Breve storia del cioccolato

È uno dei cibi più apprezzati nei paesi occidentali, ma ha una storia molto antica: deriva dalle fave di cacao, che furono usate anche come moneta di scambio

Cioccolato
(Joe Raedle/Getty Images)
Caricamento player

I paesi europei sono i principali consumatori di cioccolato assieme a Canada e Stati Uniti. In media nel mondo ogni persona ne consuma circa 9 etti all’anno, perlopiù sotto forma di tavolette e barrette, ma in Europa la media si alza a 5 chili a testa: quelli che ne mangiano di più sono i tedeschi, con 11 chili a persona, seguiti dagli svizzeri e dagli estoni, con 9,7 e 8,8 chili rispettivamente. Secondo l’Unione Italiana Food, la principale associazione di rappresentanza delle aziende del settore alimentare, in Italia ogni persona mangia più di 2 chili all’anno di cioccolato prodotto nel nostro paese.

Nonostante in Europa il cioccolato sia conosciuto e apprezzato da secoli, spesso non si è consapevoli della sua origine, del modo in cui viene prodotto e della sua lunga storia.

Oggi la pianta da cui deriva viene coltivata in varie comunità rurali del Sudamerica, dell’America centrale e soprattutto dell’Africa occidentale, dove però se ne mangia pochissimo. Tra i suoi principali importatori ci sono invece i Paesi Bassi, gli Stati Uniti e appunto la Germania. Si pensa comunque che gli esseri umani abbiano cominciato a farne uso nell’America centro-meridionale almeno 4mila anni fa.

L’asciugatura delle fave di cacao in un’azienda agricola del Ghana (Xu Zheng/ Xinhua via ZUMA Press, ANSA)

“Cacao” è il nome comune di alcune piante del genere Theobroma, della famiglia delle Malvacee, ma anche del loro seme, da cui si ricava la polvere che viene usata per la fabbricazione del cioccolato. Tutte le Theobroma provengono dall’America tropicale, ma oggi sono coltivate prevalentemente in Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun: nei primi due paesi in particolare si produce circa il 60 per cento del cacao mondiale.

La pianta più coltivata è la Theobroma cacao, un albero con grandi foglie, alto in media dai 5 ai 10 metri. Ogni anno una pianta produce da uno a due chili di fave (o semi) di cacao, che sono simili a mandorle e devono essere lavorate tramite fermentazione, essiccamento e macinazione. Per ottenere il cioccolato, i semi del cacao vengono privati della buccia, macinati e mescolati a caldo con lo zucchero, a volte con l’aggiunta di altre sostanze, come polvere di latte o di nocciole e aromi. Si ottiene così una “pasta” che viene poi lavorata in apposite raffinatrici a cilindri e quindi solidificata nelle forme desiderate.

Come altri prodotti provenienti dall’America centrale e meridionale, il cacao arrivò in Europa nel Cinquecento, dopo essere stato conosciuto attraverso le popolazioni locali.

cioccolato produzione

(Liz Hafalia/ San Francisco Chronicle via AP)

Gli studiosi ritengono che il cacao cominciò a essere consumato almeno 4mila anni fa nella zona del bacino dell’Amazzonia, che si estende dal Brasile al Venezuela, e in seguito nell’America centrale. La prime prove archeologiche che testimoniano il suo utilizzo da parte degli umani sono state trovate in Ecuador e si stima che possano risalire anche al 3.500 avanti Cristo. È comunque certo che venisse usato dai maya, dai toltechi e dagli aztechi, ovvero i popoli nativi americani che dominarono gran parte del territorio dell’attuale America centrale prima dell’arrivo dei colonizzatori europei.

Questi popoli preparavano una bevanda ricavata dalle fave di cacao che a volte era usata anche come medicina o durante i riti. Per i maya il cacao era il cibo degli dei e in quanto tale la sua pianta era sacra: in qualche caso seppellivano le persone più importanti assieme a ciotole di fave di cacao e altri oggetti che si credeva sarebbero tornati utili nell’aldilà. Secondo gli etimologi la parola “cioccolato” deriva invece dal termine azteco “xocoatl”, che indicava appunto una bevanda amara prodotta dai semi di cacao.

– Leggi anche: Come sono fatte le piante delle cose che mangiamo

Come racconta in un articolo su The Conversation Kathryn Sampeck, professoressa di Archeologia all’Università di Reading, a un certo punto le fave di cacao furono usate anche come moneta di scambio.

Accadde in particolare nella valle del fiume Ceniza, nell’attuale parte occidentale di El Salvador (un piccolo paese dell’America centrale tra Guatemala e Honduras), dove nel Tredicesimo secolo veniva usata per vari tipi di compravendite. Le fave di cacao continuarono a essere usate come moneta di scambio anche dopo l’arrivo degli europei, tanto che questa zona dell’America centrale cominciò a essere conosciuta come il posto in cui “il denaro cresceva sugli alberi” e i coloni avrebbero potuto fare una fortuna, dice Sampeck, che tra le altre cose ha anche studiato questa particolare applicazione del cacao.

Il frutto della pianta del cacao (Albert Marín, ANSA)

Inizialmente i coloni europei non erano troppo convinti di mangiare il cacao, perché scettici sul suo sapore e sui suoi effetti sul corpo umano, continua Sampeck. Presto però lo importarono in Europa, e la Spagna fu la prima ad adottarlo nella propria cucina.

Si sa che Cristoforo Colombo riportò le fave di cacao in Spagna dopo il suo quarto viaggio nelle Americhe, nel 1502, mentre la prima importazione di cui si hanno documenti scritti risale al 1585, sempre verso la Spagna. Lì il cacao cominciò a essere servito soprattutto come bevanda calda, addolcita e insaporita con vaniglia o cannella. La cioccolata divenne molto popolare a corte, ma anche come merenda di metà pomeriggio o spuntino serale. Ma soprattutto, racconta la studiosa di letteratura e cultura spagnola Carolyn Nadeau, a mano a mano che si diffuse, fece diventare popolare anche la colazione, che fino ad allora non era considerata un momento di socializzazione come il pranzo o la cena.

Ancora oggi una delle abitudini più diffuse in Spagna per la colazione è bere la cioccolata mangiando i churros, le tipiche frittelle dalla forma di bastoncino allungato.

– Leggi anche: L’invenzione dei biscotti con le gocce di cioccolato

Nel Seicento il cacao e la cioccolata si diffusero anche in Francia, in Inghilterra e nel resto d’Europa, dove si riteneva avessero proprietà nutrienti, medicinali e persino afrodisiache. Nacquero anche modi sempre più sofisticati per produrli e consumarli. A inizio Ottocento il chimico olandese C. J. van Houten sviluppò vari procedimenti per estrarre il grasso (burro di cacao) dalle fave tostate e ottenere una polvere di cacao più solubile. Nel 1847 l’imprenditore inglese Joseph Fry realizzò la prima tavoletta di cioccolato, mentre nel 1875 l’artigiano svizzero Daniel Peter aggiunse alla polvere di cacao il latte disidratato, inventando così il cioccolato al latte.

Nel frattempo, per soddisfare la grande richiesta di cioccolato, gli europei avevano realizzato piantagioni di cacao nelle proprie colonie dell’Africa occidentale.

Una pubblicità del 1888 dell’azienda inglese Cadbury’s Cocoa, che enfatizza le proprietà rinvigorenti del suo cioccolato (Hulton Archive/ Getty Images)

Oggi il cacao e il cioccolato sono alla base di numerosi dolci e snack diffusi in varie parti del mondo, dalle uova pasquali alla famosa torta Sacher agli Oreo, i biscotti più venduti del Ventesimo secolo. Il mercato del cacao però negli ultimi decenni è stato caratterizzato da grandi fluttuazioni dei prezzi, e da anni si parla della mancanza di cioccolato e del fatto che i coltivatori producono meno cacao di quello che il mondo vorrebbe mangiare: in parte a causa di alcune malattie incurabili delle piante e in parte a causa della siccità o altri fattori.

Tra le iniziative che si stanno mettendo in atto a livello globale per rendere il settore del cioccolato più sostenibile ed equo ci sono vari tentativi per regolamentare la deforestazione e anche per ridurre il ricorso al lavoro minorile da parte dei coltivatori di cacao. Tuttavia non è detto che le parti coinvolte – Unione Europea compresa – ci riescano, soprattutto a causa degli interessi delle grosse aziende produttrici di cioccolato. I paesi dei coltivatori di cacao chiedono che la materia prima sia pagata di più per poterla coltivare in condizioni migliori: le grandi multinazionali del settore del cioccolato dal canto loro non intendono spendere di più.

– Leggi anche: In Europa dovremmo pagare di più il cioccolato?