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  • Domenica 11 febbraio 2024

L’Azerbaijan sta ripopolando il Nagorno Karabakh

Regalando case e offrendo benefici, dopo aver conquistato militarmente la regione contesa e aver cacciato di fatto circa 120 mila persone di etnia armena

Mubariz Aliguleyev mostra una foto in bianco e nero di sua figlia Bahar con tre amici scattata nel 1986 a Khankendi, la capitale del Nagorno Karabakh rinominata Stepanakert dagli armeni. L’intera famiglia ha lasciato la regione nel 1988
Mubariz Aliguleyev mostra una foto di sua figlia Bahar scattata nel 1986 a Khankendi, la capitale del Nagorno Karabakh rinominata Stepanakert dagli armeni. L’intera famiglia lasciò la regione nel 1988 (AP/Aziz Karimov)

Il 1° gennaio del 2024 è stata ufficialmente sciolta la repubblica separatista del Nagorno Karabakh, un territorio collocato formalmente in Azerbaijan ma che fino a qualche mese fa era governato in maniera indipendente e che per decenni era stato abitato principalmente da persone di etnia armena. A settembre del 2023 l’esercito dell’Azerbaijan aveva riconquistato il Nagorno Karabakh con una breve guerra e costretto circa 120 mila persone armene a lasciare le proprie case, in quella che era stata definita da molti esperti e istituzioni come un’operazione di pulizia etnica.

Ora il governo autoritario azero sta incentivando il ripopolamento del Nagorno Karabakh da parte di persone di etnia azera, in un’operazione che è stata chiamata il “Grande ritorno”: il governo sta regalando appartamenti abbandonati ad alcuni suoi cittadini che sono disposti a trasferirsi nella regione e nelle aree di confine e molti altri si stanno muovendo in maniera indipendente. Fra loro ci sono migliaia di persone che erano fuggite o erano state espulse dall’area fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta a causa delle guerre precedenti per il controllo del territorio. Questi movimenti di popolazione riflettono l’estrema complessità della situazione della regione, su cui da decenni Armenia e Azerbaijan avanzano rivendicazioni territoriali e identitarie.

Le storie di alcuni di coloro che si sono già trasferiti nella regione, tornando in certi casi nelle città in cui erano nati, sono state raccontate in un articolo uscito questa settimana sul quotidiano Süddeutsche Zeitung e anche dal New York Times.

Le guerre tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabakh cominciarono in concomitanza con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. La prima, che durò tra il 1988 e il 1993, fu vinta dall’Armenia, che favorì l’istituzione di uno stato indipendente (ma non riconosciuto dalla comunità internazionale e dipendente in tutto dall’Armenia stessa) in Nagorno Karabakh. A seguito di quella guerra, centinaia di migliaia di armeni che vivevano in Azerbaijan furono costretti a lasciare il paese e a trasferirsi in Armenia, e lo stesso avvenne con centinaia di migliaia di azeri che vivevano in Armenia. Anche in Nagorno Karabakh – che è da secoli una regione in cui la popolazione è a maggioranza armena – a causa della guerra alcune decine di migliaia di abitanti azeri dovettero abbandonare le loro case.

Trent’anni dopo, la situazione in Nagorno Karabakh si è ribaltata: dopo una serie di altre guerre, tra cui una nel 2020 e una nel settembre del 2023, l’Azerbaijan ha conquistato militarmente il Nagorno Karabakh e sono stati gli abitanti armeni a dover fuggire in Armenia.

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Si stima che in questi mesi circa 120mila residenti armeni abbiano lasciato la regione. Molti residenti armeni hanno detto di essere fuggiti per paura di subire ritorsioni da parte dell’esercito azero. Benché il presidente azero Ilham Aliyev abbia detto che i diritti degli armeni del Karabakh saranno garantiti, il governo azero ha dimostrato di avere poco riguardo per le condizioni della popolazione armena locale. L’Azerbaijan è anche un regime dittatoriale dove le libertà politiche e civili sono sistematicamente represse. Ilham Aliyev è al potere dal 2003 (in precedenza il paese era stato governato per vent’anni da suo padre, Heydar Aliyev) e la sua retorica nei confronti del Nagorno Karabakh è sempre stata estremamente violenta.

Ufficialmente, Aliyev ha detto che gli armeni che lo desiderano posso tornare ad abitare nella regione, ma il suo viene considerato più che altro uno strumento di propaganda, dato che nessun armeno, anche coloro che sono nati in Nagorno Karabakh, rischierebbe di tornare a vivere in un territorio così ostile nei loro confronti.

Molte case sono ancora distrutte, specialmente nella capitale della regione Stepanakert che è stata bombardata dall’esercito azero. Il governo ha avviato importanti progetti edilizi che dovrebbero poter ospitare decine di migliaia di cittadini e cittadine azere nei prossimi anni. Per esempio, nella città di Lachin, da cui aveva preso il nome il corridoio che collegava la regione all’Armenia, il governo azero ha affidato il progetto di ricostruzione a una società svizzera, che sta costruendo nuovi condomini, un museo “dell’occupazione” degli armeni del Nagorno Karabakh, un teatro e un cinema. In alcuni comuni è già stata prevista la costruzione di moschee: la popolazione armena è a maggioranza cristiana, mentre l’Azerbaijan è uno stato a maggioranza musulmana sciita.

La questione del Nagorno Karabakh è molto complessa: sia la popolazione armena che quella azera vedono il possesso della regione come un elemento fondamentale della loro identità nazionale e in Azerbaijan vivono ancora moltissime persone che si ricordano di com’era viverci prima dello scoppio della guerra, che le ha costrette ad andarsene.

Molti azeri che stanno tornando in Nagorno Karabakh dopo averlo lasciato più di trent’anni fa vivevano nel resto del paese con uno status di “sfollati interni”, in condizioni abitative precarie. Al di là degli obiettivi e della propaganda nazionalista del governo, molti azeri vedono il loro trasferimento in Nagorno Karabakh come un ritorno a casa. Questo sta facilitando il ripopolamento della regione.

In alcune città, specialmente quelle riconquistate dall’esercito già nel 2020, le prime persone azere sono già arrivate, andando ad abitare in case regalate dal governo o decidendo di rimettere a posto in autonomia le case abbandonate dagli armeni. Molti di coloro che hanno fatto domanda per andare ad abitare in Nagorno Karabakh in appartamenti del governo sono persone in pensione che abitavano in quelle città prima di fuggire trent’anni fa a causa dello scoppio della guerra. Un altro fattore è quello della storia familiare: fra le persone intervistate a fine ottobre dal New York Times molte sono figlie di azeri che erano fuggiti alla fine degli anni Ottanta.

Fra le persone già trasferitesi sentite dallo Süddeutsche Zeitung ci sono Wagif Khanlarow e sua moglie, due pensionati che hanno ottenuto una casa nel comune di Füzuli, uno dei territori riconquistati dall’esercito nel 2020. Nell’appartamento dove si sono trasferiti anche le bollette sono a carico dello stato azero, e le persone devono solo portare i loro mobili. Khanlarow era nato e cresciuto lì ma era stato costretto a trasferirsi a Baku, la capitale dell’Azerbaijan, nel 1993. Attaccato alle chiavi dell’appartamento assegnatogli dal governo c’è un portachiavi con scritto «Il Karabakh è l’Azerbaijan. Füzuli 2023.»

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