Sono iniziati i lavori per la contestata pista da bob a Cortina

Costerà quasi 100 milioni di euro e al momento non è chiaro chi pagherà per tenerla aperta dopo le Olimpiadi del 2026

pista da bob di cortina
La pista da bob di Cortina (il Post)

La scorsa settimana sono iniziati i lavori di demolizione della vecchia pista da bob Eugenio Monti a Cortina d’Ampezzo, in provincia di Belluno: è la prima fase del cantiere per la costruzione di una nuova, costosa e contestata pista da bob, slittino e skeleton in vista delle Olimpiadi del 2026 che si terranno in Veneto e in Lombardia.

Negli ultimi due anni la costruzione del nuovo impianto e dei servizi per squadre, giornalisti e spettatori era stata messa in discussione per via del costo elevato, dell’impatto sull’ambiente e delle spese di mantenimento da affrontare in futuro, a Olimpiadi concluse. Il Comitato olimpico italiano e la Regione Veneto hanno sempre sostenuto che non si potesse rinunciare alla nuova pista, nonostante la spesa notevole. Ai tanti problemi se n’è aggiunto un altro: l’incertezza sull’opportunità di costruire la pista ha fatto accumulare ritardi che dovranno essere recuperati in fretta per rispettare i tempi imposti dall’organizzazione delle Olimpiadi.

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Le ruspe sono al lavoro per il cosiddetto “strip out”, una tecnica di demolizione selettiva e controllata. In sostanza la vecchia pista, chiusa dal 2008, viene demolita pezzo per pezzo per cercare di preservare il più possibile la morfologia dell’area, un grande bosco a poca distanza dalla frazione Ronco.

È una demolizione piuttosto lunga e costosa: i lavori dureranno due mesi e il costo finale è di 2,2 milioni di euro. Per il cantiere del nuovo sliding center, come viene definito l’impianto, serviranno molti più soldi. Secondo le stime più recenti, la pista e tutti i servizi annessi costeranno in totale 93 milioni di euro, ma all’inizio di febbraio il presidente del Veneto Luca Zaia ha detto che i costi potrebbero aumentare fino a 120 milioni di euro. «È un’opera irrinunciabile, perché iconica per Cortina», ha detto Zaia.

Per capire quanto il costo sia un problema basta osservare le previsioni iniziali. Nel piano presentato nella candidatura erano stati ipotizzati circa 41 milioni di euro per la demolizione e la ricostruzione della pista da bob. La Regione Veneto stanziò 85 milioni di euro che includevano anche la costruzione di un parco “ludico sportivo” ritenuto indispensabile per sostenere economicamente la gestione della pista dopo le Olimpiadi. Il progetto del parco fu poi accantonato. Negli anni successivi i costi aumentarono, soprattutto per via dei rincari dell’energia e dei materiali. Il conto finale per il solo rifacimento della pista è di 61 milioni di euro che saranno garantiti dallo Stato e non dal Comitato olimpico internazionale (CIO).

Uno dei rettilinei della pista (foto Il Post)

L’impegno da parte dello Stato italiano e il conseguente svincolo del CIO dalle spese e dai nuovi possibili rincari sono due fattori che hanno inciso nella decisione finale di puntare sulla pista di Cortina. «Ne abbiamo parlato al CIO e siamo d’accordo sulla soluzione prospettata per motivi di costi e sostenibilità, perché questo progetto non impatterà sul budget dei Giochi e il centro sarà utilizzato anche dopo le Olimpiadi», ha detto lo scorso settembre Thomas Bach, presidente del CIO.

Zaia ha più volte giustificato l’investimento spiegando che le Olimpiadi assicureranno una crescita del prodotto interno lordo di un miliardo di euro e porteranno molti altri benefici, come la costruzione di nuove strade. «L’operazione va vista nella sua globalità: porterà visibilità, standing internazionale, e almeno 3 miliardi e mezzo di persone vedranno le Olimpiadi a livello internazionale», ha detto Zaia. «Porterà ovviamente un nuovo corso non solo per Cortina ma per tutte le Dolomiti».

Un altro problema sollevato negli ultimi anni riguarda l’impatto ambientale. Non basta infatti adeguare l’attuale pista, che risale al 1923 e che venne allungata per le Olimpiadi del 1956. Il tracciato sarà in gran parte nuovo. Le modifiche sono necessarie per rispettare le misure di sicurezza richieste dalla federazione internazionale. Molte delle curve che hanno reso celebre la pista Eugenio Monti dovranno essere allargate per rallentare la corsa dei bob e soprattutto degli slittini e degli skeleton, specialità in cui il corpo degli atleti è sollecitato da una notevole accelerazione. Molti degli alberi presenti lungo il percorso saranno tagliati per permettere i lavori, anche se l’organizzazione ha assicurato di voler salvare più piante possibile.

Nelle spese complessive c’è anche l’adeguamento della viabilità per raggiungere la pista, un progetto di riqualificazione ambientale nella zona di Ronco e la realizzazione di un memoriale multimediale diffuso per ricordare le Olimpiadi del 1956.

Negli ultimi due anni associazioni civiche di Cortina e organizzazioni ambientaliste avevano organizzato manifestazioni, promosso sondaggi e raccolto firme per chiedere di non costruire la nuova pista a Cortina. Le associazioni hanno apprezzato la decisione di non costruire la pista di pattinaggio di velocità a Baselga di Piné, in provincia di Trento, a causa dei costi elevati. «Un analogo approccio dovrebbe essere assunto anche per altri impianti olimpici, in particolare la pista per bob», hanno scritto Italia Nostra, Legambiente, Lipu e Mountain Wilderness. «Bisognerebbe trasferire le gare di queste discipline a Igls, vicino a Innsbruck, per risparmiare sui costi di costruzione lievitati a 85 milioni di euro e che si stima possano superare i 100 milioni».

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Del possibile spostamento delle gare a Innsbruck avevano discusso anche il CIO e lo stesso presidente del Veneto Luca Zaia, che in autunno aveva scritto al CONI, il comitato olimpico italiano, per chiedere una decisione definitiva sulla pista di Cortina. Il comitato aveva risposto che l’organizzazione delle gare fuori dall’Italia non sarebbe stata compatibile con le Olimpiadi, assecondando di fatto la posizione della Regione, da sempre convinta di rifare la pista a Cortina. Una seconda alternativa, oltre a Innsbruck, poteva essere il recupero della pista di Cesana Torinese, in Val di Susa. Costata 110 milioni di euro, era stata costruita per le Olimpiadi di Torino del 2006 e chiusa pochi anni dopo, nel 2011, per gli altissimi costi di manutenzione. Per ristrutturarla e riaprirla è stato stimato un costo di 15 milioni di euro. Ma anche in questo caso si è deciso di tenere le gare in Veneto.

Il problema più grande, come dimostra la rapida chiusura della pista di Cesana Torinese, riguarda il futuro, e cioè i costi di mantenimento dell’impianto dopo la fine delle Olimpiadi. Le atlete e gli atleti italiani di bob, slittino e skeleton sono pochi, 38 secondo le stime più recenti. Tenere aperta la pista comporta notevoli spese energetiche e di personale: al momento a Cortina non è chiaro come si potrà coprire questi costi, quindi come tenere aperto l’impianto per non abbandonarlo come è successo a Cesana Torinese. La Regione Veneto ha già previsto e accantonato 8 milioni di euro, 400mila euro all’anno, per coprire le spese per i prossimi 20 anni. Anche le province autonome di Trento e Bolzano potrebbero contribuire alle spese per almeno 15 anni, come scritto in una lettera di intenti firmata nel 2019, ma da allora si è parlato poco di quel documento anche in Trentino-Alto Adige.

C’è infine la questione dei tempi di costruzione della pista, che devono essere serrati a causa del ritardo accumulato negli ultimi due anni. Il tracciato dovrà essere operativo entro il dicembre del 2024 per il cosiddetto test event, cioè le gare di prova che solitamente si tengono almeno un anno prima delle Olimpiadi.