• Konrad
  • Mercoledì 27 marzo 2024

La legge sull’ambiente che sta dividendo l’Unione Europea

È la Nature Restoration Law, di cui si discute da quasi due anni: nel tempo è diventata meno ambiziosa ma molti paesi, tra cui l'Italia, rimangono contrari anche a causa delle proteste degli agricoltori

Una torbiera nel nord della Scozia (Jeff J Mitchell/Getty Images)
Una torbiera nel nord della Scozia (Jeff J Mitchell/Getty Images)
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Da quasi due anni l’Unione Europea sta cercando di approvare la Nature Restoration Law, un importante insieme di norme per la tutela dell’ambiente. Nel tentativo di trovare un compromesso tra le richieste dei vari stati membri, la norma è già stata modificata diverse volte e la sua versione attuale è considerata molto meno ambiziosa di quella originale e più accomodante verso le richieste dei governi meno attenti ai temi ambientali. Nonostante questo, un numero significativo di paesi continua a opporsi: lunedì scorso era in programma un voto al Consiglio dell’Unione Europea, l’organo che insieme al Parlamento ha il potere legislativo, ma è stato rimandato all’ultimo minuto proprio per evitare quella che sembrava una bocciatura certa.

Il rinvio ha complicato ulteriormente il percorso della legge, già molto lungo e laborioso, e ha messo in dubbio la possibilità di approvarla prima delle prossime elezioni europee, previste a inizio giugno.

La prima versione della Nature Restoration Law (Legge per il ripristino della natura) fu presentata dalla Commissione Europea nel giugno del 2022. È una norma molto ampia, che punta a tutelare il 20 per cento della superficie terrestre e marina dell’Unione entro il 2030, in modo da impedirne lo sfruttamento commerciale, e di estendere gradualmente la tutela a tutti gli ecosistemi entro il 2050. Nella versione originale del testo erano previsti obiettivi specifici per i vari ecosistemi, per esempio le foreste, le città e le zone agricole, che sono stati modificati durante le successive revisioni del testo.

La norma fu infatti subito criticata da diverse forze politiche europee e lo scorso luglio il Parlamento ne approvò una versione modificata. A quel punto iniziarono i cosiddetti “triloghi”, ossia delle negoziazioni tra Commissione, Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea per trovare una posizione comune.

Il compromesso fu trovato lo scorso novembre, ed è quello su cui si sta ancora discutendo: i due obiettivi fissati per il 2030 e il 2050 sono rimasti validi, ma secondo molti osservatori il testo finale è diventato una versione annacquata e meno efficace di quello iniziale, dato che vari obblighi e obiettivi intermedi sono stati eliminati o resi non vincolanti.

L’attivista per il clima Greta Thunberg partecipa a una protesta davanti al Parlamento europeo, nel luglio del 2023 (Philipp von Ditfurth/dpa)

La nuova versione del testo è stata approvata a fine febbraio dal Parlamento europeo con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti. Tra gli altri ha votato contro anche il Partito Popolare Europeo (PPE), il partito più grande del Parlamento, di centrodestra: il suo leader, il tedesco Manfred Weber, si è sempre opposto alla legge sostenendo che la sua approvazione farebbe salire i prezzi dei generi alimentari e metterebbe in difficoltà gli agricoltori. Durante la seduta del Parlamento, il gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR, di destra) aveva proposto addirittura un emendamento per bocciare del tutto la norma e fermare il processo di approvazione, ma la richiesta è stata respinta con 345 voti contrari e 273 favorevoli.

Negli ultimi mesi il dibattito intorno alla legge è stato influenzato anche dalle grosse manifestazioni organizzate dagli agricoltori in molti paesi europei – tra cui l’Italia – per protestare contro le norme europee della Politica agricola comune (PAC). Tra gennaio e marzo gli agricoltori si sono fatti notare grazie alle numerose proteste nelle quali hanno bloccato le strade o le piazze con i loro trattori, e alla fine hanno ottenuto varie concessioni, sia da parte dei governi nazionali che dalle autorità europee.

Le proteste avevano creato tensioni che ora molti governi non vogliono rischiare di esasperare introducendo ulteriori obblighi e limitazioni previste dalla Nature Restoration Law. Un rappresentante di un paese contrario alla norma, rimasto anonimo ma citato dal quotidiano britannico Guardian, ha detto che le proteste sono uno dei motivi principali per i quali voterà contro la legge: «Non possiamo dire ai nostri agricoltori: “Abbiamo risposto a tutte le vostre richieste” e il giorno dopo introdurre nuove regole che creerebbero disagi».

Una protesta degli agricoltori davanti al Parlamento europeo, lo scorso febbraio (AP Photo/Thomas Padilla)

La Nature Restoration Law prevede obiettivi specifici per proteggere e migliorare la sostenibilità degli ecosistemi agricoli. Richiede, per esempio, di aumentare la presenza nei terreni agricoli di “elementi caratteristici del paesaggio”, come alberi, siepi o stagni, e di aumentare la presenza di farfalle e uccelli. Chiede anche di ripristinare entro il 2050 il 50 per cento delle torbiere, un tipo specifico di paludi nelle quali si sviluppa una grande biodiversità ma che spesso viene drenato per consentire lo svolgimento di altre attività, tra cui l’agricoltura. La norma garantisce però la possibilità di sospendere questi obiettivi se si ritiene che riducano eccessivamente la superficie coltivata, al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dei cittadini europei.

Nonostante le molte concessioni ottenute in quasi due anni di negoziazioni, vari paesi membri dell’Unione continuano a opporsi alla legge: tra questi ci sono Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Austria, Belgio e Polonia. Anche l’Italia è contraria: la viceministra dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Vannia Gava, ha detto che il governo italiano «sostiene» gli obiettivi della legge ma reputa l’accordo finale «non soddisfacente», soprattutto a causa delle conseguenze negative che questo potrebbe avere sul settore agricolo.

Lunedì il testo avrebbe dovuto essere votato dai membri del Consiglio “Ambiente”, l’organo del Consiglio dell’Unione Europea che riunisce i ministri dell’Ambiente dei paesi membri. La settimana precedente però anche l’Ungheria si era aggiunta alla lista di paesi contrari, rendendo l’approvazione molto improbabile: alla fine il voto è stato rimandato per evitare quella che tutti consideravano una bocciatura certa. La norma deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata, ossia con il voto favorevole almeno del 55 per cento degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione.

Le discussioni stanno comunque proseguendo. Un gruppo di 14 paesi favorevoli alla Nature Restoration Law, tra cui Germania, Francia e Spagna, stanno chiedendo che la norma venga approvata in tempi brevi. A questo punto però non è certo che succeda prima della fine della legislatura. Alle prossime elezioni europee, in programma tra il 6 e il 9 giugno, i partiti conservatori (generalmente contrari al testo) sono in vantaggio e probabilmente aumenteranno il loro peso nelle istituzioni, rendendo ancora più difficile l’approvazione della legge.

Ultimamente i sostenitori del testo stanno facendo notare anche un altro problema: l’apparente incapacità di approvare un’importante legislazione per la tutela dell’ambiente rischia di compromettere la credibilità dell’Unione sulla questione e mettere in dubbio il suo reale interesse su temi come il contrasto al cambiamento climatico e la protezione della biodiversità. «Abbandonare il testo ora significherebbe presentarsi alle elezioni europee dicendo che il sistema non funziona, che non proteggiamo la natura e che non prendiamo sul serio il clima», ha detto il ministro irlandese per l’ambiente, Eamon Ryan.