Quelli rimasti in Russia
Gli attivisti e i dissidenti prigionieri in Russia sono ancora centinaia, nonostante le liberazioni recenti, e per loro non c'è molto da fare
Il grande scambio di prigionieri che questa settimana ha coinvolto Stati Uniti, Russia e vari paesi europei ha consentito la liberazione, tra gli altri, di numerosi dissidenti russi arrestati dal regime di Vladimir Putin. Tra loro ci sono molte figure importanti, come Vladimir Kara-Murza, che dopo la morte di Alexei Navalny è diventato di fatto il più noto oppositore di Putin, e Oleg Orlov, uno dei fondatori e il direttore dell’ong Memorial, che nel 2022 aveva vinto il Nobel per la Pace.
La notizia della liberazione dei dissidenti russi è stata definita da alcuni giornali, dalle organizzazioni per i diritti umani in Russia e da loro stessi come «agrodolce», perché alla gioia per la liberazione si è unita la tristezza per le centinaia di prigionieri politici che si trovano ancora in carcere in Russia. Per esempio Memorial, nel comunicato in cui annunciava la liberazione di Orlov, ha aggiunto che «non è possibile dimenticare i prigionieri politici ancora incarcerati in Russia, i cui diritti sono violati quotidianamente». Secondo il conteggio della ong i prigionieri politici russi sono attualmente 764.
Alcuni degli attivisti coinvolti nello scambio hanno detto perfino che non avrebbero voluto essere liberati: Vladimir Kara-Murza e Ilya Yashin, un altro attivista e leader dell’opposizione, hanno detto per esempio che intendono tornare in Russia, e che considerano la loro liberazione come un’espulsione forzata del governo russo. «Il mio obiettivo è tornare in Russia, non sarò mai in pace a recitare il ruolo del migrante», ha detto Yashin.
Tra le centinaia di prigionieri politici rimasti in Russia ci sono molti casi notevoli. Alexei Gorinov è stato il primo attivista russo a essere condannato nel luglio 2022 in base alla legge che vieta di diffondere “informazioni false” sulle forze armate russe e sulla guerra in Ucraina. Gorinov fu condannato inizialmente a sette anni, e ha di recente subìto una nuova condanna per “giustificazione del terrorismo” perché avrebbe parlato della guerra in Ucraina con altri detenuti.
Altri prigionieri politici noti sono Yuri Dmitriev, uno storico della repressione sovietica; Yevgenia Berkovich e Svetlana Petrichuk, una regista e una drammaturga condannate per uno spettacolo teatrale sulla guerra civile in Siria; oppure Igor Baryshnikov, un uomo malato di tumore condannato a sette anni e mezzo di prigione per un post su Facebook sulla guerra in Ucraina.
L’avvocato di Alexei Gorinov, parlando con Politico, ha detto che la notizia dello scambio di prigionieri gli ha suscitato «emozioni contrastanti». Da un lato avrebbe voluto che il suo cliente fosse inserito tra le persone liberate. D’altro canto, è importante «per i russi vedere che i loro leader democratici non moriranno in prigione e che c’è qualche speranza di cambiamento».
Per i tantissimi attivisti ancora in Russia le speranze di essere liberati sono poche. Anzitutto perché i prigionieri russi detenuti in Occidente che potrebbero diventare pedina di scambio con il regime di Putin sono ormai quasi esauriti. L’ultimo prigioniero per cui Putin aveva grande interesse era l’omicida ed ex agente dell’FSB Vadim Krasikov, che era detenuto in Germania ed è stato scambiato questa settimana.
In secondo luogo perché, come ha scritto Masha Gessen sul New York Times parlando con funzionari del governo americani coinvolti nell’ultimo scambio, attualmente gli Stati Uniti non sembrano avere interesse a organizzarne altri.
Agli attivisti e ai prigionieri politici che si trovano in carcere in Russia si affiancano poi molte altre persone che non sono state arrestate per la loro attività politica, ma per ragioni più o meno futili, e che si sospetta siano detenute per essere usate dal regime russo come pedina di scambio. Un caso citato da Politico è quello di Marc Fogel, uno dei pochi cittadini americani ancora in prigione in Russia. Fogel fu arrestato nell’agosto del 2021 e condannato a 14 anni di prigione per possesso di marijuana: aveva con sé un medicinale per il mal di schiena che conteneva la sostanza, regolarmente prescritto negli Stati Uniti.