Come si incastrano le elezioni in autunno e la legge di bilancio

Le rigide scadenze richiederanno una certa continuità tra il governo dimissionario e il successivo, col rischio dell'esercizio provvisorio

di Mariasole Lisciandro

(ANSA/CLAUDIO PERI)
(ANSA/CLAUDIO PERI)
Caricamento player

La caduta del governo guidato da Mario Draghi e la convocazione di elezioni anticipate al 25 settembre, le prime a tenersi in autunno nella storia repubblicana, potrebbero creare parecchi problemi nell’approvazione della legge di bilancio, la legge annuale che decide come verranno spesi i soldi dello stato nei tre anni successivi e che deve essere approvata entro il 31 dicembre. Se tale scadenza non viene rispettata, si entra nel cosiddetto “esercizio provvisorio”, un’espressione che si è sentita pronunciare spesso nell’ultima settimana: è uno scenario secondo molti da evitare perché la spesa pubblica viene limitata per legge, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di credibilità del paese.

Non rispettare le scadenze sull’approvazione della legge di bilancio non è l’unica preoccupazione del governo: lo sono anche il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR, che potrebbe portare l’Unione Europea a non erogare le prossime rate; e lo è anche l’affossamento definitivo di una parte importante della riforma della concorrenza, anche questa facente parte degli obiettivi del PNRR, relativa alla riforma dei taxi, settore che è stato in agitazione per settimane.

Il governo Draghi è rimasto in carica per il disbrigo degli affari correnti, che hanno un perimetro che viene dato di volta in volta dal governo dimissionario con una circolare. Draghi sembra essersi assicurato la libertà di continuare a emanare tutti gli atti legati all’attuazione del PNRR, mentre il documento non menziona affatto la legge di bilancio, al cui riguardo, quindi, non è chiaro esattamente cosa succederà.

Cos’è la legge di bilancio e il fitto calendario autunnale
La legge di bilancio è una legge dello stato che riporta le previsioni di entrate e spese per l’anno successivo. In sostanza è il bilancio dello stato, che contiene anche le previsioni per i tre anni successivi, che poi di anno in anno vengono aggiornate.

È una legge molto importante, che stabilisce quali misure economiche saranno introdotte nell’anno successivo, cioè come saranno spesi i soldi pubblici, e come queste saranno finanziate, cioè se si prevede di aumentare le tasse o diminuire altre spese o addirittura finanziandole a debito. La legge di bilancio dello scorso anno valeva circa 32 miliardi, ma non vuol dire ovviamente che lo stato quest’anno ha speso solo questi: la spesa pubblica nel 2022 era stimata a oltre 900 miliardi e il valore della legge di bilancio indica solo gli interventi aggiuntivi che il governo intende finanziare.

È quindi la misura economica più importante, che arriva solo alla fine del cosiddetto “ciclo di bilancio”, un insieme di appuntamenti europei e nazionali che dura in pratica tutto l’anno.

Dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011, i paesi dell’Unione Europea iniziarono a coordinare maggiormente le politiche economiche, in modo che ci fosse una coerenza complessiva. Proprio nel 2011 fu quindi introdotto il meccanismo del “semestre europeo”, che non dura proprio un semestre, ma più o meno: gli stati membri approvano i loro bilanci nella seconda metà dell’anno sulla base delle raccomandazioni e degli obiettivi strategici fissati a livello europeo durante la prima metà.

L’obiettivo è quindi di sottoporre alle istituzioni europee le politiche economiche degli stati prima che queste vengano approvate in via definitiva dal Parlamento.

Con le specificità italiane, il ciclo di bilancio si struttura così:

  1. tra febbraio e marzo il Consiglio europeo, l’organo che detta le linee politiche dell’Unione composto dai capi di stato e di governo dei paesi membri, elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello europeo;
  2. a metà aprile gli stati sottopongono alla Commissione Europea contestualmente i Piani nazionali di Riforma e i Piani di Stabilità e Convergenza. Il governo italiano lo fa presentando anche al Parlamento il Documento di economia e finanza, il DEF, che delinea il quadro macroeconomico entro cui pensa di muoversi nel prossimo futuro, indicando per esempio gli obiettivi di crescita del PIL e dell’andamento del debito pubblico;
  3. a inizio giugno la Commissione Europea elabora le proprie raccomandazioni sulle politiche economiche dei paesi membri, basandosi su quanto ricevuto in aprile e sulle specificità di ognuno;
  4. a fine giugno l’Ecofin, il consiglio in cui siedono tutti i ministri dell’Economia dell’Unione Europea, approva le raccomandazioni della Commissione;
  5. nel secondo semestre dell’anno i singoli paesi, con le rispettive procedure, approvano le leggi di bilancio.

A questa procedura è stato aggiunto nel 2013 un controllo del bilancio dello stato da parte della Commissione anche nel cosiddetto “semestre nazionale”.

Entro il 15 ottobre i governi devono presentare alla Commissione europea e all’Eurogruppo (la riunione dei ministri dell’Economia dei paesi che adottano l’euro) il Documento programmatico di bilancio, riassuntivo di ciò che conterrà la legge di bilancio. Tale documento, che viene trasmesso anche alle Camere, deve essere coerente con le raccomandazioni elaborate dalla Commissione Europea. La stessa Commissione deve dare il suo parere entro il 30 novembre.

È ormai una prassi che prima di arrivare al via libera definitivo ci sia una serie di richieste di chiarimenti e negoziati tra il ministero dell’Economia e la Commissione Europea.

Il governo italiano, al di fuori della procedura europea, presenta entro il 27 settembre di ogni anno la Nota di aggiornamento al DEF, che aggiorna gli obiettivi prefissati nel Documento di economia e finanza di aprile, sulla base di un contesto economico che potrebbe essere cambiato e delle raccomandazioni della Commissione. Entro il 20 ottobre viene poi presentato al Parlamento il vero e proprio disegno di legge di bilancio. Da lì inizia la discussione parlamentare, che porta all’approvazione del bilancio dello stato entro il 31 dicembre di ogni anno.

Sono questi ultimi passaggi a essere a rischio senza un governo nel pieno delle sue funzioni.

Le fasi del ciclo di bilancio (in rosso quelle a rischio)

 

Cos’è l’esercizio provvisorio
Se la legge di bilancio non viene approvata entro la fine dell’anno, il rischio è che si entri nel cosiddetto esercizio provvisorio. È uno scenario piuttosto serio, che parte dal presupposto che lo stato non possa prelevare o spendere denaro senza una specifica legge che lo autorizzi. Per evitare il rischio che la pubblica amministrazione si blocchi, che non possa più pagare stipendi o erogare le pensioni, la Costituzione regola, seppur vagamente, l’esercizio provvisorio con due condizioni.

La prima è che, se non si approva la legge di bilancio, il Parlamento deve comunque approvare una legge per dare il via all’esercizio provvisorio: non c’è quindi nessuna procedura automatica che si può eseguire senza voto delle Camere. La seconda è che l’esercizio provvisorio non può durare più di quattro mesi, al termine dei quali la vera legge di bilancio deve essere approvata.

Questa speciale procedura prevede che la spesa pubblica sia permessa “per dodicesimi”, nella misura di tanti dodicesimi quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio (un dodicesimo se dura un mese, due dodicesimi se due mesi e via così). Per esempio: se la legge di bilancio prevede che nell’anno si potranno spendere 120mila euro e l’esercizio provvisorio durerà 4 mesi, allora durante tale periodo si potranno spendere al massimo 40mila euro (120mila diviso 12 e moltiplicato poi per la durata dei mesi dell’esercizio provvisorio, ossia 4). Solo alle spese obbligatorie non si applica questo limite, come nel caso del pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici.

Nonostante sia per sua natura una misura straordinaria, in realtà dal 1948 l’esercizio provvisorio è stato approvato 33 volte. L’ultima nel 1988, quindi è facile intuire quanto fosse la regola in quegli anni. Da allora però è diventata l’eccezione, ma è sempre stato usato come spauracchio per accelerare la discussione parlamentare e uscire dallo stallo sulla legge di bilancio.

Rispetto alla prima Repubblica, i legami sempre più stretti con il sistema europeo, l’enorme debito pubblico accumulato e la volatilità dei mercati finanziari hanno reso il ricorso all’esercizio provvisorio uno scenario che in molti ritengono saggio evitare.

Il timore è che il ricorso a questo strumento mostri un paese particolarmente instabile e inaffidabile, e fornisca agli investitori e ai partner internazionali un’immagine di mancanza di serietà. Col risultato dell’aumento dei tassi di interesse sui titoli di stato italiani e l’aumento del cosiddetto spread, ossia la differenza con i tassi dei titoli di stato tedeschi, considerati dal mercato privi di rischio.

– Leggi anche: Ripassiamo: cos’era quindi lo spread?

Le elezioni a settembre aumentano il rischio dell’esercizio provvisorio?
Non c’è dubbio che questa sessione di bilancio sarà molto delicata. Fino a che non verrà nominato il nuovo governo, rimarrà comunque in carica il governo Draghi per il disbrigo degli affari correnti.

Dalle indiscrezioni e dai retroscena di questi giorni, è emerso che Draghi non avrà probabilmente problemi a varare la Nota di aggiornamento al DEF, che sarà depurata da tutti gli obiettivi programmatici e considerati più politici. Ne risulterà un documento “a legislazione vigente”, che si limiterà a dare un’immagine dei conti pubblici nei prossimi tre anni senza alcun tipo di intervento aggiuntivo. Sulla legge di bilancio, sembra però che Draghi sia stato chiaro e che lascerà il compito al nuovo governo.

Come dicevamo all’inizio, non ci sono precedenti di voto in autunno nella storia repubblicana, quindi bisogna andare per ipotesi.

Anzitutto c’è da chiedersi quando sia lecito attendersi che si formi un nuovo esecutivo: secondo i calcoli di Filippo Teoldi, giornalista di Domani, mediamente in Italia servono sei settimane prima che il nuovo governo presti giuramento dopo il voto. Dopo le elezioni del 2018, in cui si è votato con la stessa legge elettorale che sarà usata il 25 settembre, il Rosatellum, ci vollero però tre mesi prima che prestasse giuramento il governo Conte I.

Anche ipotizzando che la formazione del nuovo governo rispetterà la media delle sei settimane, non ci sarà un esecutivo nel pieno delle sue funzioni prima di metà novembre, quindi ben oltre le tradizionali scadenze per presentare la legge di bilancio sia alla Commissione europea sia al Parlamento. Il governo attuale (o il nuovo) dovrà quindi negoziare con Bruxelles una proroga rispetto ai termini ordinari.

Inoltre, i partiti hanno già iniziato a fare promesse esagerate da campagna elettorale, che però non saranno realizzabili nella realtà. Il nuovo governo dovrà infatti muoversi entro vincoli innanzitutto matematici: benché la crescita del 2,4% indicata nel DEF andrà sicuramente rivista a rialzo, anche alla luce delle migliori stime sul PIL, gli spazi di manovra si dovranno per forza ridimensionare a causa del rallentamento che molto probabilmente ci sarà nei prossimi mesi. Inoltre, dato il vincolo numerico, più esorbitanti sono le promesse e più duri saranno i negoziati che il nuovo governo dovrà affrontare con la Commissione Europea: per esempio, i 50 miliardi di legge di bilancio finanziati a debito promessi dalla coalizione di destra difficilmente lasceranno indifferenti le istituzioni europee.

L’Italia comunque non resta senza un governo: se i tempi di formazione del nuovo esecutivo saranno eccessivamente lunghi, è difficile pensare che il governo Draghi non sia disposto a scrivere una legge di bilancio snella, senza misure rivoluzionarie, ma in grado di evitare l’esercizio provvisorio.