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  • Giovedì 6 giugno 2024

80 anni fa lo sbarco in Normandia cambiò la Seconda guerra mondiale

Una delle più complesse operazioni militari di sempre permise agli alleati di aprire un secondo fronte contro la Germania nazista, accelerandone molto la caduta

Rinforzi alleati dopo lo sbarco, nel giugno del 1944 (Bert Brandt, Pool via AP)
Rinforzi alleati dopo lo sbarco, nel giugno del 1944 (Bert Brandt, Pool via AP)
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Lo sbarco in Normandia è uno dei momenti più ricordati e conosciuti della Seconda guerra mondiale: il 6 giugno del 1944, esattamente 80 anni fa, gli eserciti alleati degli Stati Uniti, del Regno Unito e del Canada sbarcarono in Normandia, nel nord della Francia occupata dalla Germania nazista, in quello che è passato alla storia come il “D-Day”. Fu una delle più grandi operazioni militari mai tentate e un punto di svolta della Seconda guerra mondiale. Dopo una giornata di durissimi combattimenti, che costò 12 mila tra morti e feriti, gli alleati riuscirono a conquistare e difendere alcune posizioni sulle spiagge e dare inizio alla campagna che si sarebbe poi conclusa con la resa della Germania nazista, undici mesi dopo.

Lo sbarco diede il via a una nuova fase della guerra in Europa occidentale, dove dopo la resa della Francia alla Germania nel 1940 non c’erano stati più scontri di rilievo. Permise infatti agli alleati, quei paesi ostili alla Germania nazista guidati dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Unione Sovietica, di aprire un secondo fronte nelle operazioni militari contro la Germania, che in quel momento impiegava gran parte delle proprie truppe in Europa orientale, contro l’Unione Sovietica. I tedeschi furono costretti distogliere una grossa parte delle proprie truppe dal fronte orientale, dove da tre anni erano in corso alcuni dei combattimenti più intensi e sanguinosi della guerra.

Un tentativo di sbarco delle forze alleate, con obiettivi comunque molto più limitati, c’era già stato nel 1942 a Dieppe, sempre in Normandia, ma fu un fallimento disastroso. Nel 1943 invece c’erano stati maggiori successi in Italia, che nel settembre di quell’anno si era arresa agli alleati dopo il loro sbarco in Sicilia, finendo di fatto divisa fra una zona controllata dai nazifascisti e una dagli angloamericani. Quello italiano rimase però un fronte secondario per gli alleati, anche perché la conformazione geografica italiana limitava la possibilità di disporre su larga scala grandi schieramenti di carri armati e mezzi corazzati, quelli che caratterizzarono le maggiori battaglie della Seconda guerra mondiale: la Francia vi si prestava molto meglio, oltre a essere più vicina alle basi alleate in Gran Bretagna.

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Ma prima di schierare milioni di uomini in Nord Europa era necessario aprire loro la strada, sfondando quello che i tedeschi avevano battezzato il “Vallo atlantico”, una serie di fortificazioni che coprivano le coste dalla Francia alla Norvegia. Gli alleati dovevano creare un’apertura in questa linea difensiva, per permettere l’avvio di una più ampia campagna che puntava all’occupazione della Germania e alla sconfitta definitiva del regime nazista, già in difficoltà sul fronte dell’Europa orientale. Lo sbarco delle truppe britanniche, statunitensi e canadesi fu un’operazione estremamente complessa, e comportò un numero altissimo di morti e feriti sia fra gli alleati che fra i tedeschi.

La Normandia non era in realtà il luogo ideale per uno sbarco dalla Gran Bretagna, e in parte fu scelta proprio per quello. I nazisti in effetti si aspettavano un attacco vicino a Calais, il punto in cui la costa inglese e quella francese sono più vicine, e il canale della Manica è largo appena 33,1 chilometri: lì avevano concentrato il grosso delle loro forze. Gli alleati decisero quindi di sbarcare in Normandia, che non era comunque molto lontana dalle coste dell’Inghilterra, e offriva ampie spiagge sabbiose facili da assaltare, ma si assicurarono che i tedeschi continuassero a credere che la loro intenzione fosse sbarcare proprio a Calais.

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Per questo scopo venne messa in piedi l’operazione “Fortitude”, una gigantesca operazione di depistaggio che comprendeva l’allestimento di un finto esercito fatto di carri armati gonfiabili per ingannare la ricognizione aerea, informazioni false fornite da spie tedesche che avevano tradito o che erano state catturate, un traffico radio e di ordini fasullo e molti altri piccoli dettagli. L’operazione ebbe così successo che per settimane dopo lo sbarco in Normandia i tedeschi continuarono a tenere immobilizzate decine di migliaia di uomini a Calais.

Il vero sbarco era invece chiamato operazione “Neptune”, ed era inserito nel più ampio piano per la conquista di una testa di ponte sul continente chiamato operazione “Overlord”. Il 6 giugno del 1944, il giorno dello sbarco, è ricordato anche come il “D-Day”. Si tratta di un’espressione che in realtà non vuol dire nulla: è usata dagli eserciti in cui si parla inglese fin dalla Prima guerra mondiale per identificare il giorno di inizio delle operazioni.

L’espressione serviva a identificare un giorno non ancora deciso, una cosa tipo “l’attacco avverrà nel giorno X”: in effetti inizialmente il D-Day doveva essere il 5 giugno, ma poi lo sbarco era stato rimandato al 6 giugno. In genere si accompagnava all’espressione H-Hour (che aveva lo stesso scopo). La “D” probabilmente stava semplicemente per “Day”, così come la H di “H-Hour” stava semplicemente per ”Hour”: fra Diciannovesimo e Ventesimo secolo in inglese era comune raddoppiare l’iniziale di una parola per attribuirle importanza, e si potrebbe quindi rendere in italiano anche come “il giorno con la G maiuscola”, cioè il giorno più importante.

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Un altro nome con cui è conosciuto il 6 giugno del 1944 è «Il giorno più lungo». È un’espressione resa nota da un film statunitense degli anni Sessanta, che riprende il titolo di un saggio dello storico Cornelius Ryan. A sua volta il libro riprende una citazione del celebre generale tedesco Erwin Rommel, assegnato alla supervisione delle difese del Vallo Atlantico nel 1944: il 22 aprile disse a un suo assistente che «le prime 24 ore dell’invasione saranno decisive… per gli alleati, così come per i tedeschi, quello sarà il giorno più lungo».

Le operazioni di sbarco furono in effetti caratterizzate da grosse difficoltà e scontri estremamente violenti. Nel primo giorno 150mila soldati attraversarono il canale della Manica, trasportati o appoggiati da quasi 7mila navi e 11mila aerei. In poche ore gli alleati subirono 12mila perdite tra morti e feriti e i tedeschi altre cinquemila.

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Per quanto sia senza dubbio una delle più massicce operazioni militari di sempre, ci fu uno sbarco che per numero di uomini scesi a terra nel primo giorno fu ancora più grande: lo sbarco in Sicilia, avvenuto un anno prima, nel luglio del 1943, quando sbarcarono in un solo giorno 180mila soldati. Lo sbarco in Normandia, però, fu un’operazione molto più complessa, che impegnò molte più navi e più aerei. Portò anche a una serie di combattimenti molto più violenti.

Alla fine lo sbarco in Normandia fu una grande vittoria per gli alleati, anche se non raggiunsero tutti i loro obiettivi. I soldati americani, inglesi e canadesi riuscirono a caro prezzo a conquistare una testa di ponte, ma dovettero combattere per altri due mesi prima che l’esercito tedesco cedesse e cominciasse una ritirata che sarebbe finita soltanto sui confini della Germania. La battaglia di Normandia che iniziò con lo sbarco del 6 giugno portò il 25 agosto del 1944 alla conquista di Parigi: fu una delle più cruente tra quelle combattute sul fronte occidentale. Alla fine sarebbe costata agli alleati più di 220mila perdite tra morti, feriti e prigionieri.

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Oggi quando si pensa allo sbarco in Normandia molti se lo immaginano come lo si vede nel film Salvate il soldato Ryan, del 1998, celebre anche per la rappresentazione estremamente cruda degli scontri. Nella sequenza più nota del film viene mostrato l’assalto alla spiaggia definita in codice dagli alleati Omaha, l’episodio più sanguinoso di tutto il 6 giugno.

Per quanto spettacolare ed emozionante, in alcune parti la scena non è del tutto realistica. La maggior parte delle fortificazioni tedesche si trovavano a circa cinquecento metri dal punto in cui sbarcarono i soldati alleati (e non a poche decine di metri, come si vede in alcune scene del film). Sia per la distanza che per il fumo causato dai bombardamenti, era difficile che i soldati tedeschi potessero sparare con precisione contro le imbarcazioni nel momento stesso in cui gli americani scendevano dalle navi.

Omaha, inoltre, fu un caso particolare: in quasi tutte le altre spiagge (gli statunitensi sbarcarono anche su quella chiamata Utah, i britannici a Gold e Sword, i canadesi a Juno) alcuni speciali carri armati anfibi raggiunsero la costa per primi e distrussero le postazioni tedesche più vicine prima dello sbarco della fanteria.

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