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  • Sabato 20 gennaio 2024

In Irlanda del Nord va tutto male

Da quasi due anni non si riesce a trovare un accordo per formare un governo, e anche per questo decine di migliaia di dipendenti pubblici sono sottopagati

Alcuni poster della campagna elettorale del 2022 a Belfast (AP Photo/Peter Morrison)
Alcuni poster della campagna elettorale del 2022 a Belfast (AP Photo/Peter Morrison)
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Giovedì in Irlanda del Nord hanno scioperato più di 170mila lavoratori, quasi un quinto dell’intera forza lavoro della nazione: quasi tutti i servizi finanziati dal governo, tra cui scuole, trasporti pubblici e servizi d’assistenza sanitaria non d’emergenza, hanno smesso di funzionare per una giornata. I lavoratori hanno chiesto soprattutto di ottenere gli aumenti di stipendio che sono loro dovuti da mesi grazie ad accordi sindacali che si applicano a tutto il Regno Unito, ma che i dipendenti pubblici dell’Irlanda del Nord non hanno ancora ricevuto per via della crisi politica in corso da quasi due anni.

Il funzionamento del governo dell’Irlanda del Nord, che è una delle quattro nazioni che compongono il Regno Unito e ha un certo grado di autonomia, è sancito dall’accordo del Venerdì Santo, storico trattato del 1998 che pose fine ai cosiddetti “Troubles”, il periodo di violenze tra indipendentisti e unionisti nordirlandesi in cui per oltre trent’anni, tra la fine degli anni Sessanta e la fine dei Novanta, vennero compiuti attentati terroristici in tutto il paese.

L’accordo prevede che il governo funzioni solo se i principali partiti dell’Irlanda del Nord riescono a stipulare un accordo di condivisione del potere. In questo contesto, il primo ministro e i vice primi ministri hanno pari poteri: uno deve per forza essere unionista (quindi favorevole al fatto che l’Irlanda del Nord rimanga nel Regno Unito) e l’altro nazionalista (quindi favorevole alla riunificazione con l’Irlanda). Il gabinetto, ovvero l’organo esecutivo, dev’essere a sua volta composto da partiti unionisti e nazionalisti: esiste quindi un sistema che determina la proporzione in cui ciascuno viene rappresentato in base ai seggi conquistati da ogni partito.

Da quasi due anni, però, l’Irlanda del Nord è senza un governo perché il DUP, partito unionista di destra che dalla Brexit in poi ha perso consensi, si rifiuta di partecipare all’accordo di formazione del potere, principalmente come forma di protesta contro alcune decisioni incluse nel compromesso tra Unione Europea e Regno Unito nel contesto di Brexit. Il DUP, che alle più recenti elezioni è arrivato al secondo posto dopo il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin, è considerato uno dei partiti più testardi e meno abituati al compromesso d’Europa, e finora nessun tentativo di convincerlo ad accettare un accordo ha funzionato.

– Leggi anche: In Irlanda del Nord i “Troubles” non sono mai finiti del tutto

Il governo britannico potrebbe decidere di risolvere la crisi attivando un sistema temporaneo di “governo diretto” da Londra, come già accaduto per vari decenni nel Ventesimo secolo e poi di nuovo tra il 2002 e il 2007, quando ci fu un’altra crisi nel sistema di condivisione del potere. Finora, però, il sottosegretario di Stato per l’Irlanda del Nord Chris Heaton-Harris si è rifiutato di farlo.

La mancanza di un governo sta causando seri problemi agli abitanti dell’Irlanda del Nord, che è già la più povera delle quattro nazioni britanniche. Una delle questioni centrali è quella dei salari di decine di migliaia di persone che lavorano nel settore pubblico, che non possono essere aumentati perché il Tesoro britannico (il dipartimento responsabile per lo sviluppo e l’esecuzione delle politiche di finanza pubblica) sta trattenendo i fondi necessari ad aumentare gli stipendi e pagare le pensioni fino a quando non verrà formato un governo in Irlanda del Nord.

A dicembre Heaton-Harris aveva proposto ai partiti irlandesi di sbloccare una parte di questi fondi ed erogarne altri straordinari per un totale di 3,3 miliardi di sterline, in cambio della formazione del governo. Il leader del DUP, Jeffrey Donaldson, si era detto contento del compromesso, ma non è riuscito a convincere un numero sufficiente di compagni di partito ad accettare l’accordo.

Ora, Heaton-Harris ha cominciato a minacciare di indire nuove elezioni anticipate per il parlamento nordirlandese. Ma dall’inizio della crisi politica ci sono già state delle elezioni parlamentari – quelle dello scorso maggio, in cui vinse Sinn Féin – e questo non ha aiutato a cambiare la situazione. Secondo Politico, anzi, a questo punto Donaldson non sta più cercando di trovare un accordo perché teme che farlo vorrebbe dire perdere altri voti alle prossime elezioni, probabilmente a favore del Traditional Unionist Voice, un partito unionista ancora più radicale e ha già affermato che si rifiuterà di cooperare con Sinn Féin in qualsiasi circostanza.

Per far sì che i dipendenti pubblici della nazione e i servizi che dipendono dal governo siano finanziati un po’ meglio, intanto, gli esperti ritengono che Heaton-Harris approverà nelle prossime settimane un decreto d’emergenza che gli permetterà di avere qualche potere diretto in più sull’Irlanda del Nord. La risoluzione della crisi nell’Irlanda del Nord non è però una delle priorità del governo britannico, controllato dai Conservatori, che sta attraversando un lungo periodo di calo di popolarità e secondo i sondaggi verrà sconfitto con ogni probabilità nelle prossime elezioni nazionali, che saranno quest’anno anche se non si sa ancora la data.

– Leggi anche: Il più lungo sciopero di sempre del personale sanitario britannico