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  • Martedì 16 gennaio 2024

Trump ha stravinto le primarie in Iowa

Ha superato il 50 per cento dei voti mentre i suoi principali avversari si sono annullati a vicenda: le primarie per lui non potevano cominciare meglio

di Francesco Costa

Donald Trump festeggia la vittoria ai caucus del Partito Repubblicano in Iowa. (Chip Somodevilla/Getty Images)
Donald Trump festeggia la vittoria ai caucus del Partito Repubblicano in Iowa. (Chip Somodevilla/Getty Images)

L’ex presidente Donald Trump ha vinto largamente i caucus del Partito Repubblicano statunitense in Iowa, il primo stato in cui gli elettori del partito hanno avuto la possibilità di scegliere chi candidare alle presidenziali del prossimo 5 novembre negli Stati Uniti.  Trump ha ottenuto il 51 per cento, seguito dai suoi principali sfidanti: Ron DeSantis, governatore della Florida, con il 21,2 per cento; Nikki Haley, ex governatrice del South Carolina, con il 19,1 per cento. L’imprenditore Vivek Ramaswamy ha ottenuto il 7,7 per cento e ha annunciato il suo ritiro. Anche al di là della vittoria, per Trump è il miglior risultato possibile.

Negli Stati Uniti le primarie sono obbligatorie, ma le regole cambiano da stato a stato e da partito a partito. I caucus sono una forma di consultazione più articolata del normale “voto al seggio”: quest’anno le regole del Partito Repubblicano in Iowa prevedevano che gli elettori raggiungessero i seggi alle 19 e che votassero dopo aver ascoltato un intervento a favore di ogni candidato. Dal momento che non permettono grande flessibilità, al contrario di una normale elezione in cui i seggi restano aperti tutto il giorno, solitamente i caucus premiano i candidati più organizzati o quelli con i sostenitori più motivati.

Alla vigilia del voto in Iowa, nessuno metteva in discussione la vittoria di Trump: da mesi i sondaggi gli attribuivano un largo vantaggio sui suoi avversari, che peraltro tentavano di contendersi il suo elettorato evitando di porsi in aperta contrapposizione con lui e pensavano soprattutto ad attaccarsi a vicenda. Le incognite sui caucus dell’Iowa erano due: se il voto avrebbe confermato l’ampiezza del vantaggio di Trump e quindi l’assenza di una vera competizione, e chi tra DeSantis e Haley sarebbe riuscito ad arrivare secondo e quindi a provare a imporsi come unica alternativa.

I caucus dell’Iowa non forniscono sentenze definitive sul Partito Repubblicano o sul paese in generale: hanno votato circa 110.000 persone sui 750.000 elettori Repubblicani – erano state 185.000 nel 2016 e 122.000 nel 2012 – in uno stato che ha tre milioni di abitanti. I risultati confermano però la grande presa dell’ex presidente Trump sul pezzo più motivato della base del partito, nonostante il grande freddo e le tempeste di neve che si pensava potessero scoraggiare parte dei suoi elettori; ed è una vittoria storica, perché non era mai accaduto che qualcuno vincesse le primarie del Partito Repubblicano in Iowa con più di 13 punti di vantaggio. I suoi principali avversari, poi, si sono annullati a vicenda.

Nelle ultime settimane Nikki Haley era data in ascesa in New Hampshire, dove aveva investito molte energie e risorse: uno stato più congeniale alle sue idee politiche e il prossimo in cui si vota per le primarie, tra una settimana. Haley non aveva puntato granché sui caucus dell’Iowa, ma se fosse arrivata seconda avrebbe potuto presentarsi credibilmente come l’unica vera alternativa a Trump e magari sperare in un ritiro di DeSantis, per provare a vincere in New Hampshire e arrivare quindi di slancio alle primarie ancora successive che si tengono nel suo stato di casa, il South Carolina. Non è successo, e ora rischia di nuovo di spartirsi i voti con DeSantis a vantaggio di Trump.

Ron DeSantis, invece, aveva puntato tutto sull’Iowa, investendoci molto e battendo per mesi contea dopo contea nella speranza di ottenere un grande risultato che potesse lanciarlo anche negli stati successivi: ma la sua campagna elettorale non ha mai ingranato e DeSantis non è mai apparso in grado di competere con Trump, che peraltro negli ultimi giorni aveva cominciato ad attaccare duramente. Per quanto abbia difeso il secondo posto dall’ascesa di Haley, DeSantis non ha ottenuto in Iowa un risultato che possa plausibilmente renderlo competitivo anche nei prossimi stati in cui si voterà.

L’Iowa è uno stato rurale del Midwest degli Stati Uniti, per tradizione quello da cui cominciano le primarie: la sua popolazione è prevalentemente bianca, i settori industriali più importanti sono l’agricoltura e il bestiame. Fino al 2010 era considerato tendenzialmente Democratico, ma negli ultimi anni è diventato lo stato americano a essersi più spostato a destra. Il suo elettorato è storicamente sensibile ai candidati populisti, di entrambi i partiti; nel caso dei Repubblicani hanno un grosso peso i gruppi religiosi evangelici, che sostengono Trump con entusiasmo e denaro. Al contrario di quanto accaduto in passato, quando la campagna elettorale per le primarie in Iowa si concentrava soprattutto su temi locali, stavolta la campagna è stata dominata da temi nazionali: l’inflazione, l’immigrazione e i molti guai giudiziari del presidente Trump.

Le primarie proseguono in New Hampshire il 23 gennaio, in Nevada tra il 6 e l’8 febbraio e in South Carolina il 24 febbraio; il voto stato per stato proseguirà fino a primavera inoltrata, ma il risultato dell’Iowa conferma la grande presa dell’ex presidente Donald Trump sul segmento più attivo e motivato dell’elettorato conservatore statunitense, e rende la sua candidatura alle elezioni di novembre pressoché scontata, salvo clamorose sorprese.

Anche il Partito Democratico farà le primarie, ma non ci sono candidati con un sostegno rilevante oltre a Joe Biden – come accade quasi sempre quando tra i candidati c’è un presidente in carica – e le regole prevedono che la prima consultazione riconosciuta dal partito si tenga in South Carolina il prossimo 3 febbraio. Una delle conseguenze del voto in Iowa potrebbe essere però proprio sancire l’irrilevanza di queste primarie: e dare immediatamente inizio alla campagna elettorale per le presidenziali di novembre fra Joe Biden e Donald Trump, gli stessi candidati del 2020.