 100 milioni di dollari (circa 90 milioni di euro) di sei anni per i diritti televisivi con Warner Bros. Discovery e hanno attirato sponsor importanti come Sephora e Under Armour. È con questi soldi che sono riuscite a rendere un campionato al suo esordio appetibile per alcune delle più famose giocatrici della WNBA. Molte sono giocatrici che prima dello scorso inverno giocavano e vincevano in squadre fra le più remunerative al mondo, come il Fenerbahçe di Istanbul o l’USK di Praga.
Sul piano del gioco invece uno dei punti di forza di Unrivaled è stata la completa novità del tipo di spettacolo offerto al pubblico.
Il basket 3 contro 3 si lega a una tradizione della pallacanestro giocata nei campetti. È molto più veloce negli scambi e nelle conclusioni a canestro, e dà anche modo alle giocatrici di esprimere un gioco in un certo senso più egocentrico, incentrato sulla ricerca individuale del canestro in un confronto “uno contro uno”. È quindi un modo di stare in campo che consente alle giocatrici di fare sfoggio della propria tecnica e dei movimenti del basket improntati all’estetica molto più di quanto non lo consenta una partita di campionato 5 contro 5.
Per molte delle atlete che hanno preso parte a Unrivaled, il 3 contro 3 è stato preso anche come un modo per allenare in maniera specifica le abilità di gioco nell’“uno contro uno” che poi sarebbero tornate utili anche nel campionato ufficiale della WNBA. In pratica alcune lo hanno considerato un allenamento dei fondamentali della pallacanestro in vista della stagione ufficiale di WNBA, ma più divertente e molto meglio remunerato.
Molte giocatrici hanno apprezzato anche il livello altissimo degli strumenti messi loro a disposizione da Unrivaled: per esempio la palestra e le strutture adibite al recupero (saune, aree di massaggio e affini) sono state molto al di sopra di quelle messe a disposizione delle giocatrici dalle squadre di WNBA a cui appartengono durante la stagione regolare.
Inizialmente il progetto Unrivaled era stato accompagnato da un certo scetticismo. Un po’ perché la WNBA è considerata come la lega intoccabile della pallacanestro americana e qualsiasi alternativa è sempre stata vista con sospetto, un po’ perché una lega che ufficializza il basket femminile 3 contro 3 in maniera così strutturata non si era mai vista. Eppure si è concluso con un esito molto positivo sia per le giocatrici che per il pubblico, numeroso e disposto a pagare prezzi piuttosto alti (il biglietto più economico per la finale costava 300 dollari).
E adesso che comincia la nuova stagione di WNBA, si parla di come gli aspetti virtuosi di Unrivaled possano essere presi in eredità dalla lega americana.
La questione economica è quella che in questo momento sembra avere la priorità per le giocatrici. Guadagnare abbastanza denaro all’interno di un unico campionato professionistico sarebbe un cambiamento decisivo per rendere le giocatrici autonome nelle loro scelte ma allo stesso tempo tutelate economicamente e fisicamente. Solo in questo modo, infatti, andare a giocare in Europa o in Cina per guadagnare di più diventerebbe una scelta opzionale e non un obbligo (è così che lo vivono molte giocatrici).
A questo proposito l’associazione nazionale delle giocatrici di basket femminile (Women’s National Basketball Players Association) lo scorso ottobre ha rifiutato le più recenti proposte della WNBA riguardanti il nuovo contratto collettivo di lavoro. Le professioniste del basket americano si aspettano di essere pagate di più. Non è una richiesta strana, considerata la crescita di pubblico nei palazzetti, degli abbonati al League Pass (l’abbonamento necessario per vedere le partite da remoto) e anche degli investimenti di privati che stanno confluendo velocemente. Mai come in questo momento la WNBA è stata in salute da un punto di vista economico.
Le dieci migliori giocate della scorsa stagione di WNBA
Proprio a conferma di questo momento propizio è previsto anche un aumento delle squadre che prenderanno parte al campionato. Alle dodici già esistenti se ne aggiungeranno altre tre nei prossimi due anni. Già a partire da quest’anno infatti esordiranno le Golden State Valkyries, franchigia di cui fa parte anche l’italiana Cecilia Zandalasini, che dopo tre stagioni a Minnesota (la prima nel 2017, poi 2018 e 2024) e un titolo WNBA nel 2017 ha lasciato le Lynx per unirsi alla squadra appena nata.
Nel 2026 invece si aggiungeranno Toronto Tempo e una squadra di Portland il cui nome non è ancora stato ufficializzato.
È inevitabile che questa stagione di WNBA dovrà fare i conti con le conquiste che alcune delle giocatrici più importanti del circuito hanno fatto con Unrivaled. Sarà difficile per loro accettare condizioni economiche peggiori senza battere ciglio. A questo proposito Angel Reese, la star delle Chicago Sky e uno dei volti più riconoscibili della WNBA, ha detto in una puntata del suo podcast Unapologetically Angel che le giocatrici sono persino pronte a scioperare durante la stagione se non otterranno i soldi che si aspettano di ricevere.