La campagna anti LGBTQ+ diventata virale nei paesi arabi

È partita dall'Egitto ed è stata creata da tre esperti di marketing: sta contribuendo a fomentare discriminazioni e odio in vari paesi

(Dal profilo Twitter di Fetrah)
(Dal profilo Twitter di Fetrah)
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Nelle ultime settimane sui social network di vari paesi del Medio Oriente e del Nord Africa è diventata virale una campagna chiamata “Fetrah”, che rifiuta l’identità di genere non binaria e condanna gli orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità. L’iniziativa è partita dall’Egitto a fine giugno e si è diffusa molto velocemente anche tra gli utenti di altri paesi, tra cui Marocco e Giordania. Nonostante alcuni suoi profili ufficiali siano stati cancellati, la campagna sta continuando a crescere: in molti casi, contribuisce a fomentare odio e violenze verso le persone della comunità LGBTQ+.

L’iniziativa è stata creata da tre esperti di marketing ed è stata resa pubblica lo scorso 22 giugno attraverso vari account su Twitter, Instagram, Facebook e Telegram, così come tramite un sito sulla cui homepage compare un messaggio che dice in diverse lingue “basta LGBTQ+”. Tutti i profili sui social network, e anche il sito, portano appunto il nome arabo “fetrah”, che si potrebbe tradurre con “istinto umano”: l’idea dietro alla campagna è che esistano solo due generi – quello maschile e quello femminile – e che l’omosessualità sia un comportamento deviante rispetto alla natura umana, promosso e sostenuto dai paesi occidentali.

Per esprimere le proprie posizioni, il movimento Fetrah ha scelto di dotarsi di una bandiera di due colori: l’azzurro chiaro, per indicare ed enfatizzare il sesso maschile, e un rosa acceso, per indicare il sesso femminile.

– Leggi anche: Cos’è l’identità di genere, spiegato bene

Da quando è partita la campagna, moltissimi utenti hanno usato i colori della bandiera come sfondo per migliaia di post sui social network, accompagnati da hashtag che rimandano all’iniziativa e commenti come «ci sono solo due generi», oppure «nessuno ha il diritto di impormi le sue convinzioni maligne e disgustose». Alcuni messaggi fanno riferimento alla presunta «erosione dei confini tra umani e animali» provocata dalle persone che per la loro identità di genere o il loro orientamento sessuale vengono ritenute devianti da chi li scrive; altri, riconducibili a persone musulmane che hanno aderito alla campagna, invocano la legge islamica (sharia) e citano versi del Corano per giustificare un’ideologia omofoba.

Il rosa e l’azzurro si trovano anche in decine di video, meme, libri; sui social media sono spesso accompagnati da uno dei tre hashtag che individuano l’iniziativa. Secondo un post su Twitter, nel giro di pochi giorni il profilo Facebook di Fetrah aveva raccolto più di 900mila follower, oltre al sostegno più o meno esplicito di vari media, sia in Egitto che in altri paesi arabi.

 

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Un post condiviso da Fetrah Kurdi – فِطرة (@fetrahkurdi)

Come ha detto al sito Rest of World una ricercatrice della Giordania che si occupa di diritti sulle piattaforme digitali e ha chiesto di essere identificata solo col nome Raya, essenzialmente quello di Fetrah è «un tentativo coordinato di prendere di mira la comunità LGBT dei paesi arabi». Questo ha fatto sì che da un lato, continua Raya, molte persone che sono omosessuali o non si riconoscono né nel genere femminile né in quello maschile abbiano cominciato a sentirsi minacciate e, dall’altro, che ci siano sempre più post in cui si invita a umiliarle o a fare loro del male.

Un post pubblicato a fine giugno sull’account Twitter Fetrah diceva che la campagna non tollerava molestie nei confronti delle persone della comunità LGBTQ+: in vari casi però sull’account è stata usata una retorica che le descrive come persone «non civilizzate» e sono stati usati termini offensivi nei confronti degli uomini gay. Uno di questi è l’attivista Wajeeh Lion, che è originario dell’Arabia Saudita ma vive in asilo politico negli Stati Uniti; Lion, che ha criticato apertamente l’iniziativa, segnalandola anche a Twitter, ha detto di aver subìto molestie sul proprio account da parte di utenti che gli avevano augurato la morte e avevano minacciato di bruciarlo vivo.

A inizio luglio Meta aveva chiuso i profili ufficiali della campagna su Facebook e Instagram, dove nel frattempo sono nate altre pagine con alcune centinaia o al massimo poche migliaia di follower che portano avanti il messaggio dell’iniziativa. Per ora sono invece aperti sia il canale Telegram di Fetrah, che ha più di 15mila iscritti, sia il suo profilo Twitter, dove gli utenti che seguono la pagina sono più di 75mila. Un portavoce di Twitter sentito da Rest of World non ha chiarito se il social network abbia cancellato o meno dei post del profilo per via delle norme interne che vietano l’incitamento all’odio e comportamenti lesivi motivati dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale.

 

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Un post condiviso da Fetrah Kurdi – فِطرة (@fetrahkurdi)


Un post di un profilo legato alla campagna che accusa le persone omosessuali di essere le responsabili della diffusione del vaiolo delle scimmie, una malattia che interessa soprattutto uomini gay e bisessuali

Abdullah Abbas, uno dei tre creatori della campagna, ha fatto sapere che l’iniziativa non ha una matrice religiosa specifica, visto che il suo obiettivo è coinvolgere il maggior numero possibile di persone, anche in altre parti del mondo. Abbas ha anche confermato a Rest of World di aver lanciato la campagna a giugno perché è il mese internazionale del Pride, la serie di eventi che celebrano la comunità LGBTQ+.

A fine giugno Amazon aveva limitato i risultati delle ricerche relative ad argomenti che riguardavano la comunità LGBTQ+ sul proprio sito dopo aver ricevuto pressioni dal governo degli Emirati Arabi Uniti. Sempre a giugno paesi come Arabia Saudita, Egitto e Libano avevano vietato la proiezione di Lightyear – La vera storia di Buzz di Pixar sostenendo che il film promuovesse l’omosessualità per via di una scena in cui si baciano due ragazze, e per motivazioni simili era stato censurato anche Doctor Strange nel Multiverso della Follia. A inizio mese in Kuwait, un paese dove l’omosessualità maschile è un reato, c’erano state polemiche per il fatto che l’ambasciata degli Stati Uniti avesse issato la bandiera della comunità LGBTQ+ per celebrare il Pride.

L’attivista per i diritti umani marocchina Mariyem Gamar ha detto a Morocco World News che Fetrah è «un movimento di odio dogmatico, omofobico e transfobico […] che sta cercando di disinformare il pubblico creando un clima di paura» e facendo passare la comunità LGBTQ+ per un movimento «criminale, immorale e innaturale». Secondo Gamar, la campagna non sta contribuendo a rafforzare solo i preconcetti che già esistono nella gran parte delle società rispetto alle persone omosessuali o con un’identità di genere diversa rispetto a quella associata al sesso di nascita, ma anche quelli sui ruoli di genere e sugli stereotipi di uomini e donne eterosessuali.

– Leggi anche: Breve storia dell’eterosessualità