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  • Venerdì 25 novembre 2022

I primi gironi di Champions League, trent’anni fa

Li giocarono otto squadre e permisero al calcio europeo di rivoluzionare una competizione che stava scricchiolando

(Bildbyran via ZUMA Wire)
(Bildbyran via ZUMA Wire)
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Ci sono tanti motivi per cui i controversi Mondiali di calcio in Qatar – i primi in Medio Oriente e i primi giocati mentre nell’emisfero boreale è autunno – rappresenteranno per il calcio, o quantomeno per la FIFA, un evento da prima-e-dopo.

È certo invece che trent’anni fa cambiò la storia della UEFA, l’organizzazione che governa il calcio europeo. Il 25 novembre del 1992 iniziò infatti la fase finale della prima edizione di Champions League, che prese il posto, rinnovandolo in profondità, del torneo che per decenni si era chiamato Coppa dei Campioni.

Il passaggio dalla Coppa dei Campioni alla Champions League ebbe ragioni sia economiche che storiche, dovute a come era cambiata l’Europa. Ma non fu soltanto un cambio di denominazione o un allargamento a più squadre, bensì un’occasione per cambiare completamente approcci, struttura e immagine, a partire da un nuovo logo e dall’ancora efficacissimo inno.

Fu inoltre l’inizio di un grande salto in avanti rispetto al passato. Come scrisse BBC qualche tempo fa, prima del passaggio alla Champions League «poteva capitare che 48 ore prima di una partita la UEFA non sapesse dove farla giocare», o che alcuni calciatori delle squadre partecipanti fossero impiegati part-time.

Alex Ferguson e Peter Schmeichel del Manchester United negli anni Novanta (Ross Kinnaird /Allsport)

La prima Coppa dei Campioni d’Europa (il nome completo) fu giocata nella stagione 1955-56 principalmente su iniziativa del giornalista francese Gabriel Hanot. Vi parteciparono sedici squadre, ciascuna da un paese diverso. Molte di queste, tra cui il Milan e il Real Madrid (che la vinse battendo in finale lo Stade de Reims), avevano vinto l’anno prima i rispettivi campionati nazionali; altre erano state invitate a prescindere; altre ancora, come il Chelsea, avevano rifiutato l’invito per concentrarsi sul loro campionato.

Al netto di qualche eccezione qua e là, dagli anni Sessanta fino ai primi anni Novanta, la Coppa dei Campioni si affermò come la competizione europea tra le squadre che avevano vinto i loro campionati nazionali, a cui si aggiungeva – a prescindere dal suo risultato in campionato – quella campione in carica.

Nella stagione 1990-91 alla Coppa dei Campioni parteciparono 31 squadre, che si affrontarono a partire dai sedicesimi di finale con partite di andata e di ritorno. Furono giocate in tutto 59 partite e la Stella Rossa di Belgrado, che vinse quell’edizione, lo fece dopo averne giocate nove.

Nel 1991-92 la Coppa dei Campioni introdusse per la prima volta una fase a gironi, prevista dopo gli ottavi di finale e in sostituzione di quarti e semifinali. Gli obiettivi erano due: aumentare le partite complessive — e quindi le entrate — e garantire più partite a un maggior numero di squadre. Tra chi si era schierato apertamente a favore di una riforma in questo senso c’era Silvio Berlusconi, già proprietario del Milan.

Erano le basi di quella che nel 1992-93 sarebbe stata la prima edizione della Champions League, per la quale si qualificarono 36 squadre, le quali si affrontarono in turni preliminari fatti di partite di andata e ritorno tra agosto e novembre. Le squadre erano diventate 36 perché dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica erano aumentati i paesi dell’Europa calcistica, e quindi i campionati, e quindi anche le squadre che li vincevano.

Per dare spazio a quelle provenienti dai campionati minori fu introdotto un turno preliminare in cui si sfidarono per esempio una squadra slovena, l’Olimpia Lubiana, e una estone, il Norma Tallinn. Le altre squadre si affrontarono in sedicesimi e ottavi di finale e poi, dal 25 novembre, in due gironi da quattro partecipanti ciascuna.

Gerhard Aigner, che fu segretario generale della UEFA tra il 1989 e il 2003, ha raccontato a BBC che la Coppa dei Campioni fu trasformata in Champions League per le insistenze di alcuni club e perché la competizione soffriva troppo la concorrenza della Coppa UEFA: che oggi si chiama Europa League, in cui giocava più di una squadra per nazione e in cui, paradossalmente, c’erano quindi più squadre dei campionati principali. «Dal punto di vista commerciale – ha detto Aigner — la Coppa UEFA aveva più potenziale».

Oltre a cambiare nome e adattare il suo formato, la Champions League fece un più generale rebranding, ispirandosi in particolare ai punti di forza dello sport statunitense e a eventi come il Super Bowl del football americano. Fu di particolare effetto l’inno, basato su una rielaborazione delle musiche di Zadok the Priest, uno degli inni composti da Frideric Handel per l’incoronazione di Giorgio II di Gran Bretagna nel 1727.

Secondo Aigner, i calciatori furono galvanizzati dal nuovo contesto: «Realizzarono di dover giocare a un livello diverso e presero atto del fatto che le cose erano cambiate. Ebbi la sensazione che anche in campo il prodotto fosse migliorato rispetto al passato». Ancora più determinante, in termini economici, fu la scelta dell’UEFA di centralizzare le trattative per la cessione dei diritti televisivi relativi alle partite.

Dopo i sedicesimi e gli ottavi di finale della prima edizione — nei quali fu eliminato il Barcellona campione in carica — restarono in otto: Bruges, CSKA Mosca, Rangers Glasgow e Olympique Marsiglia in un girone; Porto, PSV Eindhoven, Milan e IFK Göteborg nell’altro. La prima partita, Milan-Göteborg, finì 4-0 con quattro gol del centravanti olandese Marco van Basten.

Furono i primi gironi di Champions League della storia, ma per certi versi – visto che le partite precedenti venivano considerate preliminari – furono anche le prime partite di Champions League della storia. Non sembra essere un caso il fatto che il logo della Champions League rappresentasse, e ancora rappresenta, otto stelle: una per ciascuna partecipante.

Le due squadre a vincere i rispettivi gironi, le cui 48 partite si giocarono tra novembre e aprile e nei quali la vittoria valeva ancora due punti anziché tre, furono Olympique Marsiglia e Milan. Nella finale del il 26 maggio 1993 vinse il Marsiglia uno a zero.

Didier Deschamps, capitano del Marsiglia (Henri Szwarc/ABACAPRESS.COM)

In tutto, contando anche le partite precedenti alla fase a gironi, in quella coppa europea si giocarono 74 partite e si segnarono 196 gol. Tra preliminari, gironi e finali, il Milan e il Marsiglia giocarono undici partite. Due in più rispetto alla Stella Rossa di due anni prima e, cosa più importante, soltanto una in più rispetto a chi era uscito ai gironi.

Da lì in poi la Champions League, che col tempo prese a essere identificata con l’intero torneo e non solo con la sua fase finale, crebbe in importanza e ricchezza. Da due, i gironi divennero prima quattro, poi sei e poi otto, e ci furono anche edizioni con due fasi a gironi. Già a metà anni Novanta si decise che le vincitrici dei principali campionati dovessero essere ammesse di diritto alla fase a gironi, senza dover disputare i preliminari, e negli anni successivi si abbandonò inoltre il principio secondo cui a sfidarsi dovessero essere solo le vincitrici dei rispettivi campionati nazionali.

Andò meno bene, negli anni successivi, al Marsiglia, la squadra che vinse la prima Champions League. Per le conseguenze di uno scandalo che riguardò anche il suo presidente, l’imprenditore Bernard Tapie, la squadra fu retrocessa d’ufficio in Francia e interdetta dalle coppe europee per le quali si era qualificata. Alcuni anni più tardi si parlò anche di presunti casi di doping relativi alla squadra di quel periodo.

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