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  • Venerdì 29 marzo 2024

Evan Gershkovich è detenuto in un carcere russo da un anno

Il corrispondente del Wall Street Journal venne arrestato il 29 marzo del 2023 con l'accusa di spionaggio, ritenuta da molti senza fondamento: non è ancora stata fissata la data del processo

Evan Gershkovich in una gabbia di vetro in un tribunale di Mosca, il 19 settembre 2023. (AP Photo/Dmitry Serebryakov)
Evan Gershkovich in una gabbia di vetro in un tribunale di Mosca, il 19 settembre 2023. (AP Photo/Dmitry Serebryakov)

Esattamente un anno fa, il 29 marzo del 2023, il giornalista statunitense Evan Gershkovich venne arrestato dai servizi segreti russi in un ristorante di Ekaterinburg, nella Russia centro-occidentale, con l’accusa di spionaggio. Si trovava lì per lavorare a un articolo sulle operazioni del gruppo Wagner per conto del Wall Street Journal, quotidiano statunitense per cui faceva il corrispondente da sei anni raccontando tra le altre cose la guerra in Ucraina.

Gershkovich è in carcere a Mosca da allora, in attesa di un processo di cui però non è ancora stata fissata la data: finora si sono tenute solo delle udienze, tutte a porte chiuse, che sono servite a prolungare la sua detenzione. L’ultima si è tenuta il 22 marzo, quando un tribunale della capitale russa ha prolungato la sua detenzione per la quinta volta, fino al 30 giugno del 2024. Sia il Wall Street Journal sia numerosi giornalisti e osservatori hanno sempre definito le accuse di spionaggio false e pretestuose, e finora le forze di sicurezza russe non hanno mostrato alcuna prova che suggerisca che Gershkovich fosse una spia. Gershkovich rischia fino a 20 anni di carcere.

Nel corso dell’ultimo anno il Wall Street Journal si è occupato in maniera sistematica di raccontare le condizioni del suo giornalista: l’editore, Dow Jones Company, ha detto di essere disposto a versare una cauzione di 50 milioni di rubli (501 mila euro) in cambio della sua liberazione, richiesta però rifiutata da un giudice russo. In occasione del primo anniversario della sua detenzione, il Wall Street Journal ha deciso di lasciare un grosso spazio bianco nella sua prima pagina dell’edizione cartacea, titolando: «Qui ci sarebbe dovuto essere un suo articolo».

Il caso di Gershkovich fece discutere fin dall’inizio perché era la prima volta che un giornalista statunitense veniva arrestato in Russia dai tempi della Guerra Fredda: l’ultimo arresto, risalente al 1986, era stato quello di Nicholas Daniloff, corrispondente dello U.S. News & World Report, liberato due settimane dopo nell’ambito di uno scambio di prigionieri. L’ipotesi che la Russia voglia usare Gershkovich in uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti non è esclusa, e anzi è ritenuta probabile. Le stesse autorità russe lo hanno confermato, ma dicendo che potrebbe succedere solo a processo concluso.

L’arresto di giornalisti in Russia non è una novità, soprattutto quando a essere coinvolti sono giornalisti che lavorano per i pochi media indipendenti rimasti nel paese. Solitamente le accuse sono di avere disobbedito alla polizia o di svolgere «attività estremiste» per una presunta vicinanza alla Fondazione anticorruzione fondata dal dissidente Alexei Navalny e messa al bando dalle autorità nel 2021. È però piuttosto raro che a essere arrestati siano giornalisti stranieri. Il governo degli Stati Uniti considera Gershkovich «detenuto ingiustamente», una formula usata di fatto per indicare i prigionieri politici.

Gershkovich ha 33 anni. È nato nel 1991 a New York da genitori ebrei provenienti dall’Unione Sovietica, paese da cui erano fuggiti una decina d’anni prima per scappare dalle persecuzioni del regime. Gershkovich sviluppò fin da giovane un interesse particolare per la cultura russa, e dopo un primo periodo a New York iniziò a occuparsi in maniera specifica proprio di Russia quando fu assunto al Moscow Times, testata indipendente russa in lingua inglese. Lavorò poi brevemente per l’agenzia di stampa Agence France-Presse (AFP) prima di essere assunto dal Wall Street Journal per occuparsi di Russia.

Prima del suo arresto, Gershkovich si era occupato di molti temi diversi, alcuni dei quali trascurati da buona parte della stampa internazionale: aveva scritto per esempio della scomparsa dei salmoni dall’Amur, un lunghissimo fiume al confine tra Russia e Cina, e delle manifestazioni contro l’estinzione delle lingue minoritarie in alcune aree della Russia.

Da mesi è detenuto nel carcere di Lefortovo, a Mosca: una prigione costruita nel 1881 che dal 1917, anno della rivoluzione bolscevica, ha acquisito una funzione più “politica”. La polizia segreta sovietica del regime di Iosif Stalin la usava per rinchiudere, interrogare, torturare e spesso uccidere gli oppositori del regime. Dopo la morte di Stalin, nel 1953, la prigione di Lefortovo fu usata prima dal KGB, i servizi segreti sovietici, che ci rinchiusero dissidenti e sospettati di spionaggio, e poi dal regime del presidente russo Vladimir Putin.

«Una volta alla settimana incontra i suoi avvocati russi e periodicamente va in tribunale», racconta il Wall Street Journal. «Amici e familiari gli mandano lettere per aggiornarlo sul mondo e su quello che succede al lavoro. Gioca a scacchi via posta con suo padre e dà suggerimenti per il campionato di totobasket a cui partecipava. Divora i classici in lingua russa e i libri di storia della biblioteca del carcere».

Lo scorso ottobre le autorità russe avevano arrestato anche Alsu Kurmasheva, una giornalista russo-statunitense che lavorava per l’emittente Radio Free Europe/Radio Liberty, finanziata dal governo americano. Kurmasheva abitava a Praga, in Repubblica Ceca, ma era entrata temporaneamente in Russia lo scorso 20 maggio per visitare la madre malata. Kurmasheva era inizialmente stata multata per non aver dichiarato di avere anche un passaporto statunitense, oltre a quello russo, al momento del suo ingresso nel paese. Non potendo ripartire senza documenti era rimasta in Russia, e il 18 ottobre era stata arrestata con l’accusa di non essersi registrata come “agente straniero”, una formula che per la legge russa indica persone o organizzazioni che secondo il governo ricevono fondi dall’estero per svolgere attività antigovernativa, e che di fatto viene usata per reprimere la libertà di stampa e non solo. È tuttora in carcere in attesa di processo.