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  • Martedì 17 ottobre 2023

Le opposizioni in Polonia non avranno comunque vita facile

Le tre formazioni che hanno vinto le elezioni hanno posizioni distanti e avranno a che fare con il potere consolidato dell'estrema destra

Una manifestazione delle opposizioni prima del voto (AP Photo/Rafal Oleksiewicz)
Una manifestazione delle opposizioni prima del voto (AP Photo/Rafal Oleksiewicz)
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In Polonia le opposizioni al governo di estrema destra hanno vinto le elezioni di domenica, mettendo fine agli otto anni in cui il partito Diritto e Giustizia aveva preso con decisione una deriva semiautoritaria. La vittoria delle opposizioni, il cui principale leader è l’ex primo ministro Donald Tusk, è stata sorprendente e particolarmente importante perché ottenuta in un clima politico apertamente ostile e grazie a una grande partecipazione popolare: l’affluenza finale è stata del 72,9 per cento, la più alta della storia democratica del paese.

Il cambio di direzione politica della Polonia dovrà ora passare dalla formazione di un governo che comprenda le tre principali forze di opposizione: sono formazioni politiche molto diverse fra di loro, con divergenze anche consistenti nei programmi. Trovare un accordo stabile non sarà semplice, anche se nelle dichiarazioni successive al voto dei vari leader sembrano prevalere l’opposizione a Diritto e Giustizia e la volontà comune di rafforzare la democrazia nel paese.

La nuova maggioranza dovrà inoltre confrontarsi con la resistenza delle istituzioni più legate a Diritto e Giustizia, come il presidente della Repubblica Andrzej Duda e la Corte Costituzionale, al momento controllata da giudici vicini al partito che ha governato finora.

Il leader delle opposizioni Donald Tusk (AP Photo/Czarek Sokolowski)

Diritto e Giustizia rimane il primo partito del paese, ma i suoi voti si sono ridotti: il 35,4 per cento non gli permette di formare una maggioranza, nemmeno in coalizione con l’altro partito di estrema destra Konfederacja, che ha ottenuto un risultato deludente rispetto ai sondaggi. Le opposizioni sono invece accreditate di 248-249 seggi nel nuovo parlamento, con un buon margine sui 231 necessari per la maggioranza.

Il partito principale, Coalizione Civica, ha ottenuto il 30,7 per cento dei voti. È formato da Piattaforma Civica, il partito di centrodestra di Tusk, da una serie di altri partiti di area centrista e da una formazione ambientalista. Piattaforma Civica aderisce al Partito Popolare Europeo nel Parlamento Europeo. Già in campagna elettorale aveva preannunciato una probabile alleanza con la coalizione di sinistra (8,6 per cento dei voti), a sua volta formata da Nuova Sinistra, Sinistra Insieme e altri partiti: peraltro in passato anche i leader di queste formazioni si sono mostrati spesso distanti e in contrapposizione tra loro.

La terza componente della nuova maggioranza sarà rappresentata da Terza Via, che comprende il partito centrista Polonia 2050, fondato dal conduttore televisivo Szymon Hołownia, e uno di centrodestra che storicamente rappresenta gli agricoltori: insieme hanno ottenuto il risultato più sorprendente, arrivando al 14,4 per cento dei voti.

Uno dei leader della coalizione Terza Via, Szymon Holownia (Photo by Omar Marques/Getty Images)

Questi tre raggruppamenti sono uniti dalla volontà di smantellare il sistema di potere di Diritto e Giustizia, che ha pervaso la società polacca, a partire dai media: in Polonia ormai giornali e televisioni sono quasi interamente controllati dal governo, direttamente con nomine governative o attraverso la multinazionale del petrolio Orlen, vicina al partito. Ma sono fortemente politicizzati anche tutti i principali consigli di amministrazione delle società a partecipazione statale. Nel programma di Coalizione Civica si leggeva: «Li azzereremo tutti e decideremo le nuove nomine in modo trasparente in base alla competenza, senza che le influenze politiche o i legami familiari siano decisivi».

Sembra più complesso trovare una via comune a livello politico sui grandi temi che sono stati centrali anche nella campagna elettorale delle opposizioni, come ad esempio l’aborto. I partiti di sinistra puntano a una riforma consistente delle leggi che di fatto oggi lo vietano in ogni situazione. Tusk si è espresso in campagna elettorale su posizioni simili, Terza Via ha un approccio più conservatore, dicendosi favorevole ad abolire la legge che lo proibisce anche in caso di gravi malformazioni del feto, ma di voler sottoporre ogni altra possibile modifica a un referendum. Anche per quanto riguarda la Chiesa cattolica, le posizioni dei partiti di sinistra e quelle di Terza Via sembrano difficilmente conciliabili: i primi vorrebbero ridurne l’influenza nelle istituzioni statali, i secondi hanno forti legami con i movimenti e le gerarchie cattoliche.

Le posizioni dei tre raggruppamenti riguardo ai rapporti con l’Unione Europea sono meno divergenti. Negli ultimi anni la Polonia e le istituzioni europee sono state spesso in forte disaccordo. Il Parlamento Europeo ha votato varie risoluzioni per condannare alcune pratiche antidemocratiche polacche, la Commissione ha bloccato 36 miliardi di finanziamenti e prestiti relativi al Recovery Fund, il principale strumento finanziario dell’Unione per contrastare la crisi economica innescata dalla pandemia. Tusk è stato presidente del Consiglio Europeo: il suo europeismo è condiviso e potrebbe facilitare lo sblocco dei fondi.

Ogni legge che dovesse essere approvata dalla nuova maggioranza parlamentare potrebbe però essere bloccata dal presidente Duda o dalla Corte Costituzionale, poiché entrambi hanno potere di veto. Il parlamento può a sua volta aggirare il veto presidenziale con un voto a maggioranza qualificata, ma le opposizioni non hanno i tre quinti dei voti parlamentari necessari per farlo.

Una manifestazione delle opposizioni: nel cartello il leader del partito Diritto e Giustizia Jaroslaw Kaczynski (AP Photo/Rafal Oleksiewicz)

Il ruolo del presidente Duda, ex parlamentare di Diritto e Giustizia, è stato in questi anni più quello di un attore politico legato alla maggioranza che di una figura indipendente ed equidistante. La Costituzione prevede che sia lui a dare l’incarico per provare a formare un nuovo governo, per consuetudine viene indicato il leader del partito che ha ottenuto più voti. Dovrebbe andare così anche in questa occasione, nonostante Diritto e Giustizia non abbia possibilità di trovare i voti parlamentari necessari.

Solo dopo il fallimento di questo tentativo il Parlamento potrà nominare un nuovo primo ministro che dovrà formare il governo. I tempi potrebbero essere lunghi, se Duda dovesse scegliere di sfruttarli appieno: ha un mese per fissare la prima seduta del Parlamento e ulteriori due settimane per dare l’incarico a un candidato primo ministro, che a sua volta ha due settimane per provare a trovare una maggioranza. Le opposizioni potrebbero dover attendere fino a metà dicembre prima di ottenere un incarico.

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