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  • Giovedì 19 ottobre 2023

Che cos’è il Jihad Islamico

Il secondo gruppo armato più grande della Striscia di Gaza, che ha partecipato agli attacchi del 7 ottobre insieme ad Hamas, considera la guerra contro Israele l'unico mezzo per liberare la Palestina

Una parata dei militanti del Jihad Islamico ad agosto (AP Photo/Adel Hana)
Una parata dei militanti del Jihad Islamico ad agosto (AP Photo/Adel Hana)
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Non ci sono ancora certezze sui responsabili dell’esplosione all’ospedale al Ahli di Gaza: le autorità palestinesi continuano ad accusare Israele, ma l’ipotesi che sembra sempre più concreta è che c’entri un razzo lanciato dal Jihad Islamico, gruppo radicale armato dalla Striscia che tra le altre cose aveva affiancato Hamas nell’attacco nel sud di Israele del 7 ottobre.

Il Jihad Islamico è il secondo gruppo armato più grande nella Striscia di Gaza dopo Hamas: è considerato un gruppo terroristico da Israele, dagli Stati Uniti e dalla gran parte dei paesi europei. A differenza di Hamas, il suo ambito di azione non include praticamente la politica ed è concentrato soprattutto sulla lotta armata. Il gruppo non ha sviluppato nemmeno grandi capacità amministrative o di sostegno alla vita quotidiana della popolazione della Striscia, rifiuta ogni discussione o negoziato che possa portare alla pace con Israele e ritiene la sconfitta militare di Israele l’unico mezzo per ottenere il suo obiettivo: stabilire uno stato islamico nell’intera area della Palestina.

Negli ultimi anni il Jihad Islamico è cresciuto in mezzi e numeri. Le Brigate al Quds sono l’ala militare del gruppo: la loro organizzazione in piccole cellule, coordinate ma indipendenti, rende complesso stimare il numero dei miliziani. La CIA, l’agenzia di intelligence statunitense per l’estero, ritiene che siano almeno mille, altri rapporti li stimano in alcune migliaia. Il suo ruolo nell’attacco del 7 ottobre è stato non decisivo ma importante: attualmente il Jihad Islamico sostiene di avere sotto il suo controllo una trentina di ostaggi israeliani e nelle ultime settimane ha continuato a lanciare razzi verso Israele, dimostrando di possedere un arsenale cospicuo (sarebbe stato proprio uno di questi razzi a colpire per errore il parcheggio dell’ospedale nella città di Gaza martedì sera).

La possibile operazione di terra di Israele, che ha come obiettivo dichiarato di «mettere fine» a Hamas, riguarda anche la leadership e le strutture del Jihad Islamico.

Il Jihad Islamico fu fondato nel 1981 dal medico palestinese Fathi Shaqaqi e dal predicatore musulmano Shaykh Abd al-Aziz Awda, nato nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia. I due fondatori si trovavano allora in Egitto, dove furono ispirati dal movimento islamista dei Fratelli Musulmani e dalla Rivoluzione iraniana del 1979. Nonostante sia un movimento islamista sunnita, i discorsi del religioso sciita Ruhollah Khomeini, leader della rivoluzione in Iran, ebbero un forte impatto sulla sua fondazione e oggi l’Iran è considerato il più grande finanziatore del gruppo.

Un murale a Gaza che ritrae Khader Adnan, militante del Jihad Islamico morto a maggio del 2023 in carcere in Israele dopo tre mesi di sciopero della fame (AP Photo/Fatima Shbair)

Dopo alcuni mesi, i fondatori del Jihad Islamico furono espulsi dall’Egitto e si stabilirono della Striscia, dove iniziarono la lotta armata contro Israele a partire dal 1984. Dal 1988 spostarono la loro sede operativa in Libano e dal 1990 nella capitale siriana Damasco, dove si trova tuttora: esistono sedi distaccate del gruppo anche a Beirut (Libano), Teheran (Iran) e Khartum (Sudan). Il Jihad Islamico reclutò inizialmente attivisti musulmani e studenti dell’Università islamica di Gaza, ma anche membri del partito laico palestinese Fatah e del partito marxista Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

L’obiettivo era fin da subito la distruzione dello stato d’Israele: il PIJ (Palestinian Islamic Jihad) considera il conflitto arabo-israeliano una guerra ideologica e non una disputa territoriale, motivo per cui ha sempre rifiutato ogni tipo di compromesso ed è accusato di aver boicottato ogni tentativo di tregua o riavvicinamento, compresi gli accordi di Oslo del 1993, quelli con cui palestinesi e israeliani si riconobbero per la prima volta come legittimi interlocutori.

Già dalla fine degli anni Ottanta il Jihad Islamico si fece notare per alcuni attacchi suicidi – una tecnica allora non così diffusa – contro civili e soldati israeliani. Nel 1995, dopo due attentati contro obiettivi israeliani, il fondatore e leader del gruppo Fathi Shaqaqi fu ucciso a Malta in un’operazione probabilmente compiuta da agenti israeliani.

Una parata del gruppo per le vie di Gaza, con uno dei razzi usati per attaccare Israele (AP Photo/Fatima Shbair)

Seguì un periodo di forte indebolimento e riduzione delle attività del Jihad Islamico, che recuperò mezzi e miliziani a partire dalla Seconda Intifada, una grande rivolta palestinese armata che fu caratterizzata da attacchi contro israeliani e da attentati terroristici (2000-2005). Il gruppo si rafforzò ulteriormente a seguito della presa del potere di Hamas nella Striscia, nel 2007, dopo una guerra vinta contro Fatah.

Nonostante obiettivi e idee di fondo siano comuni, il Jihad Islamico e Hamas restano gruppi per certi versi rivali, divisi da distanze personali fra i leader, oltre che da differenti convinzioni strategiche. Il Jihad Islamico non ha ambizioni di partecipare al governo della Striscia o della Cisgiordania e preferisce un approccio unicamente militare, limitandosi a favorire il reclutamento attraverso la gestione di alcune scuole.

Fonti statunitensi stimano in decine di milioni di dollari all’anno i fondi ricevuti dal gruppo dall’Iran, ma finanziamenti arrivano anche dalla Siria e da privati. A partire dal 2014, quando lanciò oltre 100 razzi in un anno, la capacità del Jihad Islamico di colpire Israele sembra migliorata, così come la presenza in Cisgiordania: molte delle nuove reclute provengono dai campi profughi di Jenin.

Le intelligence israeliane e occidentali non sanno stimare con certezza quale siano le forze rimaste a disposizione del gruppo dopo l’azione del 7 ottobre: le forze armate israeliane avevano indicato in 1500 i militanti uccisi al termine di quella operazione, fra Hamas (la maggioranza) e Jihad Islamico.

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