• Konrad
  • Venerdì 14 ottobre 2022

Riuscirà la Polonia a ottenere i soldi del Recovery Fund?

Ci sta provando da più di un anno, ma la Commissione Europea continua a chiedere riforme per rendere più indipendente la magistratura

(Sean Gallup/Getty Images)
(Sean Gallup/Getty Images)
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La Polonia è uno dei pochi paesi dell’Unione Europea insieme all’Ungheria a non avere ancora ricevuto i soldi del Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund, il principale strumento finanziario dell’Unione per contrastare la crisi economica innescata dalla pandemia. La ragione è piuttosto semplice: Ungheria e Polonia sono due stati semi-autoritari che litigano da anni con le istituzioni europee, che in cambio dell’erogazione dei fondi straordinari del Recovery Fund stanno chiedendo qualche riforma verso un sistema più democratico e liberale.

Mentre l’Ungheria ha offerto delle vaghissime rassicurazioni e probabilmente non vedrà mai i soldi del Recovery Fund, la Polonia ha fatto qualche piccola apertura ed è in trattative da mesi per ottenere circa 36 miliardi di euro, che le farebbero molto comodo. Ma al momento è difficile capire se e quando i negoziati si sbloccheranno.

Ormai da diversi anni è in corso uno scontro istituzionale fra il governo polacco guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia e l’Unione Europea. Negli ultimi anni il governo di Diritto e Giustizia ha approvato diverse leggi contro la libertà di informazione, i diritti delle donne e della comunità LGBT+, e ha introdotto diverse riforme della giustizia che di fatto permettono a Diritto e Giustizia di controllare la magistratura e i tribunali polacchi. Lo scorso anno la Polonia aveva fatto sapere, fra le altre cose, che non avrebbe più rispettato la supremazia delle leggi europee su quelle polacche (e quindi anche delle sentenze dei tribunali europei).

L’Unione Europea ha provato più volte a ottenere con le buone che il governo polacco rispettasse i trattati europei in maniera di stato di diritto: fino a pochi mesi fa però non disponeva di strumenti coercitivi efficaci per costringere uno stato membro ad applicare quanto scritto nei trattati e le decisioni dei tribunali europei, che in questi anni hanno condannato più volte la Polonia per varie questioni.

Qualcosa è cambiato nel 2020 quando l’Unione ha approvato un nuovo meccanismo che lega il trasferimento dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto da parte degli stati membri, introdotto grazie a un cavillo che ha aggirato la norma sull’unanimità che di solito richiedono tutte le riforme europee più ambiziose. Il meccanismo è stato applicato per la prima volta a settembre nei confronti dell’Ungheria. Già da un paio di anni, comunque, politici e funzionari dell’Unione Europea hanno realizzato che l’unico modo per provare ad ottenere qualcosa da Polonia e Ungheria è fare leva sui fondi europei, fondamentali per i bilanci di due dei paesi più poveri dell’Unione.

Formalmente il meccanismo che lega il rispetto dello stato di diritto all’erogazione dei fondi europei non riguarda il Next Generation EU: ma dato che il processo decisionale garantisce ampia discrezionalità alla Commissione nel decidere se e quando sbloccare i fondi, la Commissione ne sta approfittando per chiedere comunque alla Polonia di smantellare parzialmente le sue riforme illiberali, se vuole i soldi.

A giugno la Commissione aveva approvato il piano di spesa del governo polacco per il Recovery Fund, cioè il loro Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR), ma aveva inserito al suo interno alcuni obiettivi vincolanti sullo stato di diritto. Aveva imposto per esempio di superare entro la fine del 2022 la controversa commissione disciplinare per i giudici, piena di persone vicine a Diritto e Giustizia, e di garantire un processo d’appello ai giudici condannati dalla commissione disciplinare. Queste e altre indicazioni che la Commissione era riuscita a inserire nel piano furono giudicate piuttosto blande dagli esperti di rispetto dello stato di diritto.

Eppure sembra che la Polonia non le abbia rispettate, e rischi così di non ricevere i soldi concordati. La famigerata commissione disciplinare è ancora in piedi, nonostante abbia cambiato nome. La norma che prescrive la superiorità della legge polacca a quelle europee non è stata cancellata. Un portavoce della Commissione Europea ha detto che «nessun pagamento sarà possibile» se la Polonia non rispetterà gli obiettivi prestabiliti.

Lunedì la ministra dell’Economia polacca, Magdalena Rzeczkowska, ha detto al Financial Times che il governo è «sulla buona strada per ricevere i soldi» e che entro dicembre chiederà formalmente di ricevere la prima rata di fondi: 2,85 miliardi di euro di sussidi e 1,37 miliardi di euro di prestiti.

L’ottimismo di Rzeczkowska però non è stato corroborato da nessuna fonte istituzionale. Se anche riuscisse a ottenere la prima rata dei fondi nei prossimi mesi, la Polonia avrà comunque grosse difficoltà a spendere tutti i soldi stanziati: i fondi del Next Generation EU devono essere spesi tassativamente entro il 2026, e tutti i paesi che li hanno ricevuti sono al lavoro da più di un anno per applicare i propri PNRR.