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  • Giovedì 28 luglio 2022

Nancy Pelosi vuole andare a Taiwan

Ma il viaggio della speaker della Camera statunitense potrebbe complicare i già difficili rapporti diplomatici tra gli Stati Uniti e la Cina, che rivendica la sovranità sull'isola

La presidente della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi (Anna Rose Layden/Getty Images)
La presidente della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi (Anna Rose Layden/Getty Images)
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Negli Stati Uniti si sta discutendo di un viaggio che la speaker della Camera, Nancy Pelosi, avrebbe intenzione di fare a Taiwan, con probabili conseguenze diplomatiche nei rapporti con la Cina. La visita non è stata ancora ufficializzata, ma secondo molte fonti citate dai giornali statunitensi la sua preparazione sarebbe in corso da tempo. Pelosi aveva già mostrato in passato una particolare attenzione per i temi della tutela dei diritti umani e della libertà di espressione in Cina, paese che rivendica la propria sovranità su Taiwan e che non accetta volentieri rapporti diplomatici del governo di Taipei con paesi stranieri.

Per ora Pelosi ha preferito non confermare o smentire i piani per il proprio viaggio, ricordando che per motivi di sicurezza non vengono mai resi noti in grande anticipo gli spostamenti della speaker della Camera. Alcuni rappresentanti che fanno parte della Commissione Esteri hanno però confermato di essere stati invitati a prendere parte al viaggio, con una delegazione che dovrebbe comprendere politici del partito Democratico (di cui Pelosi fa parte) e di quello Repubblicano.

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, per ora ha preferito non commentare le notizie sulla visita a Taiwan proprio per non complicare ulteriormente le difficili relazioni diplomatiche con la Cina. Per oggi, giovedì 28 luglio, è prevista una telefonata tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping, la loro prima conversazione in quattro mesi, e ci saranno molti temi da affrontare, tra cui la guerra in Ucraina e la crisi delle materie prime. È difficile che verranno fatte dichiarazioni ufficiali sull’eventuale visita a Taiwan prima della conversazione tra i due presidenti.

L’esercito statunitense ha intanto avviato alcuni piani per rafforzare le proprie attività nell’area, con l’obiettivo di offrire maggiore protezione a Pelosi e alla sua delegazione. Non ci sono motivi per ipotizzare azioni drastiche da parte della Cina, come un attacco aereo contro la delegazione di Pelosi, ma vengono considerate possibili eventuali incomprensioni o manovre male interpretate, che potrebbero portare a reazioni impreviste o comunque a un ulteriore aumento della tensione tra i due governi.

L’ultima visita di un presidente della Camera statunitense a Taiwan risale a 25 anni fa, quando il repubblicano Newt Gingrich raggiunse il paese per mostrare la vicinanza degli Stati Uniti al governo di Taipei. Ancora oggi l’ipotesi di un’eventuale invasione cinese di Taiwan non viene esclusa da commentatori ed esperti.

Nel 1991 Pelosi fece un viaggio a Pechino poco tempo dopo essere stata eletta alla Camera e in seguito agli eventi di piazza Tienanmen del 1989. Insieme ad altri politici statunitensi mostrò uno striscione con la scritta: «A coloro che morirono per la democrazia in Cina», un chiaro riferimento al massacro dei manifestanti da parte dell’esercito cinese. Pelosi fu trattenuta brevemente dalla polizia e commentò l’accaduto dicendo sarcasticamente: «Ci hanno detto per due giorni che in Cina c’è la libertà di espressione».

Fu quella visita a rendere Nancy Pelosi, che ora ha 82 anni, molto sensibile ai temi dei diritti civili in Cina e alla necessità di sostenere Taiwan e la sua indipendenza.

Negli anni di maggiore sviluppo dell’economia cinese e dei crescenti rapporti commerciali con l’Occidente, Pelosi ha sempre sostenuto la necessità di mantenere un approccio critico e attento alle politiche della Cina soprattutto per quanto riguarda la tutela delle libertà individuali. Nel 2009, chiese formalmente all’allora presidente cinese Hu Jintao di liberare alcuni prigionieri politici, mentre in precedenza si era mostrata contraria alla candidatura di Pechino per le Olimpiadi del 2008, proprio per le sistematiche violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel paese.