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  • Mercoledì 3 gennaio 2024

Che ne sarà poi del Villaggio Olimpico di Parigi?

Si trova a nord del centro e il governo francese vuole farlo rientrare in un piano di miglioramento delle banlieue: sarà convertito in un nuovo quartiere con case, negozi e spazi verdi

Rendering del Villaggio Olimpico a Saint-Ouen (Solideo/Nexity Eiffage Immobilier CDC)
Rendering del Villaggio Olimpico a Saint-Ouen (Solideo/Nexity Eiffage Immobilier CDC)
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Quando Parigi fu selezionata per ospitare le Olimpiadi e le Paralimpiadi estive del 2024, il governo francese promise che avrebbe ridotto sprechi e spese rispetto alle edizioni precedenti e che l’impatto degli interventi sul territorio sarebbe stato positivo e duraturo. Il tema dell’impatto positivo è in discussione da molti mesi sui giornali francesi, e non solo: la ministra dello Sport Amélie Oudéa-Castéra ne ha fatto uno dei requisiti cardine che dovranno contribuire al successo dell’evento, e anche la Corte dei Conti francese si è espressa in questo senso. Serviranno anni per misurare concretamente queste conseguenze, ma per ora sembra esserci fiducia anche per gli investimenti fatti nel nord di Parigi, dove sorgerà il Villaggio Olimpico.

Attrezzare le città per ospitare i Giochi è costoso e ci sono diversi esempi che dimostrano come gran parte degli edifici, delle strutture e degli spazi appositamente costruiti rimanga poi abbandonata e in rovina. Ad Atene, che aveva ospitato le Olimpiadi del 2004, quasi tutte le strutture vennero realizzate senza un piano per il loro riutilizzo futuro. È anche per questo motivo che nel tempo sempre più paesi e più città si sono ritirate dalla corsa per ottenere il diritto ad accogliere i Giochi.

Parigi si era candidata promettendo che non avrebbe speso più 6,2 miliardi di euro per i Giochi e le opere collegate (un budget relativamente modesto rispetto agli standard recenti). Aveva assicurato che il 95 per cento delle infrastrutture sarebbe stato di due tipi: o costituito da strutture già esistenti, oppure da strutture da costruire ma con un preciso piano che prevedeva fin da subito un loro utilizzo post-olimpico.

Tra queste ultime c’è il Villaggio Olimpico che ospiterà più di 14mila atleti e atlete. A fine dicembre, durante una conferenza stampa sull’avanzamento dei lavori, l’ingegnere Nicolas Ferrand alla guida di Solideo, la società pubblica incaricata della realizzazione delle costruzioni definitive e temporanee che ospiteranno i Giochi, aveva detto che le scadenze nel complesso erano state rispettate e che il Villaggio Olimpico e Paralimpico era stato completato. Le chiavi, aveva aggiunto Ferrand, saranno consegnate al Comitato organizzatore a inizio marzo, che poi provvederà ad arredare gli interni.

Il Villaggio è un complesso abitativo costruito lungo la riva della Senna dove prima si trovavano soprattutto edifici industriali e magazzini. È situato all’intersezione di tre comuni a nord di Parigi: Saint-Ouen-sur-Seine, Saint-Denis e L’Île-Saint-Denis, alcune delle zone più povere della Francia dove vivono soprattutto persone migranti o francesi di terza o quarta generazione, dove il tasso di disoccupazione è superiore alla media e le discriminazioni razziali sono un problema quotidiano. Circa l’80 per cento degli investimenti fatti per i Giochi sono stati spesi proprio in queste zone, scelte perché erano già al centro di un ampio progetto di ristrutturazione.

Una volta terminate le Olimpiadi, il Villaggio lascerà posto a un quartiere con abitazioni, negozi, strutture sportive, scolastiche e spazi verdi. Nei comuni di Saint-Denis e Saint-Ouen ci saranno quasi 2mila nuove case di cui almeno il 25 per cento sarà di case popolari. Altre 750 unità abitative saranno invece dedicate in modo specifico a studenti e anziani. Sull’Île-Saint-Denis i nuovi alloggi saranno 320, di cui 90 case popolari, mentre 130 camere saranno lasciate agli studenti. In totale è stato calcolato che ci saranno case per circa 6mila persone e uffici per almeno 6mila lavoratori e lavoratrici.

Uno degli obiettivi principali del Villaggio è anche riconciliare la periferia settentrionale di Parigi con la Senna attraverso la riapertura permanente di tratti di sponda finora trascurati.

Le periferie francesi furono create alla fine dell’Ottocento per ospitare le grandi fabbriche e le classi lavoratrici. Crebbero rapidamente e spesso in modo disordinato, soprattutto negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, quando il governo francese iniziò a occuparsi di edilizia popolare e a costruire, tra il 1945 e il 1975, migliaia di palazzine alla periferia delle città. Originariamente progettati per le famiglie della classe medio-bassa, questi luoghi erano anche fortemente politicizzati: erano cioè abitati dalla base dei movimenti operai, sostenuti da partiti e sindacati.

Con la crisi del modello industriale negli anni Ottanta, la perdita di forza sociale e politica della classe operaia, l’elevata disoccupazione e poi la fine del colonialismo francese, queste aree furono sempre più occupate da comunità di persone migranti a basso reddito.

I sindaci dei comuni coinvolti nelle nuove infrastrutture per i Giochi pensano che questi progetti cambieranno l’immagine delle banlieue parigine, che non saranno più considerate solo come luoghi che forniscono servizi di poco valore alla capitale (“banlieue” è una parola che significa “sobborgo”, e indica proprio le periferie delle grandi città francesi).

– Leggi anche: La questione delle banlieue

Saint-Ouen-sur-Seine è una cittadina di quasi 60mila abitanti: è un’area densamente popolata, tradizionalmente legata al movimento operaio, dove quasi il 70 per cento della popolazione ha meno di 45 anni.

Il sindaco, Karim Bouamrane, socialista e di origine marocchina, ha detto al Guardian che le Olimpiadi e le Paralimpiadi potrebbero portare «un’ondata di speranza». I progetti di riqualificazione accelerati dai Giochi includono nuovi spazi verdi, il miglioramenti degli edifici scolastici, nuovi servizi pubblici e l’apertura del lungofiume: «Troppo spesso le persone, e anche i partiti di sinistra, hanno pensato che la bellezza fosse solo per le classi più alte. La mia opinione è che, provenendo dalla classe operaia, la bellezza sia un’arma per dare orgoglio, identità e rendere felici le persone».

Mathieu Hanotin, sindaco socialista della vicina Saint-Denis, ha giudicato a sua volta come positiva la scelta di non costruire un quartiere dal nulla e di intervenire su un territorio che ne aveva necessità.

Isabelle Backouche è una storica dell’École des hautes études en sciences sociales (EHESS, la Scuola di studi superiori in scienze sociali) con sede a Parigi. Ritiene che le opere legate ai Giochi facciano parte di uno sforzo più ampio per colmare il profondo divario tra la capitale francese e i suoi comuni confinanti e più poveri: «Parigi e la sua banlieue sono due spazi molto diversi, per lungo tempo sono stati isolati l’uno dall’altro da fortificazioni. Parigi è rimasta chiusa dietro un muro e un fossato fino alla fine della Prima guerra mondiale, quindi il divario era fisico ed evidente». Più tardi nel Ventesimo secolo, la separazione tra Parigi e le aree circostanti divenne soprattutto politica, con la destra che dominava la capitale e la sinistra che invece trovava spazio nella periferia.

Secondo Backouche, il grande progetto di nuovi trasporti pubblici che dovrebbe concludersi nel 2030, il Grand Paris Express, e i cambiamenti innescati dai Giochi Olimpici potrebbero contribuire a colmare questo storico divario, anche se sarà necessario aspettare qualche anno per averne la conferma.

Non tutti però hanno accolto positivamente le politiche del governo per la preparazione ai Giochi. Per esempio diversi movimenti, associazioni e organizzazioni non governative riunite in una rete chiamata «L’altra faccia della medaglia» hanno parlato di «pulizia sociale» per indicare le operazioni di sgombero già avviate in molti spazi abitativi occupati da persone migranti o da senzatetto nel dipartimento di Seine-Saint-Denis dove si trovano Saint-Ouen-sur-Seine, Saint-Denis e L’Île-Saint-Denis cioè i comuni coinvolti nella realizzazione del Villaggio Olimpico.

Il governo ha negato che ci fosse un legame tra gli sfratti e le Olimpiadi, ma molti attivisti, avvocati e assistenti sociali hanno sostenuto che le misure fossero un tentativo di migliorare il modo in cui la zona si presenterà ai turisti e agli spettatori, a costo di lasciare molti e molte senza casa.