Con i piccioni avevamo tutto un altro rapporto

Allevati per migliaia di anni come fonte di nutrimento o per ottenere formidabili viaggiatori, sono oggi il risultato di un processo inverso di addomesticamento

ghost dog
Un fotogramma del film del 1999 “Ghost Dog”
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Secondo uno dei suoi aneddoti più noti tra gli appassionati di boxe, l’ex pugile statunitense Mike Tyson ebbe la sua prima scazzottata all’età di 10 anni, perché un ragazzo aveva tentato di rubare e poi aveva decapitato uno dei piccioni che Tyson allevava vicino casa, nel quartiere di Brooklyn. La passione di Tyson per gli animali e in particolare per i piccioni diventò in seguito un tratto molto famoso e raccontato del suo carattere, soprattutto negli anni del suo massimo successo sportivo.

Per quanto stravagante possa apparire oggi, il rapporto di Tyson con i piccioni è più simile – rispetto a quello della maggior parte delle persone – a quello che gli esseri umani ebbero per lungo tempo con questa specie di columbidi, una famiglia di uccelli che comprende oltre 340 specie, prima che il loro addomesticamento e allevamento smettesse di essere una pratica largamente diffusa. E prima che, da uccelli più apprezzati e custoditi in assoluto, i piccioni diventassero tra i più disprezzati e temuti al mondo, impropriamente definiti «topi con le ali» per ragioni legate alla loro straordinaria diffusione negli ambienti urbani e a correlati timori di ordine igienico-sanitario.

Si stima che nel mondo ci siano oltre 400 milioni di piccioni, presenti in quasi tutte le aree urbane, e che la popolazione stia rapidamente crescendo in rapporto all’urbanizzazione. Non è sempre stato così. Gli animali a cui pensiamo quando si parla di piccioni – cioè quelli che oggi affollano le piazze e i parchi delle città – discendono da una specie selvatica conosciuta come Columba livia, considerata la progenitrice di tutte le razze domestiche di colombi e nota per la nidificazione su balze e pareti rocciose.

Mike Tyson piccione

L’ex pugile statunitense Mike Tyson accarezza un piccione in un allevamento a Bloxwich, in Inghilterra, il 18 novembre 2005 (Stringer/Getty Images)

L’addomesticamento dei piccioni è attestato in reperti di oltre 5 mila anni fa ma, secondo ricerche recenti citate dal giornalista scientifico statunitense Andrew Blechman nel libro Pigeons: The Fascinating Saga of the World’s most Revered and Reviled Bird, potrebbe risalire a 10 mila anni fa. I reperti più antichi indicano che le civiltà dell’antica Mesopotamia e dell’Egitto cominciarono a trasportare questi columbidi nelle aree abitate e farne bestiame da allevamento.

Soprattutto gli esemplari più giovani e di maggiori dimensioni diventarono una preziosa fonte di proteine e grassi, nel corso dei secoli, e per lungo tempo i colombi furono quindi allevati principalmente per la produzione di carne. Gli appositi spazi in cui venivano allevati, le colombaie, erano in genere complessi di piccoli vani ciascuno dei quali contenente un nido, ricavati nei muri degli edifici oppure in apposite strutture separate da altri edifici.

Lungo il processo di addomesticamento, gli esseri umani si erano inoltre resi conto di poter utilizzare i piccioni non soltanto per la carne che erano in grado di fornire, a fronte di costi relativamente contenuti rispetto a quelli da sostenere per l’allevamento di altri animali.

Man mano che l’allevamento di piccioni si era straordinariamente diffuso in Medio Oriente, in Africa settentrionale e in Europa occidentale, le persone avevano cominciato a sfruttare l’innata capacità di quegli uccelli di orientarsi nello spazio e ritrovare il nido dopo essere stati allontanati di centinaia di chilometri. Queste abilità furono in seguito perfezionate dagli allevatori in particolari varietà di piccioni che diventarono famose come piccioni viaggiatori, utilizzati per trasmettere messaggi inseriti in piccoli cilindri di carta legati a una zampa oppure a una delle penne della coda.

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L’apprezzamento per i piccioni aumentò progressivamente anche nelle cerchie nobiliari, rendendo sempre più frequenti le occasioni in cui le persone li allevavano semplicemente per hobby, sebbene fossero stati addomesticati per essere una fonte di alimentazione. Nel frattempo, la carne di colombo cominciò a circolare sempre meno nei mercati a fronte del crescente successo commerciale del pollame. E altre circostanze ed eventi storici favorirono la riduzione dell’industria dell’allevamento dei colombi e la dispersione e l’adattamento di molti esemplari nei centri abitati.

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Piccioni per strada a Manhattan, New York, il 14 giugno 2022 (Spencer Platt/Getty Images)

Anche in America – dove erano stati trasportati via mare a partire dal XVII secolo, principalmente per soddisfare le richieste degli allevatori per hobby – i piccioni cominciarono a riprodursi facilmente nelle città. «Abbiamo creato questo habitat [urbano] e poi abbiamo praticamente costruito un animale che stesse molto bene in quel nuovo habitat», spiegò nel 2018 al sito Live Science Michael Habib, paleontologo del Natural History Museum of Los Angeles County e della University of Southern California. «Hanno avuto successo nelle città perché li abbiamo progettati in modo che si sentissero a proprio agio con gli esseri umani», aggiunse Habib.

Secondo la ricercatrice in scienze biologiche alla Washington University a Saint Louis Elizabeth Carlen, un’esperta di evoluzione dei piccioni selvatici nei contesti urbani consultata da Live Science, le città hanno sostanzialmente riprodotto le condizioni ambientali adatte alla sopravvivenza di quella specie selvatica da cui discendono i piccioni domestici. «Gli edifici alti imitano perfettamente le scogliere. E decorazioni delle facciate, davanzali e unità esterne dei condizionatori forniscono ottimi trespoli per i piccioni, simili alle fessure presenti sul fianco delle rupi», disse Carlen.

Altra caratteristica che ha reso i piccioni più facilmente adattabili al contesto urbano è la loro alimentazione. Mentre altre specie di uccelli per poter sopravvivere devono poter contare su una certa quantità quotidiana di bacche, semi o insetti, i piccioni possono mangiare praticamente tutto quello che gli esseri umani buttano nella spazzatura, spiegò a Live Science Steve Portugal, studioso di fisiologia e comportamento animale alla Royal Holloway, University of London: «Non credo che molti piccioni vadano a letto affamati».

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I piccioni possono inoltre provvedere alla prole sfruttando una biologia riproduttiva molto vantaggiosa. Entrambi i genitori covano alternativamente le uova, dopo aver nidificato in luoghi elevati e ben riparati. Ed entrambi sono in grado di allevare i neonati, che nei primi giorni si nutrono soltanto di una poltiglia ricca di grassi e proteine prodotta nel gozzo dai genitori (anche detto «latte del gozzo»). Per mantenere in vita i neonati non è quindi necessario per i genitori trovare insetti, vermi o altre risorse più difficili da reperire nelle città. Come sintetizzato da Portugal, «finché gli adulti possono mangiare, possono nutrire anche i loro neonati».

Una coppia di piccioni può generare fino a una decina di piccoli all’anno, in grado di volare nel giro di un mese e di riprodursi a loro volta nel giro di circa sei mesi: altra ragione che spiega perché siano diventati molto popolosi in tutto il mondo.

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Piccioni in campo durante una partita di Serie A allo stadio Luigi Ferraris, a Genova, il 6 ottobre 2013 (Valerio Pennicino/Getty Images)

La straordinaria diffusione dei piccioni nelle città e la loro tendenza a frequentare senza particolari timori gli spazi normalmente abitati dagli esseri umani hanno generato nel tempo una serie di preoccupazioni, in una certa misura comprensibili. Queste preoccupazioni sono spesso alla base dell’avversione di molte persone per questa specie di uccelli semi-selvatici, e legate non tanto agli animali quanto alle quantità di guano che sono in grado di produrre.

Un piccione consuma solitamente 30 grammi di sostanza secca e 30 millilitri di acqua al giorno. Un gruppo di 100 piccioni può arrivare a depositare poco più di due tonnellate di guano all’anno, che inevitabilmente si accumula su superfici vicine ai centri abitati e spesso calpestate dagli esseri umani. Secondo un’analisi contenuta in un rapporto del 2008 dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), intitolato Public Health Significance of Urban Pests, oltre 60 diverse malattie causate da microrganismi patogeni sono associate a uccelli selvatici urbani, in particolare i piccioni.

In edifici destinati alla produzione industriale, in cui i piccioni riescono spesso ad accedere, il guano deve inoltre essere regolarmente rimosso per evitare che possa corrodere le apparecchiature. E ancora maggiori sono i rischi per la salute quando gli escrementi dei piccioni entrano in contatto con alimenti o mangimi.