Breve guida al secondo turno delle legislative in Francia
Domenica si votava dopo una settimana di grosse discussioni nel centro e nella sinistra su come fermare l'ascesa del Rassemblement National di Marine Le Pen

Domenica in Francia si votava per il secondo turno delle elezioni legislative, convocate in anticipo dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron dopo il buon risultato del partito di estrema destra Rassemblement National (31,4 per cento) alle elezioni europee del 9 giugno. L’esito è incerto e i sondaggi finora non hanno dato indicazioni chiare su chi potrebbe vincere, anche perché non si sa cosa faranno gli elettori e le elettrici che al primo turno avevano votato per un candidato che poi non è passato al secondo.
Il voto di domenica scorsa era stato vinto nettamente da RN, di Marine Le Pen e Jordan Bardella, partito che si era alleato con Eric Ciotti, il presidente dei Repubblicani, di destra: il RN aveva ottenuto il 33,15 per cento dei voti. Il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’alleanza elettorale di sinistra che riunisce tra gli altri il Partito Socialista, il Partito Comunista, il partito ecologista Europe Écologie-Les Verts e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, aveva raggiunto il 27,99 per cento, mentre Ensemble pour la République, la coalizione del presidente Emmanuel Macron, si era fermato al 20,83 per cento.
Il quarto partito più votato, con il 6,57 per cento dei voti, era stato quello dei Repubblicani, che prima delle elezioni si erano divisi sulla questione dell’alleanza con RN prendendo le distanze da quello che solo formalmente resta ancora il loro presidente, Eric Ciotti (la complicata situazione dei Repubblicani è spiegata qui).
Con il ballottaggio di domenica il Rassemblement National cercherà di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese, dando inizio a un periodo di “coabitazione” che si verifica quando presidente e primo ministro appartengono a diverse famiglie politiche. A quel punto il nuovo primo ministro francese diventerebbe Jordan Bardella, definito da tempo come il «futuro dell’estrema destra francese».
I seggi sono stati aperti dalle 8 del mattino alle 18.00, ma in alcune città più grandi hanno chiuso alle 19.00 e alle 20.00, come a Parigi. I risultati cominceranno dunque ad arrivare dopo la chiusura dell’ultimo seggio, non prima delle 20.00, a mano a mano che si procederà con la scrutinio.

Dei manifesti con scritto “Andate a votare! (Se potete)” per le strade di Strasburgo, nell’est della Francia (AP Photo/Jean-Francois Badias)
La questione dei triangolari
In Francia le elezioni legislative sono a doppio turno. Il territorio è suddiviso in 577 circoscrizioni elettorali, pari al numero di seggi dell’Assemblea Nazionale da rinnovare (undici circoscrizioni sono fuori dal territorio nazionale, cioè all’estero). In ogni collegio può vincere una sola persona candidata, e per vincere al primo turno era necessario ottenere il 50 per cento più uno dei voti espressi da almeno il 25 per cento degli elettori e delle elettrici iscritte alle liste. Al primo turno di domenica 30 giugno sono stati eletti 76 deputati su un totale di 577.
Domenica si vota in tutte quelle circoscrizioni che non hanno ancora eletto un candidato e proprio la questione dei ballottaggi è stata la più discussa nell’ultima settimana.
Al ballottaggio infatti non hanno accesso i due candidati con i migliori risultati al primo turno, ma tutti quelli che al primo turno superano una certa soglia: questa soglia è mobile perché si sposta a seconda dell’affluenza (qui è spiegato per esteso il meccanismo dei triangolari). Tenendo conto solo dei risultati e data l’affluenza del 66,7 per cento, dal primo turno erano usciti 5 quadrangolari (ballottaggi a quattro) e ben 305 triangolari, il maggior numero di ballottaggi a tre nella storia della Quinta Repubblica francese (cioè dal 1958 a oggi).
Per evitare di dare maggiori possibilità a RN di vincere al secondo turno e ottenere così la maggioranza in parlamento, il Nuovo Fronte Popolare aveva invitato tutti i propri candidati arrivati terzi a ritirarsi dal ballottaggio, in modo da concentrare tutti i voti dell’elettorato di centro e di sinistra su un solo candidato contro quello dell’estrema destra. La strategia del “fronte repubblicano” era stata annunciata anche da Macron che però aveva dato indicazioni molto meno chiare. Il presidente, che in questa brevissima campagna elettorale si è concentrato sull’attaccare soprattutto la sinistra, aveva detto che come regola generale anche la sua coalizione avrebbe ritirato i propri candidati arrivati terzi, ma non sempre. Nei casi in cui ad arrivare secondi fossero stati candidati del partito di sinistra La France Insoumise, la forza politica più a sinistra del Nuovo Fronte Popolare, avrebbe valutato caso per caso.
Quando martedì è scaduto il tempo per presentare le domande di partecipazione al secondo turno il numero di triangolari è decisamente diminuito: si sono infatti ritirati 224 candidati e candidate, di cui 134 del Nuovo Fronte Popolare e 82 di Ensemble pour la République di Macron.
A differenza del primo turno, per essere eletti al ballottaggio, sia esso a due, a tre o a quattro, è sufficiente la maggioranza relativa. Questo significa che il candidato o la candidata che ottiene più voti vince le elezioni e diventa deputato.
Un esito incerto
Al momento i sondaggi disponibili non sono affatto chiari su chi potrebbe vincere, ma tutti sostengono che sia molto probabile che il Rassemblement National si confermi come il primo partito, seguito dal Nuovo Fronte Popolare e poi da Ensemble, come nel primo turno. I sondaggi pubblicati il 4 luglio da Public Sénat, il canale televisivo del Senato francese, e da Les Echos, il principale quotidiano finanziario francese, sostengono che RN dovrebbe eleggere al massimo 230-250 deputati e non raggiungere quindi la maggioranza assoluta di 289 su 577.
Questo risultato non è però assolutamente sicuro e tutto dipenderà da quante persone andranno a votare ai ballottaggi, e da quante di queste accetteranno di votare per un candidato che non le rappresenta pur di far perdere il Rassemblement National nella loro circoscrizione.
L’istituto di sondaggi Cluster 17 ha fatto un’indagine precedente al primo turno chiedendo alle persone intervistate quale avrebbe potuto essere il loro comportamento al ballottaggio nel caso in cui il loro candidato non fosse più presente: circa 6 elettori su 10 della maggioranza presidenziale hanno previsto di astenersi, 3 di votare a favore di NFP e 1 a favore di RN. In modo simile, più di 5 elettori di NFP su 10 hanno detto di non aver intenzione di andare a votare nel caso non fosse arrivato al secondo turno un candidato del proprio campo, mentre 4 si sono detti pronti ad aderire alla strategia del “fronte repubblicano” per bloccare l’estrema destra.
Da una parte o dall’altra, scrive Le Monde, va dunque tenuto conto di un dato significativo: che gli astenuti, cioè le persone che intendono sottrarsi alla strategia del “fronte repubblicano”, sono quasi un quarto degli elettori. E se questo scenario si concretizzasse, una maggioranza assoluta di RN e Eric Ciotti sarebbe inevitabile. Se invece gli elettori che pensavano di astenersi decidessero di andare a votare, allora gli equilibri di potere potrebbero essere ancora completamente invertiti.

Una manifestazione contro il Rassemblement National in Place de la République a Parigi dopo l’uscita dei risultati preliminari del primo turno, il 30 giugno 2024 (AP Photo/Louise Delmotte)
A rendere ancora più incerta la previsione ci sono altre questioni. Se è vero che a sinistra è stato annunciato e praticato il ritiro sistematico dei candidati arrivati in terza posizione, non è stato fatto il passo ulteriore di chiedere esplicitamente il voto per il candidato che non fa parte del proprio campo politico e che si presenterà contro quello di RN: un passo che, secondo diversi analisti e giornali, sarebbe invece essenziale per la buona riuscita della strategia del “fronte repubblicano”. Va poi tenuto conto che gli elettori di sinistra hanno maturato una forte ostilità verso Macron, che ormai da tempo percepiscono come di destra.
La presenza di Jean-Luc Mélenchon di La France Insoumise, come detto il partito più di sinistra dell’NFP, è percepita come un grosso problema per l’elettorato moderato. La retorica degli opposti estremismi – in riferimento a RN a destra e a La France Insoumise a sinistra – è stata imposta con insistenza soprattutto da Macron e dalla sua area politica. È possibile che questo approccio favorisca l’astensione degli elettori moderati nel momento in cui si troveranno a scegliere tra un candidato RN e un candidato NFP.
– Leggi anche: Macron e la sinistra radicale non riescono a fare fronte comune
E poi?
Per ottenere la maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, un partito o un’alleanza di gruppi politici deve ottenere 289 seggi su 577. Se questa maggioranza verrà raggiunta dal campo presidenziale, cosa piuttosto improbabile visti i recenti risultati, Gabriel Attal, attuale primo ministro, rimarrebbe al suo posto. Se a ottenere la maggioranza assoluta saranno invece NFP o RN, secondo consuetudine il presidente nominerà primo ministro un rappresentante del partito di maggioranza. Si verificherebbe appunto la coabitazione.
Governare il paese in una situazione di coabitazione è difficile e richiede una buona dose di collaborazione fra le parti: poiché la Francia è una repubblica semi-presidenziale, il presidente ha un ruolo particolarmente attivo nel processo legislativo. E anche per questo motivo un governo guidato da un partito come il Rassemblement National, di estrema destra e fermamente contrario all’operato di Macron, potrebbe creare più problemi del solito. Nei suoi anni da presidente Macron ha avuto un ruolo molto attivo nella linea politica dei governi e questa cosa non potrebbe più accadere. Gli stessi problemi si presenterebbero con una ipotetica futura coabitazione con la sinistra.
Se il campo presidenziale otterrà la maggioranza relativa, il governo dovrà allearsi con altri gruppi politici per riuscire a far approvare le leggi o negoziare con essi di volta in volta. La stessa cosa si verificherebbe nel caso in cui a ottenere la maggioranza relativa fossero RN o la sinistra. Il candidato di RN alla carica di primo ministro, Jordan Bardella, ha però già fatto sapere che rifiuterebbe la nomina a primo ministro se avesse solo una maggioranza relativa all’Assemblea.
Nel caso in cui i partiti non riuscissero a formare delle alleanze, il presidente dovrà nominare un primo ministro incaricato di governare con una maggioranza relativa.

Jordan Bardella parla con i giornalisti circondato da poliziotti davanti alla sede del Rassemblement National a Parigi, il 1° luglio 2024 (AP Photo/Thibault Camus)
Emmanuel Macron ha ribadito più volte l’intenzione di restare in carica fino al maggio del 2027, anche se dovesse perdere le elezioni per la seconda volta nel giro di un mese. Ma se questo non dovesse accadere la Costituzione francese prevede che il presidente del Senato diventi presidente ad interim e che le elezioni presidenziali vengano organizzate almeno venti giorni e al massimo trentacinque giorni dopo le dimissioni.
Solitamente in Francia le elezioni legislative seguono le presidenziali, che si terranno nel 2027. Il mandato di un deputato dura cinque anni e le prossime legislative, visto che queste sono state anticipate, si dovrebbero teoricamente svolgere nel 2029, a meno che il presidente non si decida di sciogliere prima, e nuovamente, l’Assemblea Nazionale. Ma l’Assemblea può essere sciolta solo una volta in un anno e almeno un anno dopo l’ultimo scioglimento. L’Assemblea Nazionale non potrà dunque essere sciolta prima del luglio del 2025.