Dovremmo prendere più decisioni casualmente?

In alcuni casi lanciare una moneta può servire a ridurre l’ansia e l’indecisione, e a valutare meglio le proprie scelte

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Il giudice di sedia inglese Robert Balmforth con il tennista statunitense Brandon Nakashima, in blu, e il canadese Denis Shapovalov al Roland Garros a Parigi, il 29 maggio 2023 (AP Photo/Aurelien Morissard)
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Secondo un’opinione abbastanza comune l’azione di prendere una decisione è generalmente guidata e influenzata dagli obiettivi da perseguire e dalle informazioni a disposizione prima della scelta: più se ne hanno, più alta è la probabilità di prendere una decisione corretta. Diverse ricerche indicano tuttavia che anche altri fattori evolutivi, genetici e ambientali condizionano continuamente le nostre scelte. E nella quotidianità ci sono casi in cui avere più informazioni – scorrere per intero un menu particolarmente dettagliato prima di ordinare al ristorante, per esempio – complica la scelta anziché semplificarla, e aumenta il rischio di pentirsi successivamente della decisione presa.

Alcuni studi di scienze sociali hanno esplorato in anni recenti la possibilità che in particolari circostanze, a fronte di scelte difficili, la casualità sia un fattore utile a prendere decisioni soddisfacenti e meno esposte al rischio di successivi ripensamenti. In questi casi includere nei processi decisionali l’influenza di un fattore apertamente fuori dal nostro controllo può contribuire a ridurre l’impressione fallace che ogni cosa lo sia. E può ridurre l’ansia in situazioni di indecisione in cui la valutazione delle scelte possibili e la paura del fallimento diventano paralizzanti.

Secondo lo psicologo statunitense Barry Schwartz una delle principali cause di ciò che in un suo libro del 2004 definiva «il paradosso della scelta» è una cultura dell’individualismo sempre più diffusa e dominante, che induce a pretendere la perfezione dagli altri e da noi stessi generando inevitabili frustrazioni. Nei frequenti casi in cui a seguito delle sue scelte le condizioni di un individuo non migliorano o peggiorano, scrive Schwartz, la cultura dell’individualismo stabilisce come più accettabili le spiegazioni causali che si concentrano su fattori personali piuttosto che universali, che sono anche quelle che incoraggiano le persone a incolpare sé stesse per i propri fallimenti.

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Una crescita smisurata delle aspettative associate a ogni singola scelta può inoltre portare alla tendenza a rifiutare tutte quelle di volta in volta disponibili perché imperfette in confronto ad altre scelte ideali e spesso irrealistiche: un concetto noto in economia come fallacia del Nirvana e simile a quanto sintetizzato nel 1772 dal filosofo francese Voltaire nella frase «il meglio è nemico del bene». Questa forma di idealizzazione, che induce a credere che esista un’unica soluzione perfetta per qualsiasi dilemma, può stimolare pensieri controproducenti e portare ad azioni dannose, o al contrario inazione.

Come ha scritto il matematico inglese e divulgatore scientifico Kit Yates in un articolo su BBC Future e nel suo recente libro How to Expect the Unexpected, la casualità può in alcuni casi essere un modo per superare l’indecisione quando nessuna analisi delle possibilità sembra dirimente e nessun argomento razionale induce a prendere una decisione anziché un’altra. In situazioni in cui le opzioni disponibili sembrano soddisfacenti più o meno allo stesso modo, scrive Yates, lanciare una moneta può essere la scelta migliore. Ragionare su una decisione casuale può rendere più semplice immaginare le conseguenze di una decisione che fino a un momento prima sembrava astratta e può servire a concentrare l’attenzione sulla propria vera preferenza.

In uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista Journal of Experimental Social Psychology un gruppo di ricerca dell’Università di Basilea, in Svizzera, mostrò attraverso una serie di esperimenti che fornire un suggerimento casuale in un processo decisionale può servire a gestire meglio l’eccesso di informazioni che è spesso alla base dell’indecisione. Il gruppo di ricerca chiese a un campione di circa mille persone, dopo aver fornito loro una serie di informazioni di contesto, di farsi un’idea iniziale sul decidere se licenziare o confermare un ipotetico direttore di un negozio.

Prima che le persone prendessero la loro decisione il gruppo di ricerca comunicò ad alcune di loro che, poiché si trattava di una decisione molto difficile da prendere, avrebbero ricevuto un suggerimento casuale deciso sulla base del lancio di una moneta al computer. E fu detto loro che avrebbero potuto ignorare il risultato del lancio della moneta, se avessero voluto. A tutti i partecipanti (anche quelli che non avevano ricevuto il suggerimento) fu poi chiesto se desiderassero avere maggiori informazioni – un comportamento considerato dal gruppo di ricerca un indicatore di indecisione – o se invece fossero disposti a prendere la loro decisione sulla base di quanto già sapevano. Una volta fornite ulteriori informazioni a chi le aveva richieste, a tutte le persone fu chiesto di comunicare la loro decisione finale.

I risultati dello studio mostrarono che le persone che avevano ricevuto il suggerimento casuale, rispetto a quelle che non lo avevano ricevuto, avevano tre volte più probabilità di non chiedere ulteriori informazioni e di essere soddisfatti della loro decisione iniziale. L’influenza casuale del lancio della moneta, secondo il gruppo di ricerca, aveva aiutato i partecipanti a prendere una decisione senza necessità di ricerche più dispendiose in termini di tempo e risorse mentali da investire. E i partecipanti non adattavano necessariamente la loro decisione al risultato del lancio della moneta, ma si attenevano a quella iniziale tanto quanto il gruppo che non aveva ricevuto il suggerimento casuale.

I partecipanti chiedevano inoltre meno informazioni quando il lancio della moneta contraddiceva la loro decisione iniziale. Dover riflettere su un punto di vista opposto al proprio li aveva resi più sicuri della loro scelta iniziale, più di quanto capitasse quando invece il lancio della moneta confermava quella scelta. Il gruppo di ricerca riscontrò la stessa tendenza anche in altri esperimenti simili, ugualmente basati sulla decisione se cambiare o mantenere lo status quo, e privi di opzioni oggettivamente corrette. E la riscontrò anche in esperimenti in cui la decisione riguardava due opzioni di cui una era oggettivamente corretta. In tutti i casi i suggerimenti casuali aiutavano i partecipanti a prendere una decisione evitando di essere sopraffatti dalle informazioni.

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Sebbene includere un elemento di casualità nel prendere una decisione difficile possa provocare ad alcune persone un certo disagio, scrive Yates, è importante notare che nei casi di indecisione in cui lanciare una moneta può effettivamente essere di aiuto è sufficiente considerare l’esito del lancio e non per forza adattare di conseguenza la propria decisione. Già soltanto prendere seriamente in considerazione l’accettazione dell’opzione scelta casualmente può servire ad accelerare i processi decisionali e uscire da situazioni in cui è difficile prendere una decisione.

La soddisfazione delle persone rispetto a decisioni importanti e personali prese concretamente sulla base dell’esito del lancio di una moneta, in generale, è molto difficile da verificare in ambito sperimentale. Ma in uno studio pubblicato nel 2021 sulla rivista The Review of Economic Studies, una cui versione preliminare era stata commentata qualche anno prima dall’Economist, l’economista statunitense Steven D. Levitt sostenne che le persone che si affidano al lancio di una moneta per prendere decisioni su un cambiamento importante hanno maggiori probabilità di apportare quel cambiamento nella loro vita, sono più soddisfatte di quella decisione e affermano di essere complessivamente più felici dopo un periodo di sei mesi.

Per condurre lo studio Levitt, peraltro autore di un libro divulgativo di grande successo, Freakonomics, creò un sito Internet chiamato Freakonomics Experiments in cui raccolse le risposte di un gruppo di partecipanti volontari a una serie di domande del tipo: «Dovrei lasciare il mio lavoro?», «Dovrei trasferirmi?» e «Dovrei fare la proposta di matrimonio?». Altre domande, aggiunte dagli stessi partecipanti su invito di Levitt, erano: «Dovrei farmi un tatuaggio?», «Dovrei provare le app di appuntamenti online?» e «Dovrei comprare casa?». Le risposte erano state fornite seguendo il lancio di una moneta: la decisione affermativa era stata associata a una faccia della moneta e quella negativa all’altra faccia. E prima del lancio era stato chiesto ai partecipanti di individuare una terza persona che verificasse e convalidasse i risultati.

I partecipanti allo studio e le persone terze da loro indicate risposero a un sondaggio in due diversi momenti dopo il lancio della moneta. Dopo due mesi i partecipanti erano inclini a mantenere lo status quo e avevano apportato nella loro vita il cambiamento oggetto dello studio meno di quanto previsto sulla base dell’esito del lancio della moneta. Ma nel sondaggio condotto dopo sei mesi questa tendenza era scomparsa. E rispetto alle persone a cui il lancio della moneta aveva indicato di mantenere lo status quo, quelle a cui il lancio aveva indicato l’opposto avevano maggiori probabilità di aver apportato effettivamente quel cambiamento nella loro vita, affermavano di essere più felici e di non avere ripensamenti sulla decisione presa sei mesi prima.

Come tuttavia ricordato dall’Economist scoprire se le persone sarebbero più felici rifiutando lo status quo nelle decisioni importanti della vita è molto difficile. Uno studio controllato randomizzato – quindi con un gruppo di controllo – porrebbe dilemmi etici e complicazioni pratiche difficili da superare: chiedere a metà del campione di divorziare, per esempio, nel caso dello studio di Levitt. Il campione da lui intervistato, perlopiù composto da ascoltatori del suo podcast, lettori del Financial Times e di Forbes e utenti di Reddit, era inoltre molto poco rappresentativo della popolazione.

La partecipazione volontaria era poi un’altra probabile causa di difetti metodologici dello studio: le persone abbastanza curiose e interessate, e abbastanza felici di farne parte, non erano probabilmente un campione significativo. Per quanto potessero alla fine dirsi e sentirsi realmente felici per la decisione presa in base al lancio della moneta è probabile che fossero persone molto diverse da altre che non si sognerebbero mai di affidare scelte di vita così importanti al bizzarro esperimento di un economista. E non è nemmeno detto che l’aumento della felicità riferita fosse un indicatore attendibile, concluse l’Economist: potrebbe essere stata una convinzione delle persone intervistate, confermata da persone terze ma a loro volta influenzabili.