Gli incappucciati delle processioni di Pasqua non c’entrano con il Ku Klux Klan
L'abbigliamento tradizionale dei penitenti della Settimana Santa in Italia e Spagna genera frequenti equivoci

Qualche anno fa un negozio che vende dolci e souvenir in ceramica a Cadice, in Andalusia, mise in vetrina un cartello con scritto “No Ku Klux Klan, Spanish tradition”. Era riferito a una serie di statuine dei penitenti delle tipiche processioni della Settimana Santa, che per via dei loro cappucci appuntiti a volte vengono confusi con quelli della famosa setta di suprematisti bianchi degli Stati Uniti. La foto della vetrina diventò in fretta virale sui social network.
Le processioni di “incappucciati” ci sono anche in Italia: a Gubbio, a Civitavecchia o in provincia di Enna. A Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo, il corteo di persone vestite con tuniche bianche e cappucci bianchi appuntiti che lasciano intravedere solo gli occhi risale al Medioevo. Solo nella penisola sorrentina, in provincia di Napoli, le processioni simili in questo periodo sono una ventina, e gli “incappucciati” vestiti con tonache nere e il volto coperto attirano fedeli e curiosi anche a Lanciano, in Abruzzo.
Nonostante la somiglianza di questo vestiario un po’ inquietante e le cicliche perplessità dei turisti stranieri, la gran parte degli storici concorda sul fatto che l’abbigliamento del Ku Klux Klan abbia tutt’altra origine. Oltre che, naturalmente, tutt’altro significato.

Un penitente tiene in braccio il proprio figlio di sei mesi durante una processione a Siviglia, 13 aprile 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)
Chi non ha idea della tradizione spesso resta esterrefatto alla vista di decine di persone vestite tutte di bianco e con la testa incappucciata, come i membri del Ku Klux Klan. In periodo pasquale sui social compaiono puntualmente post che notano la loro somiglianza, che confondono gli incappucciati per suprematisti bianchi o sostengono che il movimento abbia preso ispirazione da lì. Negli anni Ottanta i giocatori di basket statunitensi Joe Arlauckas e Ricky Brown, uno bianco e l’altro afroamericano, raccontarono di essersela fatta quasi sotto nel vedere una processione a Malaga.
«È una lotta continua», ha detto a BBC Mundo lo storico di Siviglia Manuel Jesús Roldán: visto che in Spagna e in altri paesi dell’America Latina le processioni della Settimana Santa sono più diffuse, e i cappucci molto più ingombranti di quelli che si trovano in Italia (retti da lunghi coni di carta o plastica), ogni anno lui o persone come i titolari del negozio di Cadice si trovano a dover spiegare la stessa storia.

Membri dell’Arciconfraternita di San Biagio durante la processione a Sessa Aurunca, Caserta, 2 aprile 2007 (REUTERS/Tony Gentile)
Il Ku Klux Klan, o KKK, è la setta di suprematisti più famosa della storia degli Stati Uniti, che per propagandare la propria ideologia razzista ha commesso innumerevoli linciaggi e violenze contro persone non bianche. Secondo una data accettata da diversi storici fu fondata nel 1865, dopo la fine della guerra civile americana, che fu vinta dall’Unione contraria alla secessione degli stati del Sud, favorevoli alla schiavitù. “Incappucciati” invece è il nome con cui sono noti i penitenti che partecipano alle processioni della Settimana Santa, la serie di commemorazioni della tradizione cattolica che vanno dalla Domenica delle Palme al Sabato Santo, quello prima di Pasqua.
Sono associazioni quasi esclusivamente maschili, che per le loro attività fanno riferimento a una parrocchia o a una chiesa, da cui prendono il nome. Durante le processioni, in particolare sotto Pasqua, indossano tuniche e cappucci di colori diversi a seconda delle compagnie o confraternite a cui appartengono, ed è per questo che se ne vedono vestiti di bianco, ma anche di rosso, viola, verde o nero. Se le “divise” del Ku Klux Klan sono diventate un simbolo di razzismo e intolleranza, le loro invece sono molto più antiche e hanno a che fare con una delle istituzioni più inquietanti della storia del cattolicesimo, l’Inquisizione.

La Processione del Silenzio della compagnia del Cristo de las Injurias a Zamora, Spagna, primo aprile 2015 (AP Photo/Andres Kudacki)
Con Inquisizione (o Inquisizione spagnola) si intende il periodo che va in particolare dalla fine del Quattrocento all’inizio del Seicento, in cui i sovrani spagnoli repressero duramente le minoranze non cattoliche o quelle che ritenevano essere eresie. Fu stabilito che chi veniva condannato per crimini religiosi dovesse indossare un lungo cappuccio a forma di cono (il cosiddetto capirote) e una casacca (sambenito) affinché tutti sapessero che era un peccatore.
I tribunali dell’Inquisizione poi mettevano in piedi delle specie di processi che in teoria servivano a reintegrare i cosiddetti eretici nella Chiesa: in sostanza, però, in questo modo si esponevano al pubblico, umiliavano ed escludevano dalla società sia i condannati che tutti i loro discendenti, ha spiegato lo storico José Martínez Millán a BBC Mundo. Si stima che l’Inquisizione spagnola abbia processato per blasfemia, eresia e altri reati religiosi circa 200mila persone e ne abbia fatte uccidere circa 12mila.
Secondo le ricostruzioni della gran parte degli storici, nel tempo tonache e cappucci cominciarono a essere indossati deliberatamente dai membri delle confraternite come simbolo di penitenza. Sono una forma di penitenza ed espiazione anche nella tradizione italiana, dove le processioni della Settimana Santa risalgono al Trecento e le più partecipate si tengono il Giovedì e il Venerdì Santi.
Anche se non ce n’è certezza, si ritiene che la prima compagnia a fare uso del capirote in Spagna sia stata quella della Hiniesta, verso la fine del Cinquecento a Siviglia, sempre in Andalusia. Si sa comunque che alla fine del Seicento il copricapo veniva usato dalla maggioranza delle compagnie spagnole, che poi adottarono colori diversi: il rosso per il suo valore sacrale, il viola a indicare il pentimento o il nero, che è anche il colore dei funerali, che diventò di moda a fine Settecento.
Non è invece chiaro come mai il Ku Klux Klan abbia scelto questo tipo di abbigliamento, che venne introdotto solo dal 1915 in poi. Il noto sito di fact checking Snopes ha ricordato che all’inizio i membri del KKK non avevano una divisa, ma usavano barbe finte, corna di animali o cappelli di carta ispirati vagamente al folklore e al carnevale. Secondo la ricostruzione più condivisa, le tuniche bianche con cappucci che lasciano liberi solo gli occhi furono tratte dal film del 1915 del regista David Wark Griffith Nascita di una nazione, uno dei primi successi commerciali dell’industria cinematografica, e al tempo stesso razzista e fazioso.
Per scriverlo Griffith si era ispirato a sua volta al libro del 1905 The Clansman, che diventò il testo di riferimento per i suprematisti bianchi. Come ha ricordato la storica Alison Kinney, nel 1921 il Ku Klux Klan cominciò a far produrre in massa indumenti e accessori del tutto simili a quelli del film di Griffith. Il cappuccio serviva anche a renderli irriconoscibili mentre commettevano i loro crimini.

Penitenti della compagnia Columna y Esperanza si fanno un selfie prima dell’inizio di una processione a Ronda, Spagna, 13 aprile 2022 (REUTERS/Jon Nazca)
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