Questo film è un successo oppure no?

Il dibattito tra addetti ai lavori seguito agli incassi dell'horror “I peccatori” racconta alcune cose del rapporto tra Hollywood, i film originali e i registi neri

(Warner Bros)
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Il film horror di Ryan Coogler I peccatori, in questo momento nei cinema, ha incassato 48 milioni di dollari negli Stati Uniti durante il primo weekend. Normalmente un incasso simile è una buona notizia per chi lo ha prodotto: vuol dire che con un ulteriore passaparola il film può arrivare facilmente a 100 milioni di dollari incassati, di solito la linea di demarcazione del grande successo al cinema. Peraltro, al contrario della maggior parte dei film che oggi incassano bene, I peccatori è poi un film originale, cioè non è tratto da nessun romanzo, videogioco o altro film: è stata quindi una scommessa più audace rispetto a un sequel, a un prequel o a un remake.

Tuttavia dopo il primo weekend di uscita in molti nelle testate di settore americane e tra le persone che lavorano a Hollywood hanno discusso se si trattasse davvero di un successo oppure no. L’industria del cinema americano infatti non ha più criteri così precisi che lo possano stabilire, in un’era in cui gli sfruttamenti e le possibilità di guadagno sono di più di quelli legati alla sola sala cinematografica. Né l’industria è preparata al fatto che registi afroamericani (o registe donne) possano avere un pubblico davvero ampio.

Nel secondo weekend I peccatori ha incassato solo il 6% in meno del primo, là dove è normale fare tra il 30% e il 50% in meno. Questo ha chiuso di fatto la discussione, confermando che i risultati sarebbero stati anche superiori alle prime aspettative. Ma il dibattito tra addetti ai lavori di Hollywood ha rivelato tre cose: la prima è che in questo periodo storico ci sia più di una maniera per un film di “essere un successo”; la seconda è che i registi afroamericani, anche se incassano molto, devono comunque dimostrare sempre più dei bianchi; la terza è che nonostante tutto a Hollywood i film “originali” sono guardati di fatto con diffidenza, nonostante tutti siano d’accordo che il cinema americano attuale abbia un problema di eccessiva dipendenza dai franchise.

I peccatori è la storia di due fratelli gemelli che dopo la Prima guerra mondiale tornano nel Mississippi da gangster. Lì decidono di aprire un juke joint, cioè un locale per afroamericani tipico degli stati con segregazione razziale, in cui si suona, si balla e si beve liberamente. Il grosso del film si svolge durante la prima notte di questo locale, tra momenti musicali, evocazioni del demonio tramite la musica e tutta una parte horror che ha una forte connotazione politica. Come già i film di Jordan Peele (il più famoso dei quali è Get Out), I peccatori è un afrohorror, cioè un film che, facendo più o meno riferimento alla corrente afrosurrealista (in questo caso solo tangenzialmente) racconta storie fantastiche per immaginare un rapporto diverso tra la società e gli afroamericani.

I peccatori è però soprattutto un film commerciale, quindi semplice, di intrattenimento, spettacolare e pieno d’azione, in cui non è difficile capire che i demoni sono i bianchi, che attaccano i protagonisti perché vogliono prendere la potenza della loro cultura e sottometterli. Il protagonista è Michael B. Jordan, che è presente in tutti i film di Coogler, ed è una delle più grandi star afroamericane di questi anni.

Dopo gli incassi del primo fine settimana, la copertura giornalistica intorno a I peccatori però è stata più scettica e meno entusiasta di quanto accade di solito in casi paragonabili. Molti giornali di settore, ma anche la stampa più generalista, hanno parlato sì di un successo, perché i 48 milioni incassati erano in linea con le aspettative più rosee, ma sempre con delle riserve.

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Addirittura il New York Times ha titolato definendolo un successo «con un grande asterisco», riferendosi a una serie di motivi che l’avrebbero reso una scelta sbagliata da parte della società che lo ha voluto, la Warner Bros. Tra gli altri il regista e attore Ben Stiller ha criticato una di queste analisi, pubblicata da Variety, chiedendo polemicamente in che modo potesse essere giustificato un simile scetticismo.

I dubbi sul fatto che 48 milioni di dollari di incasso per il primo weekend statunitense potessero non rappresentare un successo sono stati motivati dal fatto che I peccatori è una creazione originale costata molto, circa 90 milioni, e realizzata peraltro con un accordo che riporterà al suo autore Ryan Coogler la totale proprietà del film dopo 25 anni dalla sua uscita. A queste perplessità si sono aggiunte le previsioni sulle scarse potenzialità di incasso fuori dagli Stati Uniti, che avrebbero potuto rendere difficile per il film arrivare ai 230 milioni necessari per ripagarsi. Questo obiettivo viene calcolato raddoppiando il budget (perché da ogni biglietto venduto la produzione incassa metà, l’altra va al cinema) e aggiungendo una stima al ribasso dei costi di marketing, cioè metà del budget.

Per fare un paragone, C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino, anch’esso un film originale e con lo stesso budget, incassò quasi la stessa cifra di I peccatori al primo weekend, senza nessuna polemica. L’accordo di Warner con il regista è stato definito da alcuni produttori che hanno parlato con Vulture «potenzialmente la fine dello studio system». Sempre Tarantino firmò in realtà un accordo identico per C’era una volta a… Hollywood, senza che la cosa attirasse particolari attenzioni. Questo tipo di accordi del resto non è la regola: Coogler è un regista tra i più desiderati e quindi potenti del momento, dopo aver avuto successi giganteschi con film appartenenti a proprietà intellettuali come Creed (175 milioni incassati su un budget di 35 milioni e l’avvio di un nuovo franchise intorno a Rocky) e Black Panther (film Marvel da più di 1 miliardo di dollari in tutto il mondo). Dopo una gestione che aveva creato conflitti con i loro registi più importanti, Warner ora ha bisogno di tornare a essere attraente.

Più in generale valutare il successo di un film in base a quanto incassa rispetto a quanto è costato è un approccio datato. Non solo bisogna considerare che dopo l’incasso in sala ci sono le vendite on demand e alle piattaforme, e che alcuni film possono incassare altrettanto. Ma nel caso di film originali c’è anche da tenere in conto la possibilità di creare una saga.

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Un incasso moderatamente buono del settimo film di un franchise può terminare la serie, invece uno paragonabile ma di un film originale è un’ottima notizia, perché denota interesse e può stimolare la produzione di altri film collegati, creando un franchise e quindi moltiplicando quel guadagno. Fondare una proprietà intellettuale vuol dire poter vendere merchandising, vendere diritti per fare serie tv e, nei casi migliori, vedere profitti da più ambiti. Hollywood nell’ultimo decennio ha molto spremuto le proprietà intellettuali già esistenti (non solo i fumetti ma anche giocattoli, vecchi film e ora i videogiochi), ha quindi bisogno di un ricambio, cioè di film originali che diano vita a nuovi franchise come fu per esempio undici anni fa John Wick.

In molti sostengono che in realtà ci sia un’altra ragione per questo trattamento critico che il film ha ricevuto dalla stampa e nell’ambiente, e cioè il fatto che si tratti di una scommessa audace su un regista afroamericano che ha fatto un film che parla di afroamericani e di cosa voglia dire essere un artista afroamericano in un’industria per lo più bianca. Non c’è stato lo stesso trattamento per le decisioni poco accorte nella gestione del nuovo film di Biancaneve, andato malissimo, o per il nuovo Captain America, anch’esso di scarso successo.

Anche la stessa argomentazione che i film afroamericani incassino poco fuori dagli Stati Uniti è traballante, perché è stata vera solo in certi casi e non in altri, ed è spesso frutto di una scarsa fiducia della casa di distribuzione, che investe altrove i soldi per la promozione come per altri film. In Italia per esempio è vero che I peccatori non è andato bene come negli Stati Uniti, e al secondo weekend si è fermato sotto il milione di euro: ma ci sono stati altri film Warner usciti nello stesso periodo che hanno catalizzato gli incassi anche grazie a una promozione molto più intensa, come Minecraft.

Maggie Gyllenhaal, attrice diventata da poco regista, sta subendo un trattamento simile per il suo secondo film, The Bride! con Christian Bale e Jessie Buckley, una storia meno originale sul mito di Frankenstein, ma comunque costata 100 milioni di dollari. Non è ancora uscito ma la mossa in sé è stata considerata un azzardo esagerato perché Gyllenhaal, essendo al secondo film, non è ancora una garanzia di risultati economici. Argomentazioni raramente usate quando accade con uomini nelle medesime condizioni.

La tenuta eccezionale di I peccatori nel secondo weekend statunitense e la sua previsione di incasso alta ha infine chiuso ogni discussione. Spendere molto per questo film è stato un rischio che la Warner ha evidentemente corso con cognizione di causa. Anche il CinemaScore, cioè un punteggio di gradimento frutto di sondaggi fatti presso il pubblico dei cinema, ha dato al film la valutazione massima: A+. Segno che non solo sta incassando, ma sta anche piacendo, elemento cruciale se si vuole farne un marchio da sfruttare in serie.