L’importanza di “Stranger Things” per Netflix

La serie è considerata il suo più grande prodotto, e i suoi risultati saranno determinanti per il futuro prossimo dell'azienda

(Courtesy of Netflix © 2022)
(Courtesy of Netflix © 2022)
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La prima stagione di Stranger Things arrivò su Netflix nel luglio 2016: allora era una serie dalle ambizioni modeste, pensata da Matt e Ross Duffer, due gemelli poco più che trentenni fino a quel momento sconosciuti ai più. Raccontava una storia soprannaturale con dei ragazzini come protagonisti, ambientata negli anni Ottanta in una piccola città americana, e i Duffer la presentarono come «un film di Steven Spielberg su un romanzo di Stephen King ritrovato dopo molti anni».

La sua promozione fu limitata eppure, inizialmente soprattutto grazie al passaparola, andò straordinariamente bene. Al punto che oggi, a sei anni dalla prima stagione e a tre anni dalla fine della terza, Stranger Things è considerata la più grande proprietà intellettuale che Netflix si trova tra le mani, secondo il New York Times: «uno dei più grandi fenomeni pop dell’era dello streaming». Una serie la cui quarta e penultima stagione (che uscirà in due parti, il 27 maggio e il primo luglio) è ormai considerata determinante per il futuro prossimo di Netflix.

(Netflix)

In questi sei anni è cambiata Stranger Things – la cui quarta stagione avrà episodi lunghi come film, per un costo medio stimato di 30 milioni di dollari ciascuno, con protagonisti impegnati a risolvere problemi sempre più grandi e intricati – ma è cambiato molto anche il contesto in cui sarà vista. Nel 2016 infatti gli abbonati a Netflix erano circa 80 milioni, poco più di un terzo rispetto a quelli di oggi, e Netflix era in rapida e sorprendente espansione. Amazon Prime Video ancora doveva arrivare in Italia e Disney+ ed Apple TV+ nemmeno esistevano.

Nel mezzo di questo 2022 Netflix si trova invece in ben altra situazione: sta subendo l’agguerrita concorrenza di altri servizi in crescita (soprattutto di Disney+, che proprio il 27 maggio metterà online la serie Obi-Wan Kenobi), ha licenziato oltre 150 dipendenti e poco tempo fa ha registrato meno abbonati rispetto al trimestre precedente, cosa che non era mai successa negli ultimi dieci anni. Netflix, le cui azioni valgono oggi meno di un terzo di quanto valevano a inizio 2022, ha insomma un gran bisogno di Stranger Things – e di tutto l’indotto di soldi che garantisce grazie ad accordi per prodotti, giochi e videogiochi vari – per risollevarsi sotto diversi punti di vista.

 

Sul perché Stranger Things sia diventata grande, le possibili risposte girano tutte attorno a un semplice fatto: la serie, arrivata praticamente a sorpresa, piacque per il modo in cui riuscì a unire i suoi tanti ammiccamenti a chi gli anni Ottanta se li ricordava alla freschezza con cui si presentava agli occhi di spettatori più giovani.

Come si dice in gergo, era una serie da “quattro quadranti”, capace cioè di piacere a quattro categorie di pubblico molto importanti: maschi e femmine, sopra e sotto i 25 anni. Faceva paura ma non troppo, era piena di citazioni ma non era indispensabile coglierle tutte, era per ragazzi ma anche per i genitori di quei ragazzi (o viceversa). Semplicemente, poi, era fatta bene: o perlomeno così pensarono un gran numero di spettatori e molte critiche le cui recensioni furono tra il buono e l’ottimo.

È difficile avere dati esatti su quanto sia cresciuta Stranger Things tra la prima e la terza stagione, perché Netflix li condivide come gli pare e perché tra l’altro nel frattempo ha cambiato il tipo di dati che tende a condividere. Si sa che la terza stagione della serie, uscita nel 2019, accumulò nei suoi primi 28 giorni online oltre 580 milioni di ore di visione, cosa che la posiziona tra le più viste su Netflix: quelle che hanno fatto meglio sono tutte più recenti, quando il numero di abbonati era già considerevolmente più alto rispetto al 2019.

Affidabili analisi esterne, ottenute incrociando dati di vario genere su quanto si cerca o si parla di una certa serie, dicono inoltre un’altra cosa molto importante: le prime tre stagioni di Stranger Things sono riuscite a far parlare di sé abbastanza a lungo, a generare meme che sono durati più di un weekend, a farsi vedere da tanti spettatori quando già molti altri erano all’ultimo episodio. Sebbene le sue recensioni siano in calo tra la prima e la terza stagione (fenomeno comune a molte serie), dati elaborati da Parrot Analytics e citati da Vulture dicono che Stranger Things ha rappresentato il raro caso di una serie che, anche nei quasi tre anni senza un nuovo episodio, ha continuato a essere vista da un consistente numero di spettatori; o quantomeno a essere presente online con immagini, notizie e trailer vari.

Ancor più che nel suo semplice successo numerico, nelle recensioni buone o un po’ meno buone o addirittura nelle ore totali di visioni accumulate, il valore di Stranger Things per Netflix risiede nel suo essersi rivelata una portentosa proprietà intellettuale. In un contesto in cui tutti fanno a gara per avere “la nuova Game of Thrones” e in cui Amazon spende centinaia di milioni di dollari solo per avere i diritti per fare una serie sul Signore degli Anelli, la capacità di costruirsi in casa e dal nulla un nuovo mondo narrativo ha un valore altissimo. Non a caso Ted Sarandos, il co-amministratore delegato di Netflix, ne ha parlato come del «più grande e durevole content brand mai creato dall’azienda».

Grazie alla sua componente soprannaturale, grazie a una storia che parte dalla piccola città di Hawkins ma che poi si allarga al mondo e a complotti da Guerra fredda e grazie a una serie di efficaci protagonisti di poco meno o poco più di vent’anni, Stranger Things può pensare di essere qualcosa di simile, seppur con le dovute proporzioni, a Harry Potter. Cioè una storia che non si esaurisce davvero e del tutto in qualche libro, film o episodio, ambientata in un mondo da cui continuare a pescare storie e pretesti per vendere nuovi prodotti. In questo senso, Stranger Things offre più prospettive di serie come La casa di carta o Bridgerton, altrettanto di successo ma meno espandibili.

Come ha notato Vulture, servizi come Apple TV+, Disney+ o Netflix sono così grandi che è irragionevole pensare che una serie, da sola, possa «costruire o distruggere le sorti di un’intera piattaforma». È però vero che, già solo nei prossimi mesi, Stranger Things sarà determinante per Netflix perché è una di quelle poche serie che, da sole, possono spostare rilevanti masse di abbonati. E gli abbonati per Netflix sono fondamentali, in quanto sua principale fonte di guadagno.

(Courtesy of Netflix © 2022)

Stranger Things è considerata una serie così grande, popolare e attesa che si considera realistico che la sua quarta stagione possa segnare nuovi record di ore di visione, e che si considera plausibile, forse addirittura probabile, che possa convincere un consistente numero di spettatori a non disdire il loro abbonamento, oppure a farne o rifarne uno proprio per vedere la sua nuova stagione (e magari, prima o di nuovo, le altre tre). Già da qualche tempo, Netflix ha previsto di perdere, nel trimestre in corso, circa due milioni di spettatori: visto che negli ultimi mesi non c’è stata nessuna nuova Squid Games, se Netflix dovesse perdere meno abbonati del previsto o magari anche guadagnarne, gran parte del merito andrebbe a Stranger Things. 

(Courtesy of Netflix © 2022)

Cosa ancora più importante, se questo dovesse succedere per Netflix sarebbe una prova del fatto che per resistere ad avversari come Disney e Amazon (e alle loro grandi proprietà intellettuali con universi narrativi già apparecchiati) può continuare a cercare e investire su nuove possibili Stranger Things, capaci di partire piccole e diventare grandi col tempo, durando anni e occupando per mesi un posto nei discorsi culturali.

Oltre che per un paio di altre ragioni più tecniche, il fatto stesso che Netflix abbia scelto di far uscire Stranger Things in due parti, il 27 maggio e l’1 luglio, può essere visto come un segno di fiducia da parte di Netflix. Fiducia nel fatto che certi utenti resteranno abbonati sia a maggio che a luglio anche solo per vederla, e fiducia nel fatto che a luglio ancora si parlerà tanto di una serie di cui si parla già ora. Cosa che, per cominciare, permetterebbe a Netflix di spalmare su due diversi trimestri i numeri generati dalla serie, che spera siano molto buoni per rassicurare gli azionisti.

Al contrario, se nemmeno Stranger Things dovesse rivelarsi capace di invertire o anche solo rallentare la perdita di abbonati, la situazione si complicherebbe parecchio: ancor prima di finire Stranger Things diventerebbe infatti sia sintomo che simbolo dei problemi di Netflix.