Guida alle elezioni regionali in Lombardia

Si vota il 12 e il 13 febbraio e il favorito è il presidente uscente Attilio Fontana: chi sta con chi, cosa dicono i sondaggi e chi c'è nelle liste

Pierfrancesco Majorino, Letizia Moratti e Attilio Fontana al pranzo della befana per i senzatetto organizzato dall'associazione di volontariato City Angels a Milano (ANSA/MATTEO CORNER)
Pierfrancesco Majorino, Letizia Moratti e Attilio Fontana al pranzo della befana per i senzatetto organizzato dall'associazione di volontariato City Angels a Milano (ANSA/MATTEO CORNER)

Il 12 e il 13 febbraio in Lombardia si voterà per rinnovare il consiglio regionale ed eleggere il nuovo presidente della Regione. Ci sono quattro candidati, che fin qui hanno animato una campagna elettorale non particolarmente vivace: il presidente uscente Attilio Fontana per la destra, Pierfrancesco Majorino per il centrosinistra, Letizia Moratti per i centristi di Azione e Italia Viva, Mara Ghidorzi per Unione Popolare. Dopo una prima fase di accordi per formare le alleanze a sostegno dei candidati presidenti, sabato sono state depositate le liste definitive con i candidati al consiglio regionale.

In generale non sembrano elezioni molto sentite, soprattutto perché non ci si aspettano grosse sorprese: un po’ perché sono temporalmente molto vicine alle ultime elezioni politiche, vinte dalla destra in modo netto a livello nazionale e anche in Lombardia; un po’ perché la Regione è governata ininterrottamente dal centrodestra da quasi 30 anni.

I candidati
Il favorito è il presidente uscente Attilio Fontana, della Lega, sostenuto dalla coalizione di destra che è attualmente al governo del paese: oltre al suo partito, quindi, da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi Moderati. Fontana ha 70 anni, è avvocato, e prima di diventare presidente della Lombardia (nel 2018) era stato soprattutto un amministratore locale: sindaco di Induno Olona, in provincia di Varese, dal 1995 al 1999, poi presidente del consiglio regionale dal 2000 al 2005 sotto la presidenza di Roberto Formigoni e infine sindaco di Varese per due mandati, dal 2006 al 2016.

I cinque anni alla presidenza della Regione sono stati piuttosto travagliati, soprattutto perché nel mezzo la Lombardia è stata uno dei posti al mondo più colpiti dalla pandemia: erano state proprio la cattiva gestione dell’emergenza sanitaria e le molte critiche ricevute da Fontana e dal suo assessore alla Sanità Giulio Gallera ad aprire la strada al ritorno in politica di Letizia Moratti, che all’inizio del 2021 aveva preso il posto di Gallera.

Dopo aver sperato in una candidatura col sostegno della destra, a novembre del 2022 Moratti si era dimessa dalla giunta lombarda, quando era ormai diventato chiaro che la coalizione avrebbe sostenuto la ricandidatura di Fontana. Ufficialmente Moratti aveva motivato le dimissioni con la decisione del governo di Giorgia Meloni di reintegrare al lavoro, due mesi prima del previsto, il personale sanitario non vaccinato.

Pochi giorni dopo Moratti aveva annunciato la sua candidatura, che è sostenuta soprattutto dall’alleanza dei partiti di centro Azione e Italia Viva (quella che si fa chiamare anche “Terzo Polo”). Moratti ha 73 anni e una lunga carriera da dirigente d’azienda e da politica nel centrodestra: è stata presidente della Rai dal 1994 al 1996, ministra dell’Istruzione nei governi di Silvio Berlusconi dal 2001 al 2006 e sindaca di Milano dal 2006 al 2011 (eletta con il sostegno di una coalizione di partiti di destra e centrodestra).

Dopo aver tentato una rielezione a Milano nel 2011 ed essere stata sconfitta da Giuliano Pisapia, Moratti era sostanzialmente uscita dalla politica per 10 anni, prima di tornare da assessora alla Sanità nella giunta di Fontana.

– Leggi anche: Letizia Moratti sta cercando voti a destra e a sinistra

Il terzo in ordine cronologico a essersi candidato è stato Pierfrancesco Majorino, europarlamentare e storico leader dell’ala sinistra del Partito Democratico (PD) milanese. È sostenuto anche dagli altri alleati del PD a livello nazionale, cioè l’alleanza Verdi-Sinistra, e soprattutto dal Movimento 5 Stelle, che ha deciso di unirsi alla coalizione dopo alcune settimane di trattative. I radicali di +Europa, alleati del PD alle ultime politiche, hanno deciso di non presentare una propria lista in polemica con la decisione di allearsi con il M5S, ma i suoi esponenti più importanti si candideranno nella lista di Majorino.

Majorino ha 49 anni e fu eletto in consiglio comunale a Milano per la prima volta nel 2006, diventando due anni dopo capogruppo del PD e sostanzialmente capo dell’opposizione proprio durante la giunta di Moratti. Nel 2011 entrò nella giunta milanese e venne nominato assessore alle Politiche sociali: mantenne l’incarico fino al 2019, quando si dimise per passare al parlamento europeo.

L’ultima candidata è Mara Ghidorzi, assai meno in vista dei primi tre e sostenuta da Unione Popolare, il piccolo movimento di sinistra radicale fondato nel 2022 dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Ghidorzi ha 41 anni ed è sociologa e ricercatrice.

Cosa dicono i sondaggi
Non molto, per il momento: i sondaggi che sono circolati finora fanno previsioni anche piuttosto discordanti tra loro e non aiutano a chiarire le distanze tra i candidati. Tutti però danno Fontana come ampiamente favorito, seppure con percentuali variabili, e il suo principale contendente sembra essere Majorino.

Il sondaggio che ipotizza la situazione più aperta è quello della società di analisi Izi, che dà Fontana al 43 per cento, Majorino al 39 e Moratti al 18. È però l’unico a stimare un distacco così ridotto: quello dell’istituto demoscopico Noto dà Fontana al 46 per cento, Majorino al 28 e Moratti al 20; Ipsos mette Fontana tra il 40 e il 46 per cento, Majorino tra il 31 e il 36 e Moratti tra il 17 e il 20. Negli ultimi giorni invece Letizia Moratti sta citando l’unico sondaggio che la pone al secondo posto: quello di Winpoll, che la dà al 27,6 per cento, dopo Fontana al 41,3 e prima di Majorino al 25,2.

Sono tutti dati da prendere con cautela e a un mese dalle elezioni valgono fino a un certo punto. Quel che è certo è che la destra ha già vinto ampiamente in Lombardia alle elezioni politiche di fine settembre: i pochi mesi trascorsi da quel voto e una campagna elettorale piuttosto breve per la Lombardia sono da considerare come fattori a vantaggio di Fontana. Tutti i sondaggi ipotizzano inoltre un’affluenza molto bassa, tra il 50 e il 65 per cento a seconda degli istituti: è un dato che potrebbe influenzare pesantemente il risultato delle elezioni, ma anche su questo la situazione al momento sembra troppo variabile per poter capire in che modo.

Nel 2018 Fontana stravinse con il 49,75 per cento dei voti, davanti a Giorgio Gori del centrosinistra che prese poco più del 29 per cento. L’affluenza fu di poco superiore al 73 per cento, ma si votava anche per le politiche.

La legge elettorale
Le elezioni in Lombardia non prevedono ballottaggi: vince il candidato che al primo turno ottiene la maggioranza relativa dei seggi. Il consiglio regionale lombardo è composto da 80 seggi: il presidente ne fa parte di diritto, gli altri 79 sono eletti con un sistema proporzionale e garantendo almeno un rappresentante per ognuna delle 12 province lombarde. Un posto è riservato di diritto al primo perdente tra i candidati alla presidenza.

È previsto un premio di maggioranza per arrivare al 55 per cento dei seggi (44 seggi) se la coalizione vincente ottiene meno del 40 per cento dei voti, e del 60 per cento (48 seggi) se la coalizione vincente ottiene più del 40 per cento. In nessun caso la coalizione vincente può avere più del 70 per cento dei seggi in consiglio. La soglia di sbarramento per le liste che corrono da sole è del 3 per cento, ma non c’è soglia per le liste che sostengono un candidato che prende almeno il 5 per cento dei voti.

In Lombardia è possibile il cosiddetto “voto disgiunto”, cioè esprimere contemporaneamente la preferenza per un certo candidato e per una lista che non lo sostiene (per esempio, si può votare una lista a sostegno di Moratti, pur scegliendo come candidato uno tra Fontana e Majorino).

Chi c’è nelle liste
Anche se Fontana dovesse essere riconfermato presidente, i rapporti di forza tra i partiti in consiglio regionale dovrebbero cambiare in modo sostanziale: il motivo principale è che oggi il primo partito della coalizione di destra è di gran lunga Fratelli d’Italia, mentre cinque anni fa era la Lega.

Il capolista di Fratelli d’Italia è il noto giornalista Vittorio Feltri, ex direttore di diversi quotidiani e fondatore di Libero, di cui è ancora direttore editoriale. Si era candidato con Fratelli d’Italia anche al consiglio comunale di Milano alle ultime amministrative, venendo eletto e lasciando poi l’incarico dopo sette mesi per ragioni di salute. Con Fratelli d’Italia si candida anche il direttore d’orchestra Alberto Veronesi, figlio dello stimato oncologo Umberto: ha ricevuto diverse critiche per la sua storia politica piuttosto incoerente, dal momento che solo nel 2020 si era candidato col PD alle regionali in Toscana.

Non è nelle liste Romano La Russa, attuale assessore alla Sicurezza e fratello del presidente del Senato Ignazio La Russa, per cui molti chiesero le dimissioni dalla giunta lo scorso ottobre dopo la pubblicazione di un video in cui lo si vedeva fare il saluto romano. Si candida invece la consigliera comunale di Milano Chiara Valcepina: divenne piuttosto conosciuta dopo l’inchiesta di Fanpage “lobby nera”, che ipotizzava un sistema di finanziamenti in nero per la sua campagna elettorale alle comunali. La procura di Milano ha recentemente chiesto l’archiviazione dell’indagine.

Nelle liste di Forza Italia c’è poi Giulio Gallera, ex assessore alla Sanità regionale prima di Moratti che fu molto criticato per la disastrosa gestione della pandemia in Lombardia e poi costretto alle dimissioni. Corre con Forza Italia anche Sonny Colbrelli, ex ciclista su strada 32enne che vinse nel 2021 la Parigi-Roubaix.

La Lega invece presenta diversi politici e amministratori locali: alcuni riconfermati dal consiglio regionale, come l’assessore alla Cultura Stefano Bruno Galli e i consiglieri Deborah Giovanati, Riccardo Pase, Silvia Scurati e Simone Giudici; altri presi dal consiglio comunale di Milano, come Pietro Marrapodi e Samuele Piscina. Il capolista di Noi Moderati, il quarto e più piccolo partito della coalizione di destra, sarà il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, noto personaggio televisivo.

Tra chi si candida a sostegno di Majorino si è parlato molto del virologo Fabrizio Pregliasco, che acquisì una certa notorietà come esperto durante la pandemia. Di importante a livello politico c’è Michele Usuelli, consigliere regionale uscente e uno dei più importanti dirigenti di +Europa a livello locale. Majorino ha dovuto trattare con lui per diversi giorni per convincerlo a sostenerlo, visto che +Europa non era d’accordo all’alleanza col Movimento 5 Stelle: alla fine Usuelli e altri radicali saranno nella lista di Majorino, senza il simbolo di +Europa.

Con Majorino si candida anche il consigliere comunale di Milano Mauro Orso, perlopiù sconosciuto fino al 2021, quando si candidò nella lista Sala alle amministrative ottenendo molti voti pur senza fare una campagna elettorale tradizionale, ma puntando sul sostegno di diversi suoi amici e amiche influencer.

A sostegno di Letizia Moratti c’è un po’ di tutto, oltre alle liste di Italia Viva e Azione: diversi ex della Lega e di Forza Italia, ma anche di altri partiti, come la consigliera regionale ex Movimento 5 Stelle Monica Forte, fino a pochi mesi fa presidente della commissione antimafia in Lombardia. Il capolista sarà l’ex di Forza Italia Manfredi Palmeri, mentre tra i più attivi in queste settimane di campagna elettorale c’è stato Davide Boni, ex della Lega che fu presidente del consiglio regionale.

Moratti non ha invece trovato un accordo per accogliere nella sua lista almeno due dei quattro leghisti dissidenti che a inizio dicembre formarono la lista Comitato Nord, più o meno apertamente appoggiati dalla corrente interna alla Lega formatasi dopo le elezioni politiche di settembre, che si chiama con lo stesso nome. I quattro erano stati espulsi dal partito e Moratti aveva provato a farli suoi alleati per togliere alla Lega i voti di una parte dell’elettorato più nordista e autonomista, ma alla fine l’accordo è saltato.

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