Il governo vuole introdurre una sorta di salario minimo

Vuole legarlo agli stipendi minimi fissati dai contratti nazionali, ma non tutti sono d'accordo

Mario Draghi e Andrea Orlando (Mauro Scrobogna /LaPresse)
Mario Draghi e Andrea Orlando (Mauro Scrobogna /LaPresse)
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Martedì, al termine di un incontro con i sindacati, il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro del Lavoro Andrea Orlando hanno parlato di alcune misure a cui il governo sta lavorando per rilanciare l’economia e il mercato del lavoro. Tra queste c’è una sorta di salario minimo per i lavoratori che non sono coperti da contratti nazionali.

“Una sorta” perché in realtà la proposta del governo non prevede un salario minimo come quello presente in altri paesi europei, ovvero una soglia di compenso minimo uguale per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla mansione che svolgano. Per l’Italia si era parlato della possibilità di fissarla a 9 euro all’ora. Prevede invece che la paga minima sia stabilita caso per caso a seconda della mansione, di fatto estendendo a tutti i lavoratori le tutele salariali garantite dal più diffuso contratto nazionale di quel settore.

In sostanza, l’idea del governo è di assicurare a tutti i lavoratori di un comparto, come compenso base sotto al quale il datore di lavoro non può scendere, quello garantito dal contratto nazionale – negoziato quindi dai sindacati di categoria – più diffuso in quel settore. Nello specifico, Orlando ha proposto di usare come base il Trattamento economico complessivo (TEC), che comprende il salario minimo previsto dai contratti nazionali – il Trattamento economico minimo (TEM) – più una serie di misure previdenziali e assistenziali.

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Secondo quanto detto da Orlando «l’ipotesi sulla quale stiamo lavorando, che ha raccolto un preliminare consenso e una disponibilità, riguarda la possibilità di utilizzare come riferimento i contratti più diffusi o quelli firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, legare un minimo salariale per comparto alla migliore e più diffusa contrattazione».

La proposta del governo potrebbe essere un modo per andare incontro alle richieste avanzate nei giorni scorsi dal Movimento 5 Stelle: il salario minimo era infatti nel documento che il 6 luglio il leader del partito Giuseppe Conte aveva presentato a Draghi, contenente 9 temi “irrinunciabili” per continuare a sostenere il governo. Ma Orlando propone in realtà il salario minimo da mesi, e l’annuncio arriva dopo che nelle scorse settimane il Consiglio dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo e la Commissione sulla direttiva avevano raggiunto un accordo non vincolante per promuovere una soglia minima salariale, oraria o mensile, da garantire ai lavoratori in tutti i paesi dell’Unione (anche in Italia, dove il salario minimo non c’è).

La proposta è ancora in fase embrionale, e non ne sono stati definiti né i dettagli né i tempi di attuazione, ma nelle scorse settimane Orlando aveva detto di voler provare a introdurre una forma di salario minimo entro la fine della legislatura, anche se sembra piuttosto difficile.

Il tema del salario minimo negli ultimi anni ha trovato numerose resistenze sia da parte degli imprenditori sia, per ragioni diverse, da parte dei sindacati. I primi temono che l’aumento del costo del lavoro (cioè l’ammontare complessivo delle spese sostenute da un’azienda per i suoi dipendenti, che comprende salari, imposte e altre spese) metta le loro aziende fuori mercato nei confronti di quelle estere. Secondo uno studio del 2019 citato dal Sole 24 Ore, con un salario minimo di 9 euro lordi l’ora il costo medio del lavoro aumenterebbe del 20 per cento. I sindacati, invece, temono che possa comportare una riduzione del loro coinvolgimento nelle contrattazioni tra lavoratori e aziende, con conseguenze negative per i dipendenti.

Alla proposta di Orlando si è già opposto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, secondo cui introdurre il salario minimo in Italia «sarebbe una scelta politica, ma attenzione perché così si rischia di scassare la contrattazione nazionale». Secondo Confindustria sarebbe meglio introdurre come base salariale il TEM, che in parecchi contratti è di diverse centinaia di euro inferiore al TEC, e quindi più conveniente per il datore di lavoro. I sindacati, invece, hanno detto di non avere avuto grandi risposte sul tema dal governo, e che attenderanno un prossimo incontro a fine luglio.