Con le elezioni sarà complicato rispettare le scadenze del PNRR

Il trasferimento dei prossimi 21 miliardi di euro dipende da riforme e investimenti che con la situazione politica attuale sembra difficile fare

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)
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Le dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi e la caduta del governo avranno effetti sulle riforme e in generale sugli obiettivi a cui i ministeri hanno lavorato nell’ultimo anno e mezzo. I programmi e le scadenze sono particolarmente importanti in questa fase perché gli ultimi mesi dell’anno sono solitamente dedicati alla discussione della legge di Bilancio, la misura economica che stabilisce dove e come saranno gestite le entrate fiscali, e soprattutto perché moltissimi dei progetti più attesi sono legati al PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Con le elezioni in autunno sarà molto complicato rispettare tutte le scadenze.

Questo timore è stato dichiarato, pur con la consueta pacatezza, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella comunicazione con cui ha ufficializzato lo scioglimento delle Camere. Mattarella ha detto che non sono consentite pause «negli interventi indispensabili per contrastare gli effetti della crisi economica e sociale e, in particolare, dell’aumento dell’inflazione che, causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari, comporta pesanti conseguenze per le famiglie e per le imprese».

Il presidente, inoltre, ha sottolineato l’importanza «decisiva» dell’attuazione «nei tempi concordati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, cui sono condizionati i necessari e consistenti fondi europei di sostegno».

Nei prossimi giorni sarà importante capire i compiti e i poteri del governo dimissionario. Formalmente, il governo è incaricato del “disbrigo degli affari correnti”, ma non è ancora chiaro cosa possa fare in attesa del voto. In qualsiasi caso, la campagna elettorale e i tempi per la formazione del nuovo governo potrebbero allungare di molto i tempi stabiliti per i piani già avviati e per le riforme indispensabili per ricevere i soldi del PNRR.

Il PNRR è un documento con cui il governo ha spiegato all’Unione Europea come spenderà i finanziamenti messi a disposizione tramite il bando Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund. Il piano dell’Italia prevede in tutto finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 190,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse economiche interne. I soldi vengono trasferiti in rate e i bonifici sono legati al rispetto dei punti contenuti nel piano entro le scadenze indicate.

Un progetto viene considerato portato a termine quando raggiunge il suo “traguardo” (detto anche milestone) e il suo obiettivo (target). Le misure previste dal piano prevedono in totale 527 scadenze suddivise in 314 milestone e 213 target da raggiungere entro i primi sei mesi del 2026.

Il PNRR prevedeva che entro il 31 dicembre 2021 fossero portati a termine 51 progetti fra investimenti e riforme, e altrettanti milestone e target. Grazie al raggiungimento di questi obiettivi, il 13 aprile il governo aveva ricevuto dalla Commissione Europea una rata da 21 miliardi, la prima del PNRR dopo un prefinanziamento da 24,9 miliardi concesso il 13 agosto del 2021 per dare inizio al piano.

La prossima rata da 21,8 miliardi di euro sarà concessa soltanto se verranno raggiunti altri 55 obiettivi entro il 31 dicembre 2022. Sono possibili deroghe in periodi elettorali, ma al momento le conseguenze più temute sono il mancato trasferimento delle prossime rate e un ritardo che potrebbe compromettere tutto l’impianto e il finanziamento del PNRR.

Tra gli obiettivi da raggiungere entro la fine dell’anno ci sono progetti legati alle infrastrutture digitali, al turismo, al contrasto del lavoro nero e dell’evasione fiscale, ma anche l’assunzione di personale giudiziario e dell’agenzia nazionale per la cybersicurezza, le gare di appalto per costruire nuove linee ferroviarie ad alta velocità.

L’attività amministrativa potrà andare comunque avanti, anche senza un governo con pieni poteri, grazie al lavoro dei funzionari, ma senza indicazioni e linee chiare è difficile pensare che i ministeri lavorino con l’efficienza e la velocità garantita finora sul PNRR. «Il PNRR ha imposto – e al tempo stesso richiesto – una macchina amministrativa straordinaria che non si potrà tenere costante passando da una legislatura all’altra», ha scritto Gianni Trovati sul Sole 24 Ore. «Prima che i ministeri possano tornare a pieno regime passeranno mesi. Come accoglierà la UE questo inevitabile rallentamento italiano?»

Oltre a questi investimenti, il trasferimento dei soldi per realizzare il PNRR dipende dall’approvazione di alcune riforme, una delle sollecitazioni più sottolineate da Mario Draghi durante l’intervento in Senato. Il presidente del Consiglio dimissionario ha detto che è molto importante procedere con le riforme che, insieme agli investimenti, «sono il cuore del PNRR».

Le più importanti sono tre: la riforma fiscale, la riforma del codice degli appalti e la riforma della concorrenza. Negli ultimi mesi ci sono stati diversi confronti piuttosto duri tra i partiti della maggioranza sull’impostazione delle riforme, sulle regole e sulle conseguenze che avranno in settori piuttosto delicati.

Si è discusso molto della riforma fiscale soprattutto per via della parte che introduce nuove regole per il catasto, contestate dal centrodestra che teme un aumento delle tasse nonostante le rassicurazioni del governo. Anche della riforma della concorrenza si è parlato assai: è attesa da anni, chiesta dall’Unione Europea, e tocca diversi settori come le concessioni delle licenze dei taxi, articolo rimosso giovedì nel tentativo di far approvare la legge, e degli stabilimenti balneari, che il centrodestra non vorrebbe modificare. C’è poi la riforma del codice degli appalti, che è importante perché pensata per ridurre i tempi di realizzazione di opere pubbliche e introdurre nuovi strumenti per il contrasto alla corruzione.

– Leggi anche: Le cause contro il PNRR dovranno essere più veloci

La caduta del governo e le elezioni in autunno sono inoltre un problema per l’ordinaria programmazione economica dello stato.

A settembre, infatti, deve essere approvata la Nota di aggiornamento al DEF (detta anche NADEF). Il DEF è il documento che contiene le intenzioni di spesa e le previsioni di crescita e di indebitamento del governo, oltre a una descrizione sommaria delle principali misure che il governo stesso intende introdurre; la NADEF, invece, si presenta solitamente dopo l’estate, e precede di alcuni mesi la legge di bilancio di fine anno, in cui vengono elencate nel dettaglio le principali misure economiche del governo.

Ritardi nell’approvazione della NADEF, che deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre, causano uno slittamento della preparazione della legge di Bilancio che ogni anno stabilisce come saranno spesi circa 30 miliardi di euro tra interventi sullo stato sociale, tagli alle tasse e incentivi. La legge di Bilancio deve essere presentata entro il 15 ottobre alla Commissione Europea e in parlamento entro il 20 ottobre per l’inizio delle discussioni che devono concludersi con l’approvazione entro il 31 dicembre. Negli ultimi anni ci sono stati diversi ritardi: nel 2021, per esempio, la legge fu presentata in Senato solo il 12 novembre e fu approvata il 30 dicembre, il giorno prima della scadenza.

Se la legge di Bilancio non viene approvata entro la fine dell’anno, lo stato entra nel cosiddetto “esercizio provvisorio” della spesa pubblica, una misura straordinaria prevista dall’articolo 81 della Costituzione. Durante l’esercizio provvisorio lo stato può autorizzare spese soltanto “per dodicesimi” e al massimo per quattro mesi: ogni mese, quindi, è possibile spendere un dodicesimo delle spese previste a bilancio. L’esercizio provvisorio è una misura che è stata utilizzata molte volte dal 1946 ad oggi, ma è difficile prevedere quali saranno gli effetti della sua eventuale applicazione con il PNRR.

La certezza, da qui alla fine dell’anno, è che si dovranno ripensare molte delle proposte discusse negli ultimi mesi e che sono state motivo delle tensioni nella maggioranza che infine hanno portato alle dimissioni di Mario Draghi: il salario minimo, il taglio del cuneo fiscale, la nuova organizzazione delle pensioni per il superamento della legge Fornero, la revisione del superbonus e in generale degli incentivi fiscali, gli interventi per limitare l’aumento dei prezzi della benzina e dell’energia.