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  • Giovedì 16 marzo 2023

Altri Fosbury

Gli atleti che come il saltatore statunitense hanno innovato o inventato colpi e tecniche che a volte hanno preso il loro nome e altre no

(AP Photo)
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Probabilmente nessun atleta ha cambiato uno sport tanto quanto Dick Fosbury, il saltatore statunitense morto il 12 marzo a 76 anni. Alle Olimpiadi del 1968 Fosbury vinse la gara di salto in alto superando l’asta all’indietro, di schiena: prima di lui nessuno lo aveva fatto a quei livelli e nel giro di qualche anno tutti finirono per saltare con quella tecnica, che da decenni si chiama come lui.

Inizialmente Fosbury fu criticato e perfino deriso. Aveva elaborato quel nuovo stile perché con il metodo tradizionale non rendeva granché, e anche grazie al fatto che nel frattempo erano stati introdotti dei materassi su cui si poteva atterrare di schiena in tutta sicurezza. In questo modo fece qualcosa di così unico da diventare un modello di game changer, l’innovatore per eccellenza nel mondo dello sport.

(Tony Duffy/Allsport)

Oltre che per la rapidità e la rilevanza della sua innovazione — già alle Olimpiadi del 1972 la maggior parte degli atleti saltò come lui — Fosbury è ricordato soprattutto perché quello stile fu subito e inconfutabilmente chiamato con il suo nome.

Con portata minore rispetto a Fosbury, e al Fosbury, nella storia dello sport ci sono stati tanti altri casi simili. A volte sono stati gesti apparentemente di poco conto, ma con il loro effetto. In altri casi grandi innovazioni si sono invece diffuse con nomi tecnici e più descrittivi, e in altri casi ancora certe potenziali innovazioni si sono arenate per non aver superato la fase iniziale, quella delle critiche e talvolta delle derisioni.

Nel calcio non mancano esempi di vario genere. La “giravolta di Cruijff” per esempio, o in Italia i “gol alla Del Piero”, quelli fatti calciando a rientrare nel modo in cui Alessandro Del Piero fece diversi gol, spesso decisivi, a partire dagli anni Novanta.

Allo stesso modo, quello che in Italia è noto come “cucchiaio”, ossia un rigore calciato con un pallonetto lento e molto rischioso, diventato famoso con Francesco Totti agli Europei del 2000, all’estero è chiamato panenka, perché associato ad Antonin Panenka, che nel 1976 tirò così il rigore decisivo che fece vincere alla Cecoslovacchia gli unici Europei della sua storia. Il calciatore Renato Cesarini divenne invece noto per quando segnava i gol: spesso a fine partita, in quella che ancora oggi viene chiamata la “zona Cesarini”.

Oltre il calcio, due importanti casi di gesti che si chiamano come chi li fece per la prima volta arrivano dal pattinaggio di figura. È il caso della trottola Biellmann, un elemento in cui si gira su se stessi su un piede, mentre l’altro è tenuto con due mani sopra la testa. Si chiama così per la pattinatrice svizzera Denise Biellmann, che lo diffuse negli anni Settanta e Ottanta, anche se già prima era stato proposto in qualche gara.

(Matthew Stockman/Allsport/Getty Images)

Più famoso ancora è l’Axel, un tipo di salto che negli anni è diventato doppio, triplo e perfino quadruplo. Ha la peculiarità di essere fatto in avanti anziché all’indietro come tutti gli altri, e deve il suo nome ad Axel Paulsen, pattinatore norvegese che lo propose già a fine Ottocento: era così innovativo e originale che ci vollero circa trent’anni prima che altri pattinatori riuscissero a replicarlo in gara.

Casi simili si trovano anche in altre discipline per certi versi affini al pattinaggio, come la ginnastica artistica e quella ritmica. Uno su tutti lo Yurchenko, un volteggio che deve il suo nome alla ginnasta sovietica Natalia Yurchenko, che lo introdusse negli anni Ottanta e a proposito del quale il sito delle Olimpiadi ha scritto che «è difficile quantificarne l’impatto nel mondo della ginnastica artistica».

(Emilee Chinn/Getty Images)

Nell’atletica leggera qualcosa di simile a quanto fatto da Fosbury lo aveva fatto lo statunitense Parry O’Brien, vincitore negli anni Cinquanta di due medaglie d’oro olimpiche nel getto del peso. Dopo aver studiato con un intento preciso, O’Brien sviluppò un modo di preparare l’effetto catapulta necessario a gettare il peso quanto più lontano possibile. Anche nel suo caso c’entrava la schiena, perché era proprio di schiena che si presentava in pedana, così da potersi girare di 180 gradi prima del lancio. A sua volta, negli anni Settanta la tecnica O’Brien dovette però fare i conti con una tecnica rotatoria introdotta dal sovietico Aleksandr Baryšnikov, che la sviluppò ispirandosi al lancio del disco.

Nel caso del getto del peso la questione è ancora aperta, perché sebbene la tecnica rotatoria sia ormai prevalente, la tecnica O’Brien – con cui il suo inventore fece 16 record mondiali, tre dei quali nel giro di pochi minuti – continua a essere usata: dipende insomma da gusti, preferenze e soprattutto dalla corporatura dei pesisti.

(AP Photo)

Non sempre però l’invenzione o l’introduzione di qualcosa di nuovo, piccolo o grande che sia, porta all’identificazione di quel qualcosa con un nome proprio. Nel tennis, per esempio, l’ormai affermato rovescio a due mani, che rese i colpi più potenti ed efficaci, non si chiama come nessuno dei suoi primi utilizzatori: Chris Evert, Bjorn Borg o Jimmy Connors. Il colpo, che a qualcuno capitò di fare già a inizio Novecento, iniziò a diffondersi solo negli anni Settanta e si affermò davvero solo a partire dai Novanta.

Ci sono anche casi in cui a certe novità, anche quelle di cui ci sarebbe modo di andare a rintracciare il principale artefice, vengono dati nomi descrittivi che non dicono molto: negli ultimi anni è successo nel calcio con “il coccodrillo” e nel tennis con “la rana”. Nel primo caso, si tratta della scelta di far sdraiare un giocatore dietro ai compagni di squadra in barriera, così che un eventuale tiro rasoterra gli vada addosso anziché in porta; “la rana” è invece il nome con cui la rivista Raquet presentò un insieme di gesti con cui la polacca Iga Swiatek cercava alle volte di distrarre o spiazzare le avversarie.

Un altro esempio di modo diverso di fare le cose è nei tiri liberi del basket ed è in genere chiamato “granny shot”, il tiro della nonna. Si esegue tirando a canestro tenendo le mani basse, sotto alla vita anziché sopra la testa, come farebbe un bambino o come tende a fare chi ha scarsa familiarità con il gesto. Questo tiro, che alle volte ancora si rivede su qualche campo da basket, per certi versi e per certi atleti è, o quantomeno potrebbe diventare, più efficace dello stile usato per la maggiore.

Il fatto è che, come suggerisce il nome con cui è noto, il tiro della nonna è considerato ridicolo da vedere e svilente da eseguire. Lo è da quando Rick Barry iniziò a proporlo negli anni Sessanta, nonostante Barry sia ancora oggi uno dei più efficaci tiratori liberi nella storia della NBA e nonostante i tiri dal basso contribuirono al record di punti segnati in una partita da un giocatore. Dei cinque figli di Barry, tutti diventati giocatori professionisti, solo uno ha mantenuto l’approccio del padre ai tiri liberi. E Shaquille O’Neal, un giocatore che ai tiri liberi aveva grossi problemi, una volta disse: «Preferirei sbagliarli tutti anziché tirarli da sotto».

(AP Photo/Ron Irby)

Oltre alle innovazioni che ce l’hanno fatta e a quelle troppo strane per riuscirci, la storia dello sport ha poi diversi esempi di novità talmente estreme, o ai limiti del consentito, da aver costretto chi di dovere a riscrivere regole e cambiare regolamenti. Nel suo piccolo, lo fece qualche anno fa l’Italia del rugby, che nel provare a sorprendere in trasferta la favoritissima Inghilterra, interpretò in modo originale una regola relativa al fuorigioco e alle mischie aperte. Non fu una novità assoluta e l’Italia non vinse la partita, ma gli effetti furono così destabilizzanti da spiazzare completamente gli avversari dando origine a momenti che gli appassionati ricordano ancora oggi. Un anno dopo, però, la Federazione mondiale del rugby cambiò il regolamento, anche per evitare che ricapitasse qualcosa di simile.

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