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  • Mercoledì 16 aprile 2025

La più grande compagnia di navigazione al mondo vuole diventare ancora più grande

Msc sta trattando l'acquisto di altri 43 terminal portuali, che le serviranno per reagire ancora meglio alle ricorrenti crisi dei commerci mondiali

di Isaia Invernizzi

Una portacontainer di Msc nel porto di Londra
Una portacontainer di Msc nel porto di Londra (Dan Kitwood/Getty Images)
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Lo scorso marzo la società CK Hutchison con sede a Hong Kong ha annunciato che entro il 2 aprile avrebbe venduto 43 terminal di importanti porti in molti paesi del mondo. I terminal sono le aree dove vengono gestite le operazioni di carico e scarico dei container e sono molto ambiti: chi li possiede controlla una parte essenziale della supply chain, cioè il complesso e interconnesso sistema di trasporti e rifornimenti su cui si basano il commercio e l’economia mondiali. Di quella trattativa – una delle più importanti degli ultimi anni – si è saputo poco, fino a quando lunedì 14 aprile l’agenzia di stampa Bloomberg ha detto che la principale azienda coinvolta sarà Msc, già oggi la più grande compagnia di navigazione al mondo.

Negli ultimi anni Msc ha comprato centinaia di navi portacontainer, navi da crociera, poli logistici, treni cargo e aerei. E ha preso il controllo di molti terminal portuali italiani e stranieri. Ha seguito una strategia precisa: prima si è allargata il più possibile per dominare il settore delle spedizioni marittime grazie alla sua enorme flotta di navi portacontainer, e poi ha iniziato a inglobare tutti gli altri pezzi della catena della logistica. Ora ha raggiunto una dimensione che le permette di comprare quasi qualsiasi cosa sul mercato senza preoccuparsi troppo della concorrenza perché ha moltissimi soldi da investire. La trattativa con CK Hutchison è la chiara dimostrazione di questo potere.

– Leggi anche: Come ha fatto Msc a dominare i commerci mondiali

Per portare a termine questa operazione Msc ha costituito una cordata insieme al fondo statunitense BlackRock (a marzo indicato come protagonista dell’acquisizione) e al fondo sovrano di Singapore Gic. Msc controlla il 70 per cento della cordata attraverso la sua società Terminal Investment Ltd (Til), BlackRock il 20 e Gic il 10.

Gli obiettivi sono due: da una parte comprare 43 terminal gestiti da CK Hutchison in 23 paesi del mondo e dall’altra comprare gli scali di Balboa e Cristobal all’imbocco dei due accessi del canale di Panama, uno dei più importanti del mondo. Il canale di Panama è lungo 82 chilometri e collega l’oceano Atlantico con il Pacifico, un passaggio che permette alle navi di evitare la circumnavigazione di tutta l’America Latina. In totale saranno investiti 22,8 miliardi di dollari.

Secondo Bloomberg, Msc controllerà i 43 terminal portuali in 23 paesi, per i due porti sul canale di Panama invece i rapporti di forza sarebbero invertiti: BlackRock avrebbe il 51 per cento, Msc il 49. In questo modo entrambe le parti raggiungerebbero i loro obiettivi. Grazie a questa acquisizione infatti Msc diventerebbe la prima società terminalista al mondo, mentre BlackRock e quindi gli Stati Uniti controllerebbero uno dei punti cruciali dei traffici mondiali. Nei mesi scorsi questa operazione sul canale di Panama era stata sostenuta anche dal presidente statunitense Donald Trump che lamentava la troppa influenza della Cina sul canale.

La Cina, e quindi il governo cinese, sarebbe anche il motivo per cui la trattativa non si era conclusa entro il 2 aprile come previsto. Secondo il Wall Street Journal, il presidente cinese Xi Jinping si sarebbe irritato perché CK Hutchison non avrebbe chiesto un’approvazione preventiva dello Stato in una trattativa che coinvolge indirettamente anche il governo statunitense. La tesi è stata sostenuta da altre ricostruzioni giornalistiche. Sia l’agenzia britannica Reuters che il South China Morning Post, giornale controllato dalla società di e-commerce Alibaba, hanno confermato la versione secondo cui il governo cinese non avrebbe approvato la vendita nonostante l’esclusione iniziale dalla trattativa dei porti cinesi e di Hong Kong.

C’è poi un’altra questione che invece riguarda Panama. Anel Bolo Flores, il revisore generale dei conti di Panama, ha detto che il rinnovo della concessione per i terminal dei porti di Balboa e Cristobal non sarebbe valido in quanto non approvato dalla Contraloría General de la República de Panamá, cioè la Corte dei conti dello Stato. Secondo Flores, CK Hutchison avrebbe ottenuto la concessione a un prezzo troppo basso, con un danno per il bilancio statale.

CK Hutchison ha risposto alle accuse sostenendo di aver investito oltre 1,7 miliardi di dollari nei 25 anni di concessione pur essendosi impegnata a investirne solo un miliardo. La società ha detto inoltre di aver versato quasi 130 milioni di dividendi allo Stato di Panama attraverso la società Panama Ports Company che controlla i porti, partecipata al 10 per cento dallo Stato. In merito alla trattativa per la vendita dei terminal, Flores ha avvisato Msc e BlackRock: «Devono sapere che ciò che stanno comprando potrebbe non corrispondere a quanto detto».

Nonostante tutto, il presidente di Msc Diego Aponte si è detto tranquillo sulla buona riuscita dell’operazione. Diego Aponte è figlio di Gianluigi, il fondatore di Msc che ancora oggi, a 84 anni, ha il pieno controllo della società. «Ma no, sono tranquillo. Ci sono delle discussioni in corso, ma credo che nel giro di poco tempo si chiarirà tutto con i diversi soggetti coinvolti. Compresi i cinesi. Con reciproca soddisfazione. L’acquisizione andrà in porto», ha detto Diego Aponte al giornale specializzato ShipMag.

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Gianluigi Aponte con il presidente francese Emmanuel Macron nel 2017 (AP Photo/Laetitia Notarianni)

L’intervista è stata accolta con sorpresa dagli esperti del settore perché da anni la famiglia Aponte è nota per la sua riservatezza. Al di là di poche note stampa, Msc non commenta quasi mai gli accordi e men che meno le trattative, anzi spesso le operazioni non vengono nemmeno annunciate anche perché la società non ha obblighi: non essendo quotata in borsa, Msc non deve pubblicare i bilanci, non ha comitati o assemblee di soci a cui rendere conto, e la sede in Svizzera assicura la segretezza di tutte le informazioni aziendali, oltre a vantaggi fiscali. Ricostruire il suo patrimonio tra navi e porti gestiti dalle sue tante società controllate o partecipate è praticamente impossibile.

Diego Aponte ha detto a ShipMag che Msc vuole continuare a crescere puntando a tutto ciò che può completare il suo punto di forza, cioè le navi portacontainer. I dati di Alphaliner, uno dei più autorevoli centri di ricerca nel settore del trasporto marittimo, dicono che attualmente Msc controlla il 20 per cento di tutte le navi portacontainer che si spostano nel mondo. La capacità di trasporto totale è di 6,4 milioni di TEU, acronimo di twenty-foot equivalent unit, l’unità corrispondente alla capacità di un container di 6,1 x 2,4 x 2,6 metri e considerata lo standard nel trasporto marittimo.

L’operazione con CK Hutchison permetterà a Msc di allargare la sua influenza su molti altri porti in tutti i continenti: un elenco non esaustivo comprende Buenos Aires in Argentina, Brisbane e Sydney in Australia, Alessandria in Egitto, Duisburg in Germania, Giacarta in Indonesia, Gwangyang in Corea del Sud, quattro diversi porti in Messico, Karachi in Pakistan, Dammam in Arabia Saudita, Barcellona in Spagna, Stoccolma in Svezia, Amsterdam, Venlo e Rotterdam nei Paesi Bassi, Harwich e Felixstowe nel Regno Unito.

Controllare direttamente i terminal permetterà a Msc di aumentare i profitti vendendo il servizio di carico e scarico delle navi ad altre compagnie di navigazione, di rendere più efficienti e veloci le spedizioni di container con le sue navi e soprattutto di ottimizzare i costi. Quest’ultimo vantaggio, all’apparenza secondario rispetto ai profitti, è in realtà essenziale in un settore che negli ultimi anni ha avuto molte crisi improvvise. Ce n’è stata almeno una all’anno: la pandemia, il blocco del canale di Suez con l’incaglio della Ever Given, la guerra in Ucraina, gli attacchi degli Houthi, ora i dazi imposti da Donald Trump.

– Leggi anche: Un glossario semplice per capire questo caos dei dazi e delle borse

Ogni volta Msc è riuscita a reagire con prontezza grazie al controllo quasi totale della catena della logistica. Il caso più adatto a spiegare la vantaggiosa posizione di Msc è il blocco dei passaggi dal canale di Suez – uno dei più importanti al mondo – dovuto agli attacchi degli Houthi. La conseguenza immediata degli attacchi è stato l’allungamento delle rotte fino al capo di Buona Speranza, cioè la circumnavigazione dell’Africa. Nel 2024 su quella rotta sono passate in media 136 navi ogni settimana contro le 40 che passavano prima dell’inizio degli attacchi.

Questa situazione sarebbe stato uno svantaggio per chiunque, e in effetti lo è stato per molte compagnie di navigazione, ma non per Msc che più di altre è riuscita a riorganizzare l’offerta, le rotte e in particolare le spese. L’allungamento dei viaggi ha causato una riduzione dell’offerta perché per circumnavigare l’Africa serve più tempo, tra 7 e 10 giorni in più, e non è possibile garantire lo stesso numero di viaggi di andata e ritorno rispetto al passaggio da Suez. La riduzione dell’offerta ha naturalmente fatto aumentare i prezzi delle spedizioni sulle rotte che collegano i porti orientali a Occidente.

Le compagnie di navigazione hanno giustificato l’aumento dei prezzi con i maggiori costi sostenuti per il passaggio dal capo di Buona Speranza. La sfida maggiore per le compagnie è stata quindi limitare le spese controllando la velocità delle navi e il consumo di carburante, la capacità di carico, la rotazione degli equipaggi. Msc è la migliore a farlo grazie agli investimenti fatti negli ultimi anni sui terminal e sulla flotta. Per questo motivo a quasi due anni dall’inizio degli attacchi degli Houthi molti esperti del settore sostengono che la crisi del Mar Rosso sia stata un ottimo affare per Msc.

La spesa più temuta riguarda il carburante. Si stima che la circumnavigazione dell’Africa costi dai 200 ai 300mila euro in più per ogni viaggio. Negli ultimi dieci anni però Msc ha investito molto negli scrubber, un sistema di filtri che permette di abbattere le emissioni di anidride solforosa prodotta dai motori diesel delle navi: grazie a questa tecnologia, Msc può utilizzare un carburante a più alto contenuto di zolfo, l’IFO 380, tra i più economici sul mercato. Oltre che sul carburante, sono stati risparmiati i soldi delle costose assicurazioni necessarie per passare dal Mar Rosso e la tariffa per il passaggio nel canale di Suez. Inoltre una migliore rotazione e organizzazione degli equipaggi ha permesso a Msc di contenere anche i costi del personale.

I nuovi investimenti sui terminal servono a migliorare queste economie di scala, perché avere la priorità sulle operazioni di carico e scarico e in definitiva ridurre i tempi delle spedizioni permetterà a Msc di ottenere profitti maggiori, approfittando delle crisi o comunque reagendo prima della concorrenza. Anche per una compagnia che controlla il mercato come Msc, tuttavia, è ancora presto per capire quali saranno le conseguenze delle decisioni di Trump sulle spedizioni internazionali e più in generale sulla globalizzazione.

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