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  • Martedì 26 settembre 2023

A Palermo è stata una disastrosa estate di incendi

È bruciato quasi il 3 per cento del territorio comunale, il dato di gran lunga più alto da quando sono iniziati i rilevamenti, cioè dal 2008

incendio sicilia
Un incendio in strada a Blufi, in provincia di Palermo (AP Photo/Salvatore Cavalli)
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Venerdì 22 settembre in provincia di Palermo sono morte due persone a causa degli incendi. Una donna di 42 anni è stata trovata in un canalone vicino all’autostrada che porta a Cefalù: probabilmente è rimasta intossicata dal fumo mentre stava cercando di liberare alcuni cavalli in un terreno di famiglia nel paese di Mazzaforno. Un uomo di 68 anni è morto intossicato a Trappeto, nella zona orientale della provincia, tra Cinisi e Castellammare del Golfo. A luglio era morta una coppia di anziani a Cinisi e un’altra donna anziana era morta per un malore in attesa dell’ambulanza bloccata sulla strada a causa di un incendio.

Gli incendi della scorsa settimana non sono stati casi isolati. Durante l’estate migliaia di persone sono rimaste bloccate in casa per diversi giorni per via della contaminazione da diossina causata dall’incendio della discarica di Bellolampo. Da giugno migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le case minacciate dalle fiamme. Migliaia di ettari di boschi, campi coltivati, terreni e macchia mediterranea sono stati bruciati dai roghi alimentati dal vento. Da molti anni a Palermo non c’erano incendi così estesi e gravi.

Secondo i dati dell’EFFIS, il sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi, soltanto nel comune di Palermo sono bruciati 4.314 ettari, il dato più alto da quando sono iniziati i rilevamenti, cioè dal 2008: sono pari quasi al 3 per cento del territorio comunale. Finora il record era stato raggiunto nel 2014, quando erano bruciati 995 ettari.

La grave siccità degli ultimi due anni e le alte temperature raggiunte in Sicilia hanno favorito la diffusione e l’estensione degli incendi: quando gli arbusti, i prati e gli alberi sono molto secchi il fuoco si propaga meglio. Tutte queste condizioni, che fanno sì che gli incendi siano più difficili da spegnere e si diffondano su superfici più ampie, sono legate al cambiamento climatico dovuto alle attività umane. Tra le altre cose, una delle conseguenze dell’aumento del numero degli incendi e della loro ampiezza è un aumento delle emissioni di gas serra, quelli responsabili del cambiamento climatico, perché sono un prodotto delle combustioni e si trovano tra le sostanze presenti nel fumo degli incendi.

Anche se in Sicilia ogni estate si discute dell’emergenza incendi, quest’anno la concentrazione dei roghi nell’area di una grande città come Palermo ha fatto crescere l’attenzione e la preoccupazione. Nelle ultime settimane diversi esponenti politici siciliani hanno sollecitato un maggiore controllo del territorio e chiesto pene più severe per chi appicca gli incendi. Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha paragonato i piromani agli assassini mafiosi.

In realtà tutti gli studi e le indagini commissionate negli ultimi anni sul fenomeno degli incendi nelle regioni del Sud dicono che l’apporto della piromania è trascurabile. La maggior parte degli incendi ha cause dolose, ma non collegate alla piromania, un disturbo patologico riconosciuto dal DSM, il Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali. Nel “Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta agli incendi boschivi” approvato dalla Sicilia nel 2015 e aggiornato ogni anno si legge che le prime due cause sono l’eliminazione di erbe infestanti dai pascoli attraverso il fuoco, una pratica molto diffusa tra gli agricoltori e gli allevatori in Sicilia, e i tentativi di eliminare alberi e arbusti su terreni da recuperare e poi coltivare.

– Leggi anche: Chi è che appicca gli incendi dolosi

Anche l’estorsione è una causa dolosa. L’incendio viene appiccato per obbligare a pagare forme non richieste di protezione oppure per lucrare sui rimborsi delle assicurazioni. Un’altra causa è legata agli interessi di gruppi della criminalità organizzata che esercitano il loro controllo sul territorio: appiccano il fuoco per gestire le attività di pascolo senza troppe limitazioni o per vendetta contro qualcuno, per danneggiare la concorrenza che ha ottenuto una concessione oppure semplicemente per creare panico durante la stagione estiva.

Le opere di prevenzione come le barriere tagliafuoco e la pulizia dei campi e delle strade dalle sterpaglie sono scarse e limitate, spesso fatte durante l’estate, quindi troppo tardi. Le persone in servizio nella guardia forestale e nei vigili del fuoco sono molte, quasi sempre affiancate da un buon numero di volontari, ma in molti casi hanno mezzi limitati. Alla fine di luglio il Giornale di Sicilia ha pubblicato una relazione che dava conto della consegna di appena 12 autobotti al corpo forestale contro le 119 previste. La gara d’appalto per la fornitura era stata bandita nel 2019. Soltanto nelle ultime settimane è stata proposta la sostituzione del sistema di comunicazione radio da analogico a digitale, più efficiente, che a questo punto dovrebbe essere operativo dalla prossima estate.

Un’altra questione non secondaria riguarda il rispetto delle regole del catasto incendi, cioè una serie di divieti, prescrizioni e sanzioni per chi costruisce o comunque interviene su aree incendiate. Per esempio, i boschi e i pascoli incendiati non possono avere una destinazione diversa da quella precedente all’incendio per almeno quindici anni: questa legge è stata pensata per evitare che venissero appiccati incendi con l’obiettivo di sfruttare i terreni e costruirci sopra.

Il censimento e l’aggiornamento del catasto delle aree incendiate dovrebbero farli i Comuni, che poi dovrebbero comunicare le mappe e i dati alla Regione Siciliana. Negli ultimi anni la Regione e il corpo forestale hanno sollecitato i Comuni ad aggiornare il catasto, senza grandi risultati. In estate è stata fatta una ricognizione per individuare i comuni inadempienti, sono 147. All’inizio di agosto sono stati nominati i commissari che si occuperanno di aggiornare il catasto delle aree incendiate al posto delle amministrazioni.

– Leggi anche: I commissari straordinari stanno bene su tutto

Opendatasicilia, un’associazione che promuove l’utilizzo dei dati aperti, ha pubblicato i dati relativi ai comuni inadempienti e fatto un’analisi approfondita del SIF, il sistema informativo forestale. È emerso che oltre ai 147 comuni inadempienti ci sono 221 comuni che hanno aggiornato il catasto incendi e altri 23 in cui dal 2010 al 2022 non ci sono stati incendi.