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  • Venerdì 14 aprile 2023

La Corte Costituzionale francese ha approvato gran parte della riforma delle pensioni

Compresa la misura più contestata che prevede l'innalzamento dell'età pensionabile da 62 a 64 anni: ci sono state grosse proteste

Le proteste dopo la decisione della Corte Costituzionale a Parigi (EPA/YOAN VALAT)
Le proteste dopo la decisione della Corte Costituzionale a Parigi (EPA/YOAN VALAT)
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La Corte Costituzionale francese ha approvato gran parte della contestatissima riforma delle pensioni voluta dal governo e dal presidente Emmanuel Macron, che era stata approvata lo scorso 16 marzo senza voto parlamentare: alcuni articoli della legge di minore rilevanza sono stati respinti dalla Corte per alcuni problemi giuridici, ma la parte più consistente e importante della legge è stata giudicata legittima per la Costituzione francese, compresa la misura centrale del provvedimento che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni.

La Corte ha inoltre respinto una richiesta di referendum popolare per mantenere l’età pensionabile a 62 anni, che era stata presentata da alcuni gruppi parlamentari della sinistra. Il prossimo 3 maggio però dovrà esprimersi di nuovo su un’altra richiesta di referendum simile, presentata sempre dagli stessi gruppi parlamentari ma più dettagliata e meglio motivata, secondo le dichiarazioni di alcuni dei politici coinvolti. La Costituzione francese prevede che un referendum popolare non possa avere come oggetto l’abrogazione di una legge in vigore da meno di un anno, ma queste richieste sono state presentate prima dell’entrata in vigore della riforma sulle pensioni.

La riforma è fortemente criticata da mesi dai partiti di opposizione, che vanno dalla sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon all’estrema destra di Marine Le Pen, e da grandissima parte dell’opinione pubblica: dall’inizio di gennaio sono state organizzate dodici giornate di enormi proteste e scioperi in tutto il paese. Ci sono state grosse manifestazioni anche oggi, giorno in cui era attesa la decisione della Corte, che si sono intensificate subito dopo la diffusione della notizia, poco dopo le 18.

Le proteste sono andate avanti fino a tarda sera e hanno causato disordini in diverse grandi città, tra cui la capitale Parigi, dove secondo la polizia i manifestanti hanno provocato una trentina di incendi dando fuoco a sacchi della spazzatura. A Marsiglia a partire dalle 20 è stato sospeso il traffico ferroviario per l’invasione dei binari da parte di alcune decine di manifestanti, a Rennes sono state incendiate le porte di un commissariato di polizia e del convento dei Giacobini, un ex edificio religioso oggi usato come centro congressi. Alle 22:30 la polizia aveva arrestato 112 persone.

La decisione della Corte Costituzionale chiude ufficialmente il percorso istituzionale della riforma, ma i leader dell’opposizione hanno già annunciato che non rinunceranno a nuovi tentativi per bloccarla: Mélenchon ha scritto su Twitter che «la lotta continua», Le Pen ha detto che il destino politico della riforma «non è segnato» e che «il popolo ha sempre l’ultima parola». La prima ministra Élisabeth Borne, che è stata insieme a Macron la principale sostenitrice della necessità della riforma, ha commentato la decisione con una presa d’atto piuttosto dimessa: «Stasera non ci sono né vincitori né vinti».

La richiesta di esame da parte della Corte Costituzionale era arrivata dai partiti di opposizione: anche se gli analisti francesi ritenevano molto improbabile che la riforma fosse giudicata incostituzionale, la manovra ha comunque allungato i tempi di approvazione della legge e provocato nuove proteste, aumentando la pressione già molto alta sul governo.

Il governo si è intestato quasi interamente la responsabilità di questa riforma quando ha deciso di approvarla senza passare dal voto dell’Assemblea nazionale, il più importante dei due rami del parlamento francese, sfruttando un’eccezione contenuta nella Costituzione: Borne e Macron avevano deciso di ricorrere al comma 3 dell’articolo 49, che consente a un primo ministro o a una prima ministra (Borne, in questo caso) di approvare un testo di legge in materia finanziaria o di finanziamento al welfare senza passare da una votazione parlamentare (ma con l’approvazione del Consiglio dei ministri). Questa scelta si era resa necessaria perché la maggioranza che sosteneva il provvedimento era estremamente risicata, anche a causa delle grosse proteste popolari che avevano convinto diversi parlamentari a cambiare idea.

La riforma delle pensioni voluta da Macron prevede un innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, l’aumento delle pensioni minime e l’abolizione di tutta una serie di eccezionalità che consentivano ad alcune categorie di lavoratori di andare in pensione prima. Le discussioni per una riforma del sistema pensionistico in Francia erano iniziate già nel 2019, e già allora c’erano state grosse e partecipate proteste. In generale Macron non è il primo presidente a voler riformare il sistema pensionistico, ritenuto da diversi analisti eccessivamente complicato, inefficiente, costoso e ingiusto.

– Leggi anche: La proposta del governo francese per riformare le pensioni