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  • Sabato 19 aprile 2025

Due squadre che non ci si aspettava ai playoff di NBA

I Detroit Pistons e gli Houston Rockets ci sono arrivate soprattutto grazie alle loro difese molto organizzate

Houston Rockets contro Detroit Pistons
(Nic Antaya/Getty Images)
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Dalla prossima domenica le storiche squadre dei Detroit Pistons e degli Houston Rockets torneranno a giocare i playoff di NBA, cioè le fasi finali del principale campionato di basket del mondo. Per entrambe è un risultato sorprendente: fino all’anno scorso i Pistons erano una delle squadre peggiori della lega e non andavano ai playoff da cinque anni, mentre quest’anno sono arrivati sesti nella Eastern Conference, uno dei due gironi in cui è divisa l’NBA. Sono andati ancora meglio i Rockets, che mancavano ai playoff da quattro stagioni e avevano da poco iniziato un processo di ricostruzione dell’intera squadra, eppure quest’anno andranno ai playoff da secondi classificati nella Western Conference (l’altro girone).

Verso i Pistons c’erano aspettative bassissime, dato che l’anno scorso avevano giocato la peggior stagione della loro storia: avevano vinto soltanto 14 partite su 82 durante la regular season, cioè la fase del campionato che precede i playoff, e avevano eguagliato il record per il maggior numero di sconfitte consecutive (28) nella storia della NBA.

Alla base di questi risultati c’era un evidente disordine societario: i media specializzati che hanno approfondito la questione hanno indicato tra i motivi la mancanza di coordinamento tra dirigenza e staff tecnico, e il fatto che questa avesse influenzato le scelte dell’allenatore Monty Williams, spesso confuse e incoerenti. La squadra, poi, era stata costruita male, con troppi giocatori dai ruoli simili e pochi che sapevano tirare bene da tre punti (cioè da fuori area), cosa che in NBA sta diventando sempre più importante.

Questa carenza aveva penalizzato soprattutto Cade Cunningham, che a soli 23 anni è il giocatore di maggiore talento dei Pistons. Di ruolo playmaker, cioè colui che gestisce il gioco e organizza l’attacco della squadra, l’anno scorso il suo impatto era stato spesso limitato, perché non aveva compagni in grado di fare canestro con continuità e di far fruttare quindi il suo gioco.

Per porre fine a questa situazione, l’estate scorsa i Pistons avevano assunto l’ex cestista Trajan Langdon come “direttore delle operazioni di basket”, un ruolo che nei Pistons era rimasto vacante dal 2018 e che serve proprio ad assemblare una squadra coordinando le scelte di società e allenatore. Avevano anche sostituito Williams con J.B. Bickerstaff, che l’anno prima aveva allenato, con buoni risultati, i Cleveland Cavaliers. Queste scelte oculate della dirigenza hanno permesso ai Pistons di migliorare molto. Con i nuovi acquisti voluti da Langdon, in particolare Tobias Harris, Tim Hardaway Jr. e Malik Beasley, che sono anche buoni tiratori da tre, hanno risolto uno dei problemi principali della stagione passata. Lo stesso Cunningham sta giocando la sua miglior stagione finora.

Secondo il sito specializzato The Ringer, i Pistons sono però migliorati soprattutto in difesa grazie al nuovo allenatore, che tra le altre cose ha riposizionato Isaiah Stewart da ala piccola a centro, che è un ruolo cruciale nella difesa e adatto alle sue caratteristiche fisiche (è alto più di due metri e pesa più di 110 kg). Questa scelta sta dando ottimi risultati: fino a marzo i giocatori marcati da Stewart avevano segnato solo la metà dei loro tiri. Questa difesa ha permesso ai Pistons di diventare anche la seconda squadra che segna di più in contropiede, che riesce quindi a ribaltare velocemente e con efficacia le azioni difensive in offensive.

In questo contesto ha avuto un ruolo molto rilevante anche Ausar Thompson, che ha 22 anni ed è solo alla sua seconda stagione in NBA. Thompson è molto forte in difesa e utile anche in attacco: pur non essendo particolarmente abile nel tiro da tre, è un giocatore dalle grandi doti atletiche, e quindi estremamente efficace nelle situazioni di contropiede o quando attacca nell’area avversaria. È ai Pistons da due anni anche Simone Fontecchio, l’unico cestista italiano in NBA, che però sta giocando molto meno rispetto alla stagione scorsa e in media ha segnato 5,9 punti a partita rimanendo in campo per 16,5 minuti (su 48).

Non è ancora chiaro comunque quanto i Pistons potranno essere competitivi anche ai playoff, dove per passare il turno bisogna giocare una lunga serie di partite al meglio delle 7 (quindi vince la prima squadra che arriva a 4). Una delle loro ultime partite in stagione regolare però i Pistons l’hanno vinta in modo convincente contro i New York Knicks, cioè proprio la squadra che affronteranno ai playoff, e sono così aumentate le aspettative di appassionati ed esperti. Una vittoria nella serie di playoff contro i Knicks sarebbe un altro risultato sorprendente.

Nemmeno dagli Houston Rockets ci si aspettava un’annata così buona. A inizio stagione erano considerati una squadra discreta, in grado al massimo di raggiungere una posizione di metà classifica: l’anno scorso erano arrivati undicesimi su quindici e la ricostruzione della squadra, formata soprattutto da giocatori molto giovani e inesperti, sembrava solo avviata.

Eppure quest’anno con l’allenatore Ime Udoka e i loro giovanissimi cestisti, affiancati a qualche giocatore di maggiore esperienza, i Rockets sono diventati una delle squadre più competitive della lega. A inizio aprile hanno battuto anche la squadra migliore della stagione regolare, gli Oklahoma City Thunder. Il primo turno dei playoff sarà però molto complicato: giocheranno contro i Golden State Warriors, che sono una squadra molto esperta e che hanno vinto tre partite sulle cinque giocate contro i Rockets in questa stagione.

Come i Pistons, anche i Rockets sono una squadra forte soprattutto in difesa, organizzata con efficienza da Udoka. I Rockets difendono “a uomo”, in una maniera inusuale per l’NBA: ogni giocatore segue sempre un solo giocatore avversario e non ci sono mai i “raddoppi”, cioè i momenti in cui due giocatori difendono su uno solo. È un sistema faticoso da mantenere per tutta la partita, ma ha ridotto sensibilmente sia i tiri da tre punti sia gli assist degli avversari, costretti spesso ad affidarsi ad azioni personali e ai cosiddetti “tiri forzati” per segnare.

Per questa difesa il giocatore più importante è il 22enne Amen Thompson, fratello gemello di Ausar (che gioca a Detroit). Amen Thompson è considerato uno dei giocatori che difendono meglio in NBA, ma ha anche un impatto notevole in attacco, dato che è molto versatile e incredibilmente veloce (arriva a correre quasi alla stessa velocità di Usain Bolt nel 2009).

Il più importante giocatore per l’attacco dei Rockets è invece il ventiduenne turco Alperen Sengun, che aveva perso gran parte della scorsa stagione per un infortunio. Quest’anno invece è diventato il leader della squadra, fondamentale nel motivare i compagni e organizzare l’attacco dei Rockets, grazie alle sua buona visione di gioco e alla sua grande capacità nei passaggi.

Nonostante l’inaspettata e rapida crescita, a Pistons e Rockets mancano molte cose prima di essere competitive per la vittoria del campionato come un tempo (Detroit ha vinto 3 titoli tra il 1989 e il 2004, Houston due nel 1994 e 1995). Quest’anno l’NBA è stata particolarmente incerta e competitiva, ma ci sono comunque squadre evidentemente migliori e considerate favorite ai playoff: gli Oklahoma City Thunder, i Cleveland Cavaliers e i Boston Celtics, vincitori dello scorso anno.