• Media
  • Martedì 6 febbraio 2024

Cosa sta facendo GEDI col digitale

Il gruppo editoriale di Repubblica e Stampa è accusato di scarsa visione sulle sue testate tradizionali, ma intanto si sta muovendo molto sulle acquisizioni di siti "verticali"

Tra le molte difficoltà che sta attraversando il business dei giornali in Italia, una storia che continua a essere protagonista dei cambiamenti, con sviluppi frequenti, è quella che riguarda il gruppo editoriale GEDI, le cui proprietà più note – i quotidiani Repubblica e Stampa – hanno subito grosse trasformazioni, e che in questi anni hanno avuto declini di copie maggiori di quelli dei concorrenti (tutte le testate quotidiane perdono copie ogni anno da almeno vent’anni).

All’interno delle redazioni è stata spesso criticata in questi anni una mancanza di visione e prospettive dell’azienda rispetto a ruoli e destini dei due giornali, ma nel frattempo l’azienda stessa ha invece messo attenzioni e investimenti su presenze nuove sul web e sul digitale in genere. Se da una parte il gruppo è sembrato trascurare lo sviluppo digitale e l’innovazione nei suoi brand più famosi, dall’altra sta costruendo loro intorno un patrimonio di proprietà digitali in un’area assai varia tra il giornalismo e l’intrattenimento.

Da dove iniziò tutto
Il gruppo editoriale GEDI (che si chiamava gruppo l’Espresso fino al 2017) è all’interno della grande multinazionale Exor, la cui maggioranza appartiene alla famiglia Agnelli-Elkann: pubblica tra le altre cose i quotidiani Repubblica e Stampa e ha una divisione interna, GEDI Digital, che si occupa appunto di progetti digitali. La divisione eredita il ruolo che ebbe Kataweb, un “portale” – come si chiamavano allora – nato nel 1999 che realizzava e aggregava gli articoli dai siti del gruppo editoriale: Repubblica aveva lanciato il suo sito all’inizio del 1997 e tra i quotidiani maggiori era quello che aveva dato le più precoci attenzioni alle opportunità su internet.

Vittorio Zambardino, giornalista tra i fondatori di Repubblica.it e di Kataweb, dice che «nel 1999 si pensò di far nascere questo portale, Kataweb, che fu definito come “Azienda internet del gruppo Espresso”. Nei primi mesi di vita l’azienda ebbe una crescita notevolissima, in termini di acquisizioni di società e di assunzioni: la crescita era dovuta all’obiettivo della quotazione in borsa di Kataweb. Quotazione che però non avvenne mai a causa dello scoppio della bolla delle dot com. Questo causò una brusca interruzione della crescita e da quel punto in poi, dai primi anni del Duemila, Kataweb ridimensionò le sue ambizioni diventando una società tecnologica al servizio dei giornali del gruppo Espresso, principalmente di Repubblica».

Massimo Russo è il direttore editoriale in Italia del gruppo internazionale Hearst e direttore del settimanale di moda Elle. Russo fu a sua volta nel gruppo originale di Kataweb ed è stato il primo direttore di GEDI Digital: «Tramontata del tutto l’ipotesi della quotazione in borsa può essere però utile ricordare una fase di effettiva valorizzazione economica di Kataweb: sul finire del 2000 il 5% di Kataweb venne venduto a Unicredit per una somma di 300 miliardi di lire (circa 150 milioni di euro). È utile per dare la dimensione del valore complessivo che veniva attribuito a Kataweb in quel momento, cioè intorno ai 3 miliardi di euro. Da qui, semplificando, cominciò una trasformazione dal punto di vista societario con la fusione di Kataweb ed Elemedia, che era l’area delle radio: in questo momento Kataweb era diventata la fornitrice di servizi internet del gruppo. Un rilancio avvenne con la direzione dell’area internet di Elemedia di Pier Paolo Cervi dal 2009 al 2016; alla divisione fu conferita una sua autonomia e un suo conto economico, con la possibilità di investire in altre società e si consolidò il primato tecnologico e sui contenuti digitali del gruppo Espresso, in Italia ma anche in Europa. Dopo due anni da direttore di Wired Italia, e poi alla Stampa, nel 2016 sono rientrato nel gruppo Espresso, che intanto era diventato gruppo GEDI, da direttore generale della nascente GEDI Digital fino al 2019. GEDI Digital era diventata una società autonoma nata scorporando da Elemedia la divisione che si occupava del digitale, cioè la vecchia Kataweb».

Cosa fa oggi GEDI Digital
GEDI Digital continua ad avere diversi ruoli all’interno dell’azienda. È editore delle testate, dei siti di news e delle pagine social esclusivamente digitali, come HuffPost, Formula Passion, ed è editore anche dei prodotti non giornalistici digitali, come AutoXY (un motore di ricerca per comprare e vendere le automobili). GEDI Digital è l’editore anche di tutta la produzione di contenuti digitali della redazione di GEDI Visual, la “redazione multimediale” delle testate del Gruppo GEDI: il lavoro di produzione video e di speciali editoriali di Visual viene poi pubblicato e distribuito dalle testate del gruppo: per esempio i video su Repubblica o sulla Stampa sono prodotti da Digital e realizzati dalla redazione Visual.

GEDI Digital è anche responsabile della tecnologia del gruppo: dei giornali cartacei, digitali, delle radio e della concessionaria pubblicitaria, che si chiama Manzoni. Si occupa, per esempio, di comprare i cellulari aziendali, dei computer per le redazioni, del funzionamento della rete internet, dei sistemi di impaginazione del giornale cartaceo. GEDI Digital è anche responsabile del conto economico della parte digitale di tutto il gruppo. Si occupa anche del lavoro attorno agli abbonamenti digitali, della scelta dei prezzi, di marketing e vendita.

E avendo una sua autonomia economica, negli ultimi anni GEDI Digital ha acquistato e investito in diversi progetti di informazione o brand digitali, giornalistici e non.

Gli investimenti nelle società esterne
Non è però del tutto chiaro quali e quante siano le acquisizioni del gruppo nel digitale perché non tutte vengono comunicate pubblicamente, ed è stato l’ambito di maggior vivacità del gruppo negli ultimi anni (insieme, in negativo, alla cessione dei molti quotidiani locali). Già nel 2013 il gruppo Espresso aveva rilevato il 51% del sito MyMovies, che si occupa di cinema e che con 223 mila utenti unici quotidiani oggi è il primo “sub brand” tra quelli che contribuiscono alla misurazione del traffico complessivo del sito di Repubblica (dati Audicom novembre 2023): un contributo maggiore di quelli delle sezioni Sport, Economia o Spettacoli del sito. Nel 2021 GEDI ha acquisito l’80% di Alfemminile, che si inserisce aggiornandola nell’antica categoria dei “femminili”, e che nel maggio di quest’anno ha ribattezzato fem (89 mila utenti unici quotidiani). Nella stagione 2023/24 fem (che ora è una società completamente controllata da GEDI Digital) è anche sponsor sulle maglie della squadra di calcio femminile della Juventus, di proprietà della stessa società che possiede GEDI.

Nel luglio del 2022 GEDI Digital ha annunciato l’acquisto del 30% della società Stardust, che si occupa di costruire e sfruttare la popolarità di “influencer” e “creator”. Nell’ottobre del 2022 è stato diffuso l’accordo di acquisizione dell’80% di DriveK, un portale per la compravendita di automobili attivo in Italia, Francia, Spagna e Germania, che si aggiunge a AutoXY, altro motore di ricerca per comprare le auto, rilevato nel 2021. All’inizio del 2023 ha acquistato il sito Formula Passion (60 mila utenti unici quotidiani), che si occupa di eventi automobilistici (come la Formula 1 e la MotoGP) e in generale di motori: viene descritto come il «più importante portale italiano interamente dedicato al motorsport e alla Formula 1» ed è «un magazine online multilingue che raggiunge oltre 18 milioni di utenti unici al mese». Ha circa 15 mila follower su Instagram e 20 mila iscritti su YouTube.

Ci sono poi alcune operazioni che GEDI Digital non ha comunicato pubblicamente, ma che ha confermato al Post. Nel 2023 GEDI Digital ha rilevato VD News, un progetto di informazione attivo soprattutto con inchieste video sui diritti, sul sociale e sul clima (su Instagram ha poco più di 300 mila follower, su TikTok circa 350 mila, su YouTube circa 35 mila iscritti): l’editore di VD News risulta essere Alfemminile ed è una «Società soggetta all’attività di direzione e coordinamento di GEDI Gruppo Editoriale S.p.A.».

Il sito di news che si occupa di economia e sport Calcio e Finanza ha scritto che GEDI Digital ha investito circa 500 mila euro per il 10% della testata giornalistica sportiva Cronache di spogliatoio (che ha circa 1,3 milioni di follower su Instagram). Negli ultimi mesi Cronache di spogliatoio ha acquisito i diritti per la trasmissione esclusiva di alcune partite di calcio trasmesse sul suo canale YouTube, che ha circa 400 mila iscritti: a dicembre ha acquistato i diritti del Mondiale per club e per due competizioni di calcio spagnolo, la Supercoppa e la Coppa del Re (questo investimento è stato particolarmente commentato dalla redazione di Repubblica, che ha accusato l’azienda di sproporzioni di priorità).

Ci sono altri tre progetti in cui GEDI Digital ha investito e che generalmente realizzano contenuti, post e articoli più leggeri. La pagina di intrattenimento Il Milanese Imbruttito ha quasi due milioni di follower su Facebook e centinaia di migliaia sulle altre piattaforme, è di proprietà di Shewants, in cui, al 27 aprile 2023, GEDI Digital risulta avere il 30% delle quote. Anche la pagina di intrattenimento calcistico Che Fatica La Vita Da Bomber, attiva prevalentemente su Instagram dove ha anche account tematici su diversi sport, è di proprietà di Milo4 in cui, al 14 febbraio 2023, GEDI Digital ha quote per il 25%. Whoopsee è un sito di news su celebrità, gossip e moda che, secondo i due fondatori Franco Villa e Francesca Muggeri, cerca «di ricalcare le orme del modello di business internazionale di TMZ e Page Six». Whoopsee è di proprietà di UnaLuna in cui, al 29 novembre 2023, GEDI Digital ha quote per il 14,42%. Tutti e tre fanno parte dell’offerta della concessionaria Manzoni di proprietà del gruppo GEDI.

Il significato degli investimenti
La strategia di acquisizioni e investimenti di GEDI Digital sembra essere quella di rilevare siti o progetti giornalistici e non, che si occupano di temi su cui GEDI è meno presente, con un notevole seguito sui social media, con un numero ridotto di dipendenti – e quindi limitati costi operativi – e che possono integrarsi nella raccolta pubblicitaria del gruppo (nel conteggio del traffico online relativo a Repubblica sono inclusi alcuni di questi siti, più altri di cui la concessionaria del gruppo, Manzoni, è venditrice).

Nel settembre 2023 è cambiato l’amministratore delegato di GEDI Digital: ha lasciato l’incarico Daniele Bianchi, in carica dal 2019, sostituito da Fabiano Begal, che era amministratore delegato di GEDI News Network dove si occupava della gestione della Stampa e dei quotidiani locali. Fabiano Begal dice al Post che «con questa serie di iniziative, che coprono aree di mercato emergenti e raggiungono nuovi segmenti di lettori e utenti, GEDI intende cogliere ulteriori occasioni di crescita a corollario dell’obiettivo prioritario: guidare la transizione digitale nel settore news, per rafforzare l’attività giornalistica delle nostre testate, che possono ora produrre e distribuire informazione di qualità su ogni piattaforma. E dall’esperienza delle nostre radio (Deejay, Capital e M2O) è nata OnePodcast, che in appena due anni è diventata il principale player del settore audio digitale, dando voce, tra l’altro, alle più importanti firme del gruppo».

OnePodcast ha diversi ruoli in GEDI: è un’app che raccoglie in unico catalogo i podcast del gruppo, si occupa di realizzare podcast originali, offre servizi per aziende terze. L’app esiste da circa due anni e ospita serie come Elisa True Crime (storie di crimini e omicidi), Tintoria (comico), La Scomparsa (sulla storia di Emanuela Orlandi) e di informazione e approfondimento con giornalisti come Massimo Giannini, Laura Pertici e Annalisa Cuzzocrea.

Lelio Simi, giornalista che si occupa di media e innovazione e autore della newsletter Mediastorm, dice al Post che per quanto riguarda le acquisizioni e le partecipazioni «in generale mi sembrano investimenti verticali: temi femminili, sport, automobile, sono argomenti che raccolgono interesse sul web e sembrano investimenti per espandere la raccolta pubblicitaria del gruppo. Quello pubblicitario è un modello economico che è in crisi ma è ancora importante nei bilanci degli editori e resta difficile rinunciarci. Oggi però il modello di business adottato dalla gran parte dei giornali del mondo è quello degli abbonamenti o delle membership. In Italia invece mi sembra che siamo ancora nella fase in cui si cerca di aggregare un gran numero di persone con la speranza che queste diventino poi abbonate, ma senza una strategia funzionante. La maggior parte degli abbonamenti ha prezzi stracciati con almeno due controindicazioni: continuano a far diminuire la percezione del valore delle notizie che offre il giornale e difficilmente manterrà l’abbonato quando il prezzo dell’abbonamento diventerà pieno».

Sul finire del 2022 GEDI Digital ha ceduto ad Accenture, una delle più importanti multinazionali di consulenza, due rami dell’azienda, chiamati “Operations Multimediali” e “Demand & Delivery”, in cui lavoravano 65 persone. Dopo la cessione, GEDI ha concluso un accordo con Accenture per l’acquisto di alcuni servizi, esternalizzando quindi una parte del lavoro tecnologico. Secondo Simi «dall’esterno, l’accordo di GEDI con Accenture appare un indebolimento per GEDI rispetto ai servizi che può sfruttare in casa o per quelli che può offrire all’esterno. Per esempio, è più facile mantenere gli abbonati se in casa hai sviluppato tecnologie che migliorano l’esperienza utente, ma nel momento in cui demandi questi servizi all’esterno rischi di dipendere da soggetti terzi per strategie oggi fondamentali e, di conseguenza, essere meno competitivo nel medio-lungo termine: spesso mi sembra che molti giornali italiani abbiano una strategia a breve termine con lo scopo del contenimento dei costi. I verticali in cui GEDI Digital ha investito hanno un seguito notevole sui social ma abbiamo visto in questi anni con i casi internazionali di BuzzFeed e Vice che il culto dei numeri non ha sempre esiti positivi per l’aspetto economico. Se non investi in tecnologia diventa davvero complicato convertire i visitatori e i follower in abbonati paganti e il rischio è che i siti di news diventino dei grandi contenitori di pubblicità».