È tornata la pioggia, ma non è detto che risolverà la siccità

Dovrà piovere più volte, e non troppo intensamente, da qui a maggio perché il terreno possa assorbire abbastanza acqua

Pioggia a Torino, il 30 marzo 2022 (ANSA/TINO ROMANO)
Pioggia a Torino, il 30 marzo 2022 (ANSA/TINO ROMANO)
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Mercoledì è tornato a piovere sul Nord Italia dopo più di cento giorni pressoché senza precipitazioni. Secondo le previsioni meteorologiche, con situazioni diverse da regione a regione, pioverà almeno fino a lunedì o martedì. Potrebbe però non essere sufficiente a risolvere la siccità degli scorsi mesi, cioè a scongiurare gli effetti della prolungata mancanza di piogge sulle forniture d’acqua e sull’agricoltura.

Dall’inizio dell’anno è piovuto pochissimo perché il flusso atlantico, cioè le correnti atmosferiche occidentali che solitamente portano perturbazioni verso il mar Mediterraneo, era bloccato da un insistente e anomalo anticiclone di matrice subtropicale, un’area di alta pressione associata normalmente al bel tempo. Semplificando molto, si sono verificate delle condizioni atmosferiche tipiche dell’estate e non dell’inverno.

Già in precedenza, tra ottobre e novembre dello scorso anno, c’era stata una carenza di precipitazioni e sulle Alpi non era caduta la neve che normalmente alimenta i fiumi in primavera.

Questi due successivi momenti di scarsità di piogge, uniti alle temperature particolarmente alte dell’estate scorsa, hanno causato l’attuale periodo di siccità, che potrebbe compromettere l’irrigazione dei campi nei prossimi mesi. I torrenti ridotti a rigagnoli e il livello dei laghi basso hanno inoltre fatto sì che le centrali idroelettriche non riuscissero a pescare una quantità di acqua sufficiente a far girare le turbine, di fatto causando la sospensione della produzione di energia idroelettrica.

Le precipitazioni di questi giorni invece sono dovute all’arrivo di un’area di bassa pressione che si sta spostando da ovest verso est portando aria artica, più fredda. Dovrebbero durare fino all’inizio della settimana prossima e poi attenuarsi, anche se non lo si può dire con assoluta certezza, dato che l’attendibilità dei modelli meteorologici diminuisce quando si fanno previsioni a più di cinque o sei giorni di distanza.

«Sicuramente queste piogge allevieranno la “sete” che c’è stata finora», dice Ramona Magno, ricercatrice dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e coordinatrice scientifica del Drought Observatory, l’Osservatorio Siccità: «Daranno sollievo al terreno e alle colture che stanno iniziando la loro stagione vegetativa [il momento in cui riprendono l’attività dopo l’inverno], come il grano».

Non è detto però che contribuiranno a risolvere la siccità, che è data, oltre che dal fenomeno fisico della prolungata scarsità d’acqua, anche da tutti i suoi diversi impatti sulla società: come spiega l’Osservatorio, è «il risultato dell’interazione fra pericolosità naturale (riduzione delle precipitazioni al di sotto della media) e i fabbisogni idrici per i vari usi».

Perché le piogge di questi giorni migliorino la situazione per le colture e per le risorse idriche di laghi e fiumi dovranno verificarsi due condizioni. La prima è che «siano costanti, non a carattere temporalesco, ma diffuse e continuative». Infatti in questo momento il terreno è secco e compatto: in caso di piogge troppo intense, non sarebbe in grado di assorbire tutta l’acqua e una parte rilevante andrebbe dispersa. Stando alle previsioni sembra che da questo punto di vista le cose andranno bene: per ora le piogge sono state abbastanza diffuse, anche se in alcune zone potrebbero avere un carattere temporalesco.

La seconda condizione è che dopo questo periodo di piogge ne seguano altri, da qui a maggio, ma potrebbe non verificarsi.

«A livello di modelli probabilistici si prevede che fino a metà di aprile ci sarà un nuovo periodo di assenza di pioggia e che in aggiunta si registreranno temperature sopra la media: è un doppio fattore negativo, il terreno potrebbe tornare ad asciugarsi». Se non ci saranno altre precipitazioni è probabile che «il deficit d’acqua che si è creato in questi mesi non venga colmato completamente». La siccità potrebbe anche risolversi, contro le attuali previsioni, ma secondo Magno dobbiamo fare i conti con la possibilità di una primavera particolarmente calda e con poche precipitazioni: «La situazione potrebbe restare problematica se non critica».

L’indice pluviometrico SPI viene usato per rilevare le siccità meteorologiche, cioè quelle riduzioni delle precipitazioni al di sotto della media climatologica (almeno 30 anni) per un certo periodo in una determinata area. In questa mappa, diffusa l’11 marzo da Drought Observatory, si fa un confronto tra i valori di marzo del 2021 e quelli di febbraio 2022

Bisogna anche considerare l’ipotesi che in futuro siccità come questa possano diventare più frequenti a causa del riscaldamento globale. «Tutti i report sul clima degli ultimi anni concordano sul fatto che il bacino del Mediterraneo, e quindi l’Italia, sia un’area critica per il cambiamento climatico: le temperature e la frequenza dei fenomeni estremi stanno aumentando». Tra questi ci sono i periodi di siccità, la cui frequenza è aumentata a uno ogni quattro anni più o meno: c’è stata quella dell’estate del 2003, quella del 2007, quella del 2011 e quella del 2017, prima di quella cominciata l’anno scorso e che stiamo attraversando anche ora.

Se si considera il volume d’acqua che piove annualmente, non ci sono stati cambiamenti significativi negli ultimi decenni in Italia. Tuttavia è cambiata la distribuzione nel tempo delle precipitazioni: «Abbiamo periodi prolungati di piogge intense o di assenza di piogge», spiega Magno, «entrambi i fenomeni possono essere dannosi». Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno, la siccità del 2003 causò 1,75 miliardi di euro di danni, quella del 2007 0,92 miliardi e quella del 2o11 0,56.

Tra le altre cose, la siccità di questo periodo potrebbe causare particolari problemi in caso di incendi estivi. Anche i boschi risentono delle carenze d’acqua prolungate e frequenti: possono causare morie e defogliazioni, e di conseguenza grossi accumuli di biomassa secca (in sostanza rami e foglie secche) che d’estate si possono trasformare in combustibile per gli incendi, anche molto ampi se le temperature sono più elevate del solito.

Per ridurre i danni delle siccità favorite dal cambiamento climatico bisognerà cambiare la mentalità con cui le si affrontano, secondo Magno: «Finora abbiamo praticato la gestione delle crisi, siamo intervenuti quando già si vedevano gli effetti. Dovremmo passare a una gestione del rischio».

Nella pratica questo significa tante cose diverse: ad esempio, promuovere politiche di sviluppo rurale integrate con quelle di gestione ambientale, adottare colture più resistenti ai periodi con scarsità d’acqua e metodi diversi per la conservazione delle risorse idriche. Si potrebbe praticare di più l’agricoltura di precisione, quella che grazie all’aiuto della tecnologia prevede l’uso mirato di pesticidi, fertilizzanti e irrigazione e per questo permette di usarne di meno.

Inoltre si potrebbe risolvere il grosso problema di perdite della rete idrica italiana: circa il 40 per cento dell’acqua che passa per gli acquedotti italiani viene sprecato a causa di condutture obsolete e danneggiate.