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  • Mercoledì 20 dicembre 2023

Le grosse concessioni di Macron all’estrema destra

Marine Le Pen ha definito la nuova legge sull'immigrazione una «vittoria», e questo sta creando grossi problemi nella maggioranza

Emmanuel Macron e Marine Le Pen nel 2022 (EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT)
Emmanuel Macron e Marine Le Pen nel 2022 (EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT)
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L’approvazione della contestata riforma dell’immigrazione da parte del parlamento francese martedì sera ha provocato una crisi all’interno della maggioranza di centrodestra del presidente Emmanuel Macron: 59 dei 251 deputati che compongono la maggioranza hanno votato contro o si sono astenuti, mentre la legge è stata votata da tutti i partiti di destra, e soprattutto dal Rassemblement National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen, che ha sostenuto esplicitamente la legge. La misura prevede forti limitazioni ai diritti dei migranti e al sistema di accoglienza, tanto che Le Pen l’ha definita una «vittoria ideologica» per il suo partito.

Il voto ha creato grosse divisioni all’interno della maggioranza, con la sua parte più moderata che ha percepito l’approvazione della legge come una concessione eccessiva alle istanze dell’estrema destra: tra le altre cose, mercoledì il ministro della Sanità Aurélien Rousseau si è dimesso per protesta. In un editoriale pubblicato mercoledì mattina il quotidiano Le Monde, il più letto giornale del paese, ha definito l’approvazione della legge una «rottura politica e morale» provocata dal fatto che, per far passare il suo progetto, il governo «ha aumentato il numero di concessioni alla destra, dando vita a un testo le cui misure, degne di un volantino del Rassemblement National, mettono in discussione princìpi repubblicani fondamentali come l’uguaglianza dei diritti sociali e lo jus soli».

La legge era stata presentata dal ministro dell’Interno di centrodestra Gérald Darmanin come un compromesso tra un maggiore controllo dell’immigrazione irregolare e una semplificazione e ampliamento dei percorsi di integrazione. Tuttavia, nel corso del dibattito parlamentare era stata ampiamente modificata fino a contenere nella sua versione finale molte norme richieste dall’estrema destra. La riforma riduce per esempio l’accesso ai sussidi per le persone migranti, crea delle quote di immigrazione annuali che fino ad ora non esistevano in Francia e stabilisce che le persone con doppia cittadinanza condannate per gravi reati possano perdere quella francese. Il governo deve inoltre presentare ogni anno la sua politica migratoria al parlamento.

Le opposizioni di sinistra e parte della maggioranza hanno ritenuto che la presentazione di questo testo da parte di un ministro di Renaissance, il partito di Emmanuel Macron, fosse stata un’eccessiva concessione alla destra, non solo al Rassemblement National ma anche ai Républicains, un partito fondato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy che sostiene il governo dall’esterno e che nell’ultimo periodo si è spostato sempre più a destra.

In risposta alle polemiche, il ministro Darmanin ha scritto su X (Twitter) che non è vero che la legge è passata grazie al Rassemblement National, e che la maggioranza a favore della riforma sarebbe stata sufficiente anche senza i voti dell’estrema destra. In realtà, la legge non sarebbe passata se il Rassemblement National avesse votato contro, ma solo se si fosse astenuto: in ogni caso, dunque, il partito di Le Pen avrebbe dovuto dare un assenso implicito alla riforma e non contrastarla.

La legge ha generato anche dubbi di costituzionalità: Sacha Houlié, deputato di Renaissance e presidente della Commissione giuridica all’Assemblea Nazionale, ha detto che il testo approvato contiene «una trentina» di norme di incerta costituzionalità, che dovranno essere analizzate dal Consiglio costituzionale, che controlla la legittimità delle leggi emanate dal parlamento francese. Perfino la prima ministra Elisabeth Borne, che pure è sempre stata favorevole alla riforma, dopo la sua approvazione ha espresso qualche dubbio in un’intervista a France Inter, una delle principali radio francesi.

Il dibattito provocato dall’approvazione della legge sull’immigrazione si inserisce in uno più ampio sullo spostamento a destra delle politiche di Emmanuel Macron: nel 2017 e ancora nel 2022, Macron si era presentato alle elezioni presidenziali come l’unica alternativa all’influenza crescente dei partiti di estrema destra. Negli ultimi anni, tuttavia, Macron e i governi guidati dal suo partito hanno spesso adottato posizioni simili a quelle della destra e perfino della destra estrema: in parte per rispondere alla crescita dei consensi di Marine Le Pen, e in parte perché l’attuale governo di Macron – che è un governo di minoranza – ha bisogno del sostegno esterno del centrodestra dei Républicains.

Attualmente il partito di Marine Le Pen è primo nei sondaggi delle elezioni europee, che si terranno nel giugno del 2024.

Anche per questo Macron e i suoi ministri hanno emanato leggi recenti che sembrano seguire la retorica anti-musulmana e anti-immigrazione di Rassemblement National. Per esempio, oltre alle legge sull’immigrazione appena approvata, quest’estate si erano create grosse polemiche perché il ministro dell’Istruzione Gabriel Attal aveva vietato di indossare nelle scuole pubbliche francesi l’abaya, un abito della tradizione mediorientale che però secondo il governo era un simbolo religioso musulmano, che quindi non poteva essere indossato a scuola nell’ambito della cosiddetta legge sulla laicità. Anche il Consiglio francese per il culto musulmano (CFCM) aveva affermato che l’abaya «non è un segno religioso musulmano», ma questo non era bastato per bloccare l’introduzione del divieto. Poiché è discutibile definire l’abaya come un simbolo religioso, la decisione del governo era stata accolta come una discriminazione nei confronti delle ragazze musulmane.