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  • Martedì 2 agosto 2022

Nancy Pelosi è arrivata a Taiwan

E la sua visita farà molto arrabbiare la Cina, che minaccia da settimane ritorsioni gravissime

(Taiwan Ministry of Foreign Affairs via AP)
(Taiwan Ministry of Foreign Affairs via AP)
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Martedì la speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi è arrivata a Taiwan, l’isola di fatto indipendente che la Cina rivendica come propria: un gesto che il governo cinese considera una provocazione grave e che potrebbe portare a uno scontro diplomatico con gli Stati Uniti. Erano giorni che Pelosi lasciava intendere di voler visitare Taiwan e che il governo cinese minacciava ritorsioni, considerando la sua visita un affronto alla propria autorità.

Una quarantina di minuti dopo il suo atterraggio, la Cina ha annunciato l’avvio, nei prossimi giorni, di una serie di azioni militari nei pressi di Taiwan: in particolare, un’esercitazione congiunta di mezzi aerei e marittimi nelle zone settentrionali, orientali e occidentali dell’isola e alcuni lanci di missili nelle acque che la circondano.

Pelosi è arrivata all’aeroporto di Songshan, a Taipei, capitale di Taiwan, intorno alle 22.45 locali (circa le 16.45 italiane), con un volo partito dalla Malesia, prima tappa del suo viaggio in Asia. È stata ricevuta dal ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu: l’atterraggio è stato trasmesso in diretta dal ministero. Nel frattempo, in concomitanza dell’arrivo di Pelosi, i media di stato cinesi avevano fatto sapere che alcuni caccia da combattimento cinesi stavano sorvolando lo stretto di Taiwan, quello che divide l’isola dalla Cina.

Poco dopo l’atterraggio Pelosi ha diffuso un comunicato ufficiale a commento della sua visita all’isola: tra le altre cose, la speaker della Camera ha ribadito la volontà degli Stati Uniti di rispettare il Taiwan Relations Act del 1979, la legge con cui gli Stati Uniti si impegnarono a mantenere rapporti diplomatici informali con Taiwan e a provvedere armi di natura difensiva all’isola. «Gli Stati Uniti continuano a opporsi ai tentativi unilaterali di cambiare lo status quo», ha scritto Pelosi. Poco dopo è uscito anche un suo editoriale sul Washington Post, in cui ha citato «la profonda amicizia radicata in interessi e valori condivisi: l’autodeterminazione e l’autogoverno, la democrazia e la libertà, la dignità umana e i diritti umani».

Benché incerta fino all’ultimo, la visita di Pelosi a Taiwan era attesissima e nelle ultime ore il suo viaggio è stato molto seguito, con i media che davano aggiornamenti sugli spostamenti del velivolo su cui si supponeva che si trovasse la speaker: sul sito Flightradar24, che consente di tracciare il percorso degli aerei mentre sono in volo, quel volo è stato il più seguito al mondo nella giornata di oggi.

La tappa a Taiwan non era stata inclusa da Pelosi nel programma ufficiale del suo viaggio, diffuso domenica, ma nelle settimane precedenti diversi giornali avevano parlato della sua volontà di visitare Taiwan: lei non aveva né confermato né smentito la cosa, lasciando intendere di non escludere l’ipotesi.

Alla fine Pelosi e la sua delegazione si sono effettivamente fermati a Taiwan: anche i tempi erano quelli previsti da diverse indiscrezioni, che avevano parlato proprio di martedì o mercoledì. Nel frattempo da Taiwan sono arrivati diversi segnali di calorosa accoglienza, tra cui alcune scritte sull’edificio più alto dell’isola (e il quarto più alto al mondo), il Taipei 101:

 

Non si sa ancora molto dei piani di Pelosi per la sua visita a Taiwan, e al riguardo circolano diverse indiscrezioni. Per ora si sa che alle 10.30 di mercoledì la delegazione di Pelosi incontrerà la presidente taiwanese Tsai Ing-wen, e che poi Pelosi potrebbe ripartire, forse già mercoledì mattina, per il Giappone o per la Corea del Sud.

Lorenzo Lamperti, direttore editoriale di China Files, cita però altre indiscrezioni secondo cui la speaker potrebbe incontrare, oltre alla presidente dell’isola, anche alcuni manager di TSMC, azienda taiwanese che è il più grande produttore di microchip al mondo. O addirittura uno dei leader delle proteste organizzate lo scorso giugno in occasione dell’anniversario della strage di Piazza Tienanmen, quando il 4 giugno 1989 l’esercito cinese represse con violenza le grandi manifestazioni di studenti e lavoratori che chiedevano democrazia e rispetto dei diritti umani nel paese. Secondo altre fonti, invece, oltre a incontrare la presidente Pelosi visiterà il parlamento e poi il Museo nazionale dei diritti umani di Taiwan.

Taiwan, isola di circa 23 milioni di abitanti, è un territorio indipendente rivendicato dalla Cina come proprio. È considerato uno dei paesi più democratici dell’Asia, e il suo status è causa di divisioni e scontri frequenti fra Occidente e la Cina, che si rifiuta di avviare rapporti diplomatici con i governi che hanno rapporti formali con Taiwan.

Una visita ufficiale a Taiwan da parte di un personaggio della rilevanza e dell’importanza di Pelosi, che ricopre la terza carica più importante degli Stati Uniti, equivale a una legittimazione dello status e del governo dell’isola e a un affronto all’autorità cinese, anche se il governo di Taiwan è eletto autonomamente ed è del tutto indipendente da quello cinese.

Gli Stati Uniti mantengono rapporti diplomatici formali con la Cina, e informali con Taiwan, benché abbiano una lunga storia di sostegno a favore del paese, anche di tipo militare.

Quella di Pelosi è la prima visita di uno speaker americano a Taiwan da 25 anni: l’ultimo era stato, nel 1997, il repubblicano Newt Gingrich. Da allora ci sono state altre visite, ma di politici e diplomatici molto meno importanti. Oggi la Cina è un paese molto più potente di allora, il che aumenta proporzionalmente anche la portata della provocazione. Anche perché, rispetto ad altri politici occidentali, Pelosi è sempre stata notoriamente molto critica nei confronti del Partito comunista cinese, oltre che molto sensibile alla necessità di sostenere Taiwan e la sua autonomia.

Negli ultimi giorni e nelle ultime ore diversi personaggi di spicco della politica e dei media cinesi avevano minacciato gravi ritorsioni nel caso in cui Pelosi fosse atterrata a Taiwan.

Riferendosi probabilmente a una possibile visita di Pelosi a Taiwan, la settimana scorsa il presidente cinese Xi Jiping aveva detto al presidente americano Joe Biden, per telefono, che «chi scherza col fuoco muore bruciato»; un portavoce del ministero degli Esteri cinese aveva espressamente minacciato «serie conseguenze se [Pelosi] insisterà col visitare Taiwan»; tra gli altri, l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti Qin Gang aveva twittato un video trionfale dell’esercito cinese, accompagnato da questa frase: «Questo è l’Esercito Popolare di Liberazione, il guardiano del popolo cinese da 95 anni, che non se ne starà con le mani in mano quando si tratterà di salvaguardare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale».

A ridosso di una possibile visita di Pelosi a Taiwan la Cina, che in questi giorni sta anche svolgendo alcune esercitazioni militari nel Mar cinese meridionale, ha anche fatto mostra dei propri mezzi militari in modo piuttosto vistoso, come spiega Bang Xiao di ABC:

In tutto questo, il governo russo ha espresso la propria solidarietà a quello cinese, definendo il viaggio di Pelosi a Taiwan una «pura provocazione».

Non è chiaro cosa succederà adesso: nelle ultime ore alcuni commentatori e funzionari del governo americano si erano detti preoccupati rispetto a un’eventuale risposta militare da parte della Cina. Le ipotesi sono numerose: la Cina, scrive Lamperti, potrebbe fare azioni simboliche, come può essere il passaggio di un jet cinese sull’isola, o un po’ più concrete, come test missilistici nelle vicinanze dell’isola. Fino ad arrivare ad azioni sulle isole periferiche che al momento ricadono sotto l’amministrazione taiwanese.

A vari commentatori, comunque, lo scenario di un intervento militare cinese sembra almeno per il momento molto improbabile: il governo cinese ha questioni più urgenti e pressanti da gestire, tra crisi economica e del mercato immobiliare, e il tutto potrebbe almeno momentaneamente esaurirsi con uno scontro diplomatico. Secondo alcuni è più ragionevole pensare che ci siano innanzitutto reazioni di tipo commerciale, come ad esempio la sospensione di alcune delle importazioni alimentari dalla Cina a Taiwan (sembra che la Cina abbia già iniziato a farlo): è quello che recentemente la Cina ha fatto per esempio con la Lituania, anche in quel caso come ritorsione per aver trattato Taiwan come un paese indipendente.

Nelle ultime ore, nel frattempo, sembra che ci siano stati alcuni attacchi informatici a siti delle istituzioni governative taiwanesi.