Il PD ha ripresentato il ddl Zan, identico

Al Senato, dove era stato bocciato dopo mesi di scontri: ma dice di essere disposto a modificarlo

Alessandro Zan e Enrico Letta nella sala Nassiriya del Senato durante la conferenza stampa del PD su iniziative parlamentari in materia di omotransfobia, abilismo e contrasto ai crimini d'odio, Roma, 4 maggio 2022 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Alessandro Zan e Enrico Letta nella sala Nassiriya del Senato durante la conferenza stampa del PD su iniziative parlamentari in materia di omotransfobia, abilismo e contrasto ai crimini d'odio, Roma, 4 maggio 2022 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
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Il Partito Democratico ha annunciato di aver depositato una proposta di legge identica al disegno di legge Zan contro l’omotransfobia e altre discriminazioni, approvato alla Camera e poi, dopo mesi di scontri e discussioni, affossato al Senato lo scorso ottobre dai partiti della destra e da un certo numero di “franchi tiratori”.

Mercoledì il segretario del PD Enrico Letta, la senatrice Monica Cirinnà, il deputato Alessandro Zan e la capogruppo del PD al Senato Simona Malpezzi hanno tenuto una conferenza stampa dando la notizia. «Noi oggi vogliamo annunciare che per quanto ci riguarda la battaglia, che politicamente per noi non è mai stata abbandonata, riprende con un capitolo che è il deposito del ddl Zan nella sua versione originale», ha detto Letta. Ha aggiunto che l’obiettivo è approvare il nuovo ddl (di cui ancora non è disponibile un testo) entro la fine legislatura e ha detto di essere disposto a fare delle modifiche.

Anche Zan, parlando col Post, ha sottolineato che nonostante il testo sia identico rispetto allo scorso passaggio parlamentare – «non potevamo mancare di rispetto ad un ramo del parlamento cambiando il testo» – il PD resta «aperto a eventuali modifiche, purché non si stravolga l’impianto della legge come togliere l’identità di genere senza la quale le persone trans non avrebbero protezione e tutela: questo per noi sarebbe inaccettabile, visto che si tratta di una legge antidiscriminatoria che vale per tutti».

Il percorso dovrà ora iniziare da capo: passare cioè per l’approvazione in Commissione e poi in aula in entrambi i rami del Parlamento. Il deposito è potuto avvenire solo ora, perché l’articolo 76 del Senato dice che «non possono essere assegnati alle competenti Commissioni disegni di legge che riproducano sostanzialmente il contenuto di disegni di legge precedentemente respinti, se non siano trascorsi sei mesi dalla data della reiezione».

Il ddl Zan interveniva su due articoli del codice penale e ampliava la cosiddetta “legge Mancino” inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione (già contemplate) anche le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Era stato approvato alla Camera nel novembre del 2020 con 265 voti favorevoli e 193 contrari, a scrutinio segreto e dopo l’ostruzionismo di Lega e Fratelli d’Italia. Quel disegno di legge era già il frutto di una trattativa tra i partiti, che avevano incluso degli emendamenti presentati da Forza Italia per intervenire sui punti più controversi. Nei mesi successivi però la discussione al riguardo si era polarizzata ed era intervenuto anche il Vaticano, che aveva chiesto al governo di modificare il testo con una criticatissima nota formale.

La maggioranza che sosteneva la legge era però molto meno solida al Senato di quanto fosse alla Camera, per via della composizione del Senato, e sia in commissione che in aula la legge era andata avanti sempre con margini ridottissimi, anche a scrutinio palese. Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, aveva cominciato a insistere sulla possibilità di cambiare la legge pur di arrivare all’approvazione coinvolgendo anche Forza Italia e la Lega, ma sostenendo che avrebbe continuato a votarla anche così com’era. Il PD aveva accusato il partito di Renzi di avere creato le prime divisioni nella maggioranza a sostegno del ddl Zan e di voler usare il pretesto del negoziato per affossarla del tutto, e di voler annacquare il testo della legge fino al punto da renderla inefficace rispetto ai suoi obiettivi.

Il PD aveva dunque deciso di non discutere eventuali compromessi con il centrodestra sugli articoli più controversi, come proponeva Italia Viva. Senza la sicurezza di una maggioranza, e con nessun progresso nelle trattative, dopo i voti e l’ostruzionismo di luglio e agosto la discussione era però stata sospesa per via delle elezioni amministrative e il ddl Zan era uscito dal dibattito.

Con la nuova calendarizzazione della discussione del ddl Zan, dopo l’estate, il PD aveva deciso un radicale cambio di intenzioni, non particolarmente spiegato e motivato. Visto che il tempo al Senato era evidentemente poco – per via della legge di bilancio, e poi dell’elezione del presidente della Repubblica – il segretario Letta aveva annunciato che il partito era disposto a trattare per modificare la legge e assicurarsi una maggioranza più ampia. Il tentativo era fallito subito. La destra sembrava ormai convinta di poter affossare del tutto la legge, e non aveva interesse quindi a trattare.

Lo scorso 27 ottobre il Senato, grazie anche a un certo numero di “franchi tiratori”, aveva votato a favore di una richiesta presentata da Lega e Fratelli d’Italia che attraverso un procedimento parlamentare noto come “non passaggio all’esame degli articoli” aveva accantonato il voto sulla legge, il cui iter era stato bloccato. Metà dell’aula del Senato aveva applaudito ed esultato, attirandosi estese critiche nei giorni successivi.