Macchine, moto, tanta sabbia
Le foto del Rally Dakar 2025, che da anni non finisce più a Dakar e si è concluso dopo 8mila chilometri in Arabia Saudita

altre
foto
Venerdì si è concluso il Rally Dakar 2025, una delle gare automobilistiche più famose e impegnative al mondo, vinto in quest’edizione dal pilota saudita Yazeed Al Rajhi e dal copilota tedesco Timo Gottschalk. Il raid (così si chiamano le gare di rally più lunghe) è iniziato il 4 gennaio nella città di Bisha, in Arabia Saudita, e si è concluso a Subaytah, dopo un percorso di circa 8mila chilometri che ha attraversato gran parte del paese. Già da tempo infatti la competizione non finisce più a Dakar, capitale del Senegal, che però continua a dare il nome alla gara.
La gara è stata divisa in 12 tappe, quasi tutte lunghe diverse centinaia di chilometri, fra cui una che dura 48 ore consecutive. La lunghezza delle tappe e il fatto che si tengono quasi consecutivamente nell’arco di due settimane circa fanno sì che la Dakar sia generalmente considerata la competizione di rally, se non la gara automobilistica in generale, più impegnativa al mondo. Quest’anno le ultime tappe sono state molto contese fra il vincitore Al Rajhi e il pilota sudafricano Henk Lategan, che però nelle ultime gare ha perso il vantaggio che aveva accumulato inizialmente. La gara di moto invece è stata vinta dall’australiano Daniel Sanders: oltre che con le auto infatti si gareggia anche con moto, camioncini, auto d’epoca e altri tipi di mezzi.
Per anni la gara si è chiamata Parigi-Dakar, nome con cui è molto nota ancora oggi. Fu organizzata per la prima volta nel 1978 fra le due città, e si teneva ogni anno su percorsi un po’ diversi. L’edizione del 2008 però fu cancellata a causa del rischio di attentati terroristici in Mauritania: da allora le gare non si sono più svolte in Africa occidentale. Per una decina d’anni si tennero in vari paesi sudamericani, mentre dal 2020 sono sempre state in Arabia Saudita, un paese che oltre ad avere un terreno molto adatto a questo tipo di gare negli ultimi anni sta anche investendo molto negli sport con l’obiettivo di migliorare la propria immagine all’estero (l’Arabia Saudita è un regime autoritario in cui le libertà delle persone – soprattutto delle minoranze e delle donne – sono fortemente limitate, nonostante alcune recenti aperture e riforme più che altro di facciata).
La gara in sé è ancora molto rischiosa, anche senza il pericolo di attentati che costrinse a spostarla dall’Africa occidentale. Il punto di un raid di rally è proprio correre su terreni accidentati, in cui è difficile manovrare i veicoli, che vengono spinti al limite delle loro possibilità tecniche e meccaniche. I guasti sono la normalità, e anche gli incidenti, più o meno gravi, sono frequenti: negli anni sono morti 33 piloti, ma anche decine di persone che non partecipavano alla gara, fra cui spettatori, giornalisti, passanti e il fondatore della competizione, l’ex pilota francese Thierry Sabine.
– Leggi anche: La Dakar va dove non esistono strade