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  • Martedì 1 marzo 2022

Cosa pensano i russi dell’invasione in Ucraina?

Il dissenso per l'invasione voluta da Putin è arrivato da celebrità e personaggi illustri, e tante persone sono scese in piazza per protestare

Una persona indossa una mascherina con la scritta "No guerra" durante una manifestazione a San Pietroburgo, domenica 27 febbraio (AP Photo/ Dmitri Lovetsky)
Una persona indossa una mascherina con la scritta "No guerra" durante una manifestazione a San Pietroburgo, domenica 27 febbraio (AP Photo/ Dmitri Lovetsky)

In un post condiviso domenica su Twitter, la giornalista americana Julia Ioffe, che è nata a Mosca, ha scritto di aspettarsi che nei prossimi tempi ci sarà un «esodo massiccio» dalla Russia per via del conflitto in corso con l’Ucraina, oltre a quello già cominciato di ucraini che stanno scappando dagli attacchi russi. Secondo Ioffe, che prima di fondare il sito di notizie Puck è stata esperta di sicurezza nazionale per GQ e ha scritto tra gli altri per il New York Times, Foreign Policy e Politico, moltissime persone russe che vivono nelle grosse città e hanno un alto livello di istruzione sono «inorridite e terrorizzate» da quello che sta succedendo e sanno che non dovranno affrontare solo un periodo di grosse difficoltà economiche per via delle durissime sanzioni imposte dall’Occidente, ma anche una dura repressione politica nel proprio paese.

Per quanto sia impossibile sapere esattamente cosa pensino i circa 144 milioni di persone che abitano in Russia, diverse cose successe negli ultimi giorni suggeriscono che una parte rilevante della popolazione disapprovi l’invasione militare in Ucraina, come si era capito rapidamente dalle prime proteste contro la guerra organizzate in decine di città russe, in cui erano state arrestate più di 1.700 persone. In questi giorni, le manifestazioni pubbliche di dissenso da parte di celebrità e persone a vario titolo illustri sono state molte e inconsuete per un paese in cui normalmente chi ha una posizione di rilievo è assai prudente nell’esporsi contro Putin.

Tra di loro c’è ad esempio il giornalista Yury Dud, molto popolare sui social network in Russia, che sta condividendo con i suoi 5 milioni di follower su Instagram post contro la guerra e sta raccontando come abbia deciso di parlarne nonostante viva «in uno stato autoritario». Scriverne liberamente, ha scritto, gli dà la dignità «che il governo russo ha diligentemente eroso negli ultimi anni». Sono molti gli influencer e personaggi di internet, tendenzialmente giovani, ad aver preso posizione contro la guerra e anche direttamente contro il presidente russo Vladimir Putin.

Ian Garner, uno storico che si occupa di Russia e Unione Sovietica, ha scritto su Twitter di aver passato un po’ di tempo su VKontakte, il “Facebook russo” su cui il governo centrale esercita un certo controllo. Dice di aver rilevato perlopiù indifferenza verso la guerra, ma anche una considerevole quota di post e commenti scettici o esplicitamente contrari, molti dei quali di solidarietà verso gli ucraini. Secondo Garner, la narrazione di Putin dell’invasione come di una guerra per «denazificare» l’Ucraina, e i richiami alla Seconda guerra mondiale, non sembrano avere attecchito granché.

Nonostante gli imponenti sforzi di propaganda, l’immagine di questa guerra che sta dando il governo russo sembra troppo fredda e impersonale rispetto a quella che sta emergendo dal fronte ucraino, specialmente grazie agli accorati e costanti appelli pubblici del presidente Volodymyr Zelensky. Garner dice che, stando a questa analisi preliminare, è scettico sulla possibilità che il coinvolgimento dei russi sia tale da convincerli a sopportare le grandi privazioni economiche che probabilmente dovranno subire nelle prossime settimane e mesi.

In una recente intervista data a Sky News, il politico di opposizione russo Vladimir Kara-Murza ha detto che in questi giorni migliaia di persone russe stanno protestando per dire che questa non è una guerra voluta dai russi o dalla Russia, bensì «l’ennesima impresa militare» di Putin, che ha definito una persona spregiudicata e «un dittatore sempre più folle». Secondo Kara-Murza, che sostiene di essere stato avvelenato due volte dagli agenti dei servizi di sicurezza russi, questo non è solo il punto di vista delle persone che stanno continuando a manifestare nonostante il rischio molto concreto di essere arrestate e subire ritorsioni, ma anche quello di importanti intellettuali, giornalisti, scienziati e personalità televisive, che in alcuni casi hanno già subìto ritorsioni.

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Dopo l’attacco della Russia in Ucraina la direttrice di un famoso teatro nazionale e centro culturale di Mosca, Elena Kovalskaya, ha dato le dimissioni sostenendo che sia «impossibile lavorare per un assassino ed essere pagati direttamente da lui». Il rapper russo Oxxxymiron, uno degli artisti più famosi in Russia, ha invece deciso di cancellare sei concerti da tutto esaurito a Mosca e a San Pietroburgo dicendo di non riuscire a lavorare per far divertire qualcuno «quando l’Ucraina viene colpita dai missili russi».

Nel frattempo un gruppo di circa 300 giornalisti russi ha firmato una lettera di protesta contro l’operazione condotta dalle forze armate russe, sostenendo che non ci sia «alcuna giustificazione razionale» per questa guerra e che sia chiaro che «l’Ucraina non sia una minaccia per la sicurezza della Russia». L’iniziativa era stata lanciata da Elena Chernenko, una stimata giornalista ed esperta di politica internazionale del quotidiano economico-politico Kommersant, e la lettera era stata firmata anche da diversi collaboratori dei media controllati dal governo. A causa di quella che le autorità russe hanno definito «assenza di professionalità», tuttavia, a Chernenko è stato negato il permesso di partecipare agli eventi e alle conferenze stampa del ministero degli Esteri russo.

Il principale canale televisivo della tv pubblica russa ha poi sospeso il programma serale del popolare comico Ivan Urgant, che in Italia qualcuno conosce per via della trasmissione che negli ultimi due anni ha condotto a Capodanno imitando un evento musicale italiano (che quest’anno si chiamava “Ciao 2021”). Ufficialmente il programma è stato sospeso per problemi di palinsesto, ma il sito Meduza e altri osservatori hanno attribuito il cambio di programmazione al fatto che giovedì Urgant avesse pubblicato sui social network un’immagine nera con la didascalia: «Paura e dolore. No alla guerra». Dopo aver vinto la semifinale del Dubai Tennis Championships, invece, il tennista russo Andrey Rublev ha invece scritto su una telecamera «No alla guerra per favore».

Sui giornali di tutto il mondo inoltre è stata data grande attenzione al fatto che alcuni messaggi contro l’invasione e la guerra siano arrivati anche da persone legate più o meno direttamente alle autorità russe o agli oligarchi considerati vicini al presidente.

Sia la nipote dell’ex presidente russo Boris Yeltsin, Maria Yumasheva, che Lisa Peskova, figlia dell’attuale portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, hanno pubblicato sui social network foto e messaggi contro l’invasione dell’Ucraina. Anche la figlia del ricco imprenditore russo Roman Abramovich, Sofia Abramovich, ha condiviso su Instagram una storia in cui sostiene che «la bugia più grossa e di successo della propaganda russa è che la maggior parte dei russi stia dalla parte di Putin».

Proprio Abramovich, noto tra le altre cose per essere il proprietario della squadra di calcio inglese del Chelsea, in questi giorni ha annunciato che avrebbe lasciato l’amministrazione del club a una fondazione benefica. Nel comunicato in cui spiegava la propria decisione non si riferiva esplicitamente all’invasione russa in Ucraina, ma dal contesto si poteva intuire che avesse a che fare col timore di ricevere possibili sanzioni.

https://twitter.com/24UkraineNews/status/1497413635156713472?s=20&t=0e7EJi6tU7BbUzgq4od9aw

Nei giorni scorsi tre membri della Duma, il parlamento russo, hanno scritto opinioni contro l’invasione sui propri social network. Sono tutti e tre membri del Partito Comunista, formalmente all’opposizione ma sempre allineato a Putin sulle questioni più importanti: soltanto la settimana scorsa, per esempio, avevano votato a favore del riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass.

Fino a poco prima dell’attacco di giovedì scorso, l’idea che potesse scoppiare una guerra era stata derisa dalle autorità russe, che l’avevano definita un’invenzione dell’Occidente, ed era ritenuta assurda anche dalla gran parte dei russi, che però in generale approvava la visione distorta di Putin secondo cui l’Ucraina fosse parte integrante del territorio russo. Un sondaggio realizzato da una società indipendente russa la settimana scorsa aveva evidenziato che la maggior parte russi fosse a favore del riconoscimento e dell’annessione dei territori abitati dai separatisti filorussi nell’Ucraina orientale.

Un altro sondaggio realizzato da un gruppo di ricercatori che nel giro di diversi mesi aveva intervistato più di 3mila persone, però, ha concluso che solo l’8 per cento dei russi è a favore di una guerra contro l’Ucraina e che meno di uno su dieci ritiene utile che la Russia dia sostegno militare ai separatisti filorussi nel Donbass.

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Da un lato adesso Putin si trova a dover gestire un certo malcontento da parte della popolazione, destinato probabilmente a crescere man mano che le sanzioni economiche avranno effetto. Dall’altro, il presidente russo potrebbe avere problemi anche dai suoi collaboratori e consiglieri più fedeli, da cui nelle ultime occasioni formali ha preso le distanze, anche in maniera letterale: ufficialmente per evitare un possibile contagio da coronavirus, ma probabilmente anche per sottolineare la propria autorità e autonomia.

Diversi osservatori internazionali hanno fatto notare che adesso moltissimi russi si sentono identificati come quelli che approvano o desiderano la guerra, e in generale pensano che le sanzioni imposte alla Russia colpiranno in maniera sproporzionata le persone normali anziché Putin o comunque i responsabili del conflitto. Come ha osservato il Moscow Times, invece, «le cosiddette élite si sono rese conto di essere completamente impotenti» nel rigido regime autoritario imposto da Putin e di non avere alcuna influenza.

Circa un anno fa in tutta la Russia erano in corso enormi manifestazioni di protesta contro il governo autoritario di Putin e in solidarietà con il dissidente Alexei Navalny, che era stato arrestato di ritorno dalla Germania, dove nei mesi precedenti era stato curato per un avvelenamento che secondo molte ricostruzioni era stato ordinato dai servizi di sicurezza russi. Come era accaduto nel 2021, anche negli ultimi giorni le proteste sono state represse duramente dalle forze dell’ordine. Secondo OVD-info, un gruppo di cittadini che si occupa di seguire la repressione delle proteste in Russia, domenica nelle varie manifestazioni sono stati arrestati più di 2mila manifestanti in tutto il paese; solo giovedì ne erano stati arrestati più di 1.700.

Nonostante da anni Putin abbia fatto reprimere duramente il dissenso politico, secondo il giornalista di opposizione Dmitri Muratov adesso molti russi sentono il dovere di esprimere la propria opinione senza preoccuparsi del futuro e delle possibili ritorsioni. Molti russi sono affezionati all’Ucraina e hanno amici o parenti che ci vivono, e questo può scoraggiare anche i sostenitori di Putin più accaniti, ha detto Muratov, che è il cofondatore e direttore del giornale Novaya Gazeta.

A questo proposito Muratov, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2021 assieme alla giornalista filippina Maria Ressa, ha deciso a sua volta di pubblicare la Gazeta sia in russo che in ucraino, sfidando le rigide regole imposte dalla propaganda russa che invitano a diffondere solo le informazioni provenienti dagli organi di governo.

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