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  • Venerdì 25 febbraio 2022

L’ambigua posizione della Cina sull’Ucraina

Pur mantenendo una certa cautela, si è rifiutata di condannare l'invasione e potrebbe aiutare Putin contro le sanzioni

Vladimir Putin e Xi Jinping (AP Photo/Alexander Zemlianichenko, Pool)
Vladimir Putin e Xi Jinping (AP Photo/Alexander Zemlianichenko, Pool)

Nelle ultime ore, mentre l’invasione russa dell’Ucraina procedeva, la Cina ha mantenuto una posizione cauta e piuttosto ambigua sulle azioni del presidente russo Vladimir Putin. Tra le altre cose, il governo cinese si è rifiutato di riconoscere nell’operazione militare russa una «invasione», e non parteciperà alle sanzioni economiche annunciate dalla comunità internazionale: al contrario, il sostegno economico della Cina potrebbe aiutare la Russia a sopportare le sanzioni occidentali.

L’atteggiamento della Cina ha diverse ragioni: il governo vuole limitare il più possibile i danni alla propria economia, preservare i rapporti coi partner economici, tra cui c’è sia la Russia che vari paesi occidentali, e inoltre studiare con attenzione quello che accade in Ucraina: la reazione occidentale all’invasione, tra le altre cose, potrebbe fornire indizi al presidente cinese Xi Jinping su come potrebbero andare le cose nel caso in cui la Cina decidesse di intraprendere in futuro un’azione militare contro Taiwan. Vari osservatori in questi giorni si sono chiesti se, dopo l’Ucraina, il prossimo territorio democratico invaso da un grande regime potrebbe essere proprio Taiwan.

L’ambiguità della posizione cinese nei confronti della guerra in corso è stata notata da vari osservatori, soprattutto in relazione a due fattori. Il primo è che la Cina non ha definito l’operazione di Putin in Ucraina un’invasione, a partire dalla portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying, che giovedì durante una conferenza stampa si è rifiutata di parlare di invasione e di condannare l’azione militare russa. Anche i media e la televisione di stato cinese continuano a definire quella della Russia una «operazione militare speciale», che è come lo stesso Putin ha definito l’invasione.

La seconda occasione in cui è emersa con molta chiarezza l’ambiguità della posizione cinese è stato quando il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha prima detto che la Cina ha sempre rispettato la sovranità e integrità territoriale di tutti i paesi (prendendo quindi apparentemente le parti dell’Ucraina), ma poi ha aggiunto che, nel caso specifico dell’Ucraina, riconosceva la complessità della situazione e le «legittime preoccupazioni per la sicurezza» della Russia.

La Cina, in pratica, pur mantenendo una certa neutralità a parole sta di fatto condividendo la versione dei fatti della Russia, secondo cui l’invasione dell’Ucraina sarebbe un’operazione militare per portare la pace nel paese.

Secondo diversi analisti e osservatori questo atteggiamento si spiega col fatto che – come in altre occasioni, per esempio quando la Russia invase la Georgia, nel 2008 – il conflitto in corso mette la Cina in una posizione per certi versi scomoda e difficile. Una posizione in cui, come ha spiegato a Politico Evan Feigenbaum del centro studi Carnegie Endowment for International Peace, la Cina si trova a cercare di far coesistere alcuni obiettivi apparentemente inconciliabili.

Tra questi, fare in modo che la crisi in corso danneggi il meno possibile la sua economia, per esempio a causa delle sanzioni che Stati Uniti e Unione Europea sceglieranno di imporre alla Russia (sanzioni che potrebbero colpire anche la Cina, se riguardassero tutti gli stati che fanno affari con la Russia); gli interessi economici della Cina dipendono anche dalla possibilità di continuare a commerciare con l’Ucraina, che tra le altre cose è un importante punto di passaggio della cosiddetta “nuova via della seta”, cioè l’enorme programma di investimenti cinesi per la costruzione di infrastrutture commerciali, fondamentale per l’espansione dell’influenza della Cina nel mondo.

La Cina, più in generale, ha tutto l’interesse a mantenere un rapporto quantomeno cordiale, più che apertamente conflittuale, con l’Occidente, di cui è al tempo stesso un rivale politico e un partner economico.

D’altra parte, però, la Cina vuole anche mantenere il proprio rapporto con la Russia. Che è un rapporto di strettissima collaborazione: l’anno scorso, durante un incontro a Mosca, il leader cinese Xi Jinping ha descritto Putin come il suo «migliore amico»; e una ventina di giorni fa, quando la crisi al confine ucraino stava raggiungendo il culmine, i due paesi hanno definito «senza limiti» la loro cooperazione.

Di fatto, per quanto possano variare le modalità con cui intendono raggiungerlo, Cina e Russia condividono inoltre l’obiettivo di «scardinare il sistema a guida atlantista e cambiare i termini e le condizioni delle relazioni internazionali», come ha scritto Giulia Pompili, giornalista del Foglio.

Alcuni osservatori si aspettano quindi che, pur mantenendo posizioni pubbliche tutto sommato caute, la Cina sia pronta ad aiutare la Russia, per esempio sostenendola economicamente per far fronte alle grosse sanzioni che Stati Uniti e Unione Europea le imporranno in risposta all’invasione dell’Ucraina, anche in questo caso come già accaduto in passato. Tra le altre cose, la Cina potrebbe offrire all’economia russa modi di sfuggire a queste sanzioni: negli ultimi anni ne ha elaborati alcuni particolarmente efficaci (come ha fatto in parte la stessa Russia, che però è economicamente molto meno competitiva della Cina).

Ma l’atteggiamento apparentemente cauto della Cina ha anche un’altra ragione: secondo diverse analisi la Cina sta guardando con molta attenzione a ciò che accade in Ucraina perché, pur con grosse differenze tra i due paesi (sia storiche che nella realtà delle cose sul campo), alcuni elementi dell’attuale crisi ucraina potrebbero applicarsi a Taiwan, la piccola isola indipendente che la Cina considera come propria. La Cina rivendica da decenni la sovranità sull’isola, che è una democrazia vivace, un’economia prospera e si autogoverna indipendentemente dal 1949. Per il presidente Xi Jinping, riunificare Taiwan alla Cina è un obiettivo irrinunciabile, al quale ha fatto più volte riferimento in vari discorsi pubblici.

Sull’Atlantic, il giornalista americano esperto di Asia Michael Shuman ha scritto che una vittoria della Russia in Ucraina potrebbe convincere il leader cinese Xi Jinping, in un futuro per ora tutt’altro che immediato, a immaginare con più facilità di poter fare lo stesso a Taiwan.

Questo spiegherebbe le reazioni della stessa Taiwan, così come del Giappone, alle azioni di Putin in Ucraina. Taiwan, geograficamente molto lontana dall’Ucraina, è stata uno dei primi paesi a condannare pubblicamente l’invasione dell’Ucraina come una violazione degli accordi internazionali, così come a dichiarare subito, il giorno dopo l’invasione, di volersi unire a Stati Uniti e Unione Europea nell’imporre sanzioni economiche alla Russia. Anche il Giappone, preoccupato sia per Taiwan che per le isole Senkaku (contese con la Cina), si è mostrato pronto a imporre pesanti sanzioni economiche.

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