Ci sono ancora milioni di specie di animali e piante che non conosciamo
Nelle foreste e nelle profondità degli oceani si organizzano spedizioni scientifiche per trovarle e studiarle

Conosciamo quasi 2 milioni di specie di animali e piante, ma la comunità scientifica stima che ce ne siano molte di più, almeno 8 milioni. E infatti ogni anno capita che ne vengano classificate di nuove, anche grazie alle spedizioni per studiare la biodiversità e scoprire organismi ancora ignoti.
Per esempio in poco più di un mese, nell’estate del 2022, un gruppo di ricerca ha trovato 27 nuove specie in una zona di foreste del Perù. È stato un risultato molto significativo, peraltro considerando che quattro sono mammiferi, la classe di animali che conosciamo di più. In mare le scoperte sono ancora più numerose, perché ci vivono molti più organismi e ci sono vaste porzioni di fondali mai esplorate: all’inizio dell’anno scorso due spedizioni al largo del Cile hanno scoperto circa 150 nuove specie in due mesi.
La spedizione in Perù era stata organizzata da Conservation International, una ong statunitense che si propone di preservare dall’estinzione altre specie viventi. Dal 1991 porta avanti brevi missioni scientifiche in aree del pianeta che hanno una biodiversità ricca ma non abbastanza studiata. In più di trent’anni di spedizioni in foreste, fiumi e barriere coralline ha scoperto più di 1.400 specie precedentemente sconosciute.

Una salamandra dell’Alto Mayo che cattura le proprie prede usando una lingua lunga e appiccicosa: appartiene a una specie che era sconosciuta fino al 2022 (Conservation International/Trond Larsen)
In genere queste missioni durano da due a quattro settimane e sono pensate per trovare più specie diverse nel minor tempo possibile. Quella in Perù, i cui risultati sono stati diffusi solo alla fine dell’anno scorso, era un po’ anomala: non è avvenuta in una foresta remota e più o meno incontaminata dalle attività umane, ma nell’Alto Mayo, una regione piena di insediamenti e campi coltivati, molto soggetta alla deforestazione. Si trova nel nord del paese, tra la Foresta Amazzonica e le Ande. Conservation International voleva valutare in che misura le attività umane avessero danneggiato la fauna e la flora locali, misurando la presenza delle specie a rischio di estinzione.
In 38 giorni i venti membri della spedizione, che comprendeva anche delle guide indigene, si sono mossi tra paludi, lagune, fiumi, foreste e campi coltivati, raccogliendo campioni biologici come feci e peli, disponendo delle fototrappole (quelle fotocamere che si attivano quando rilevano un movimento) e delle reti per catturare insetti e animali acquatici, e cercando di individuare anche con gli occhi e le orecchie quanti più animali possibili.

Una rete lanciata in uno specchio d’acqua dell’Alto Mayo per individuare specie di pesci: ne sono state rilevate 68, tra cui otto ancora ignote alla scienza (Conservation International/Trond Larsen)
Ci sono metodi diversi per rilevare e conteggiare le specie in base alle loro caratteristiche. Per scoprire quali piante ci siano in un territorio, gli scienziati di Conservation International scelgono dei campioni di terreno di 10mila metri quadrati in cui si impegnano a identificare ogni pianta, conteggiare ogni specie e raccogliere un campione biologico per ciascuna. Solo per fare queste operazioni servono circa cinque giorni di lavoro di almeno tre persone (un botanico esperto e due aiutanti), a cui eventualmente si possono aggiungere una persona in grado di salire sugli alberi in sicurezza e un’altra addetta alla registrazione dei dati.
Invece per individuare i mammiferi di taglia media o grande si delimitano per ogni habitat presente in un territorio tre corridoi lunghi 4 chilometri e larghi un metro: al loro interno due osservatori, preferibilmente un ricercatore e una persona del luogo che conosce la fauna, devono camminare lentamente e tenendosi a una distanza di 15 metri l’uno dall’altro, e prendere appunti precisi su tutti gli avvistamenti di animali. In una giornata di lavoro devono farlo avanti e indietro per tutti e tre i corridoi, di prima mattina e di pomeriggio, quando è più facile avvistare degli animali.

Un roditore la cui specie era sconosciuta fino al 2022. Vive nelle cosiddette aguajales, zone paludose in cui ci sono molte palme aguaje (Conservation International/Ronald Diaz)
Nella spedizione nell’Alto Mayo sono state registrate più di 2mila specie diverse di piante e animali, tra cui almeno 27 specie sconosciute alla scienza e 49 note per essere a rischio di estinzione. È stato un risultato superiore alle aspettative, soprattutto perché tra le nuove specie ci sono anche quattro mammiferi: un pipistrello, uno scoiattolo e due specie di topi. Trond Larsen, biologo della spedizione, ha commentato: «Trovare dei mammiferi sconosciuti in una regione dove c’è una popolazione umana significativamente numerosa è straordinario». Più in generale i buoni risultati della missione sembrano indicare che anche in un’area molto abitata le specie non umane possono riuscire a prosperare se vengono conservati degli spazi di foresta naturale.
Negli ambienti marini chiaramente il problema della presenza umana non c’è, ma portare avanti una spedizione di ricerca richiede mezzi tecnologici molto più sofisticati e onerosi. Tra gli enti che le organizzano c’è lo Schmidt Ocean Institute, una fondazione creata nel 2009 da Eric Schmidt, ex CEO di Google, e sua moglie per sostenere gli studi oceanografici.

La nave di ricerca Falkor (too) e, a sinistra, il robot sottomarino SuBastian (Schmidt Ocean Institute/Alex Ingle)
Lo Schmidt Ocean Institute ha una nave attrezzata per la ricerca scientifica in mare lunga 110 metri, la “Falkor (too)”, e un robot sottomarino, “SuBastian”, che può scendere fino a 4.500 metri di profondità. Nel febbraio del 2024 il robot è stato usato per esplorare dieci montagne sottomarine che si trovano al largo del Cile, lungo le dorsali di Salas y Gómez e Nazca, in una spedizione in parte finanziata da Conservation International. Nelle profondità degli oceani ci sono così tante specie mai viste prima che può capitare che il sottomarino ne incontri di nuove ogni pochi metri.
In questa spedizione sono stati avvistati dei ricci di mare che somigliano a cactus (se ne conosceva già una specie, ma potrebbe trattarsi di un’altra), dei coralli che hanno migliaia di anni, delle seppie trasparenti, una trentina di probabili nuove specie di spugne e decine di altri animali. Uno dei più bizzarri che siano stati incontrati dal sottomarino è un pesce di un colore rosso acceso che usa le sue pinne come zampe per spostarsi sul fondale marino.

Un pesce del genere Chaunacops, probabilmente appartenente a una specie sconosciuta fino al 2024, a 1388,65 metri di profondità nell’oceano Pacifico, vicino al Cile (Schmidt Ocean Institute)
Il robot sottomarino SuBastian ha più o meno le dimensioni di un’auto utilitaria ed è collegato alla nave di ricerca attraverso un cavo. Generalmente viene tenuto in acqua per otto ore consecutive alla volta. Dalla nave chi lo pilota è in grado di osservare l’ambiente che lo circonda grazie a numerose videocamere e può comandare il robot in modo che raccolga dei campioni biologici ed effettui alcune misure grazie ai suoi strumenti. Sulla nave ci sono dei laboratori in cui i campioni possono cominciare a essere analizzati.
Le montagne sottomarine che si allungano parallelamente alle Ande sono lunghe più di 3mila chilometri e sono ancora molto inesplorate. Per una gran parte si trovano al di fuori delle acque territoriali dei paesi sudamericani, nel cosiddetto “alto mare”. Proprio per questo gli habitat naturali che ospitano potrebbero essere danneggiati da inquinamento, eccesso di pesca e, in futuro, attività estrattive: la ricerca sulla biodiversità ha anche l’obiettivo di ottenere delle informazioni su questi ambienti per capire come proteggerli da eventuali minacce.
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