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  • Giovedì 17 febbraio 2022

La variante omicron sta mettendo in grossa difficoltà Hong Kong

Non ci sono mai stati così tanti contagi, e ora il governo locale potrebbe imporre misure molto restrittive, su ordine di quello cinese

Pazienti fatti aspettare fuori da un ospedale di Hong Kong (Anthony Kwan/Getty Images)
Pazienti fatti aspettare fuori da un ospedale di Hong Kong (Anthony Kwan/Getty Images)

Nelle ultime settimane a Hong Kong, città cinese che si governa in maniera semi-autonoma, c’è stato il più imponente aumento dei contagi da coronavirus dall’inizio della pandemia, che sta mettendo in crisi gli ospedali e creando serie difficoltà alle autorità cittadine, che non sanno quale strategia adottare per contenere la diffusione del virus.

Secondo le autorità sanitarie, giovedì è stato registrato un record di 6.116 casi di contagio, quasi 2mila in più rispetto al giorno precedente: è un aumento enorme per Hong Kong, che ha 7,5 milioni di abitanti e che fino a quest’ultimo focolaio raramente aveva avuto più di 100 casi al giorno. Dall’inizio della pandemia, a Hong Kong sono stati registrati in tutto circa 26mila casi di contagio e poco più di 200 decessi, numeri molto inferiori ad altre città di dimensioni simili.

Il successo di Hong Kong nel contenimento dei contagi era stato possibile grazie a un sistema piuttosto rigido di quarantene, all’isolamento con il resto del mondo e a un sistema molto efficiente di tracciamento: in questo modo, le autorità erano riuscite a mantenere la città praticamente libera dal coronavirus e a garantire il mantenimento di uno stile di vita quasi normale, senza lockdown generalizzati e misure restrittive invasive. Specie all’inizio della pandemia, Hong Kong era stata indicata in tutto il mondo come un esempio da seguire.

Ma l’ultima ondata di contagi, che come in molti altri paesi del mondo è stata causata principalmente dalla diffusione della variante omicron del virus, ha fatto saltare tutte le misure di prevenzione, evidenziando tra le altre cose la debolezza del sistema sanitario della città e la scarsa diffusione dei vaccini tra la popolazione (solo il 67 per cento ha completato il ciclo primario), in particolare tra gli anziani.

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Solo il 41 per cento delle persone con più di 80 anni ha ricevuto le prime due dosi, una percentuale bassissima se si considera che quella è anche una delle fasce più a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19 e di morire. In Italia, per fare un paragone, in quella fascia di età più del 94 per cento della popolazione ha completato il ciclo primario di vaccinazione.

Il rapido aumento dei contagi nelle ultime settimane ha fatto sì che alcuni ospedali della città abbiano ricevuto così tante richieste di ricoveri per il COVID-19 che hanno dovuto portare decine di pazienti in strada, lasciandoli per ore in letti sistemati all’esterno e fornendo loro coperte termiche per ripararsi dal freddo mentre aspettavano di essere fatti entrare. A questo ha contribuito l’insistenza delle autorità cittadine a ricoverare la maggioranza delle persone positive, indipendentemente dalla gravità del caso.

Inoltre, sempre causa dell’aumento dei contagi, da alcune settimane sono chiuse scuole, palestre, cinema e diversi locali pubblici, e in molte aziende ai dipendenti viene chiesto di lavorare da casa.

Le autorità sono incerte su quali misure adottare per fermare i contagi, e l’influenza del governo cinese rischia di complicare seriamente le cose. La Cina, infatti, pretende che su tutto il suo territorio (dunque anche a Hong Kong) sia applicata la cosiddetta “strategia zero-Covid”, che prevede l’utilizzo di misure rigidissime (come lockdown generalizzati o test obbligatori e di massa) per eliminare sul nascere ogni possibile focolaio. Finora Hong Kong era riuscita a limitare i contagi anche senza adottare questo tipo di misure, ma dopo l’ultimo focolaio non sembra più possibile, e le pressioni crescenti del governo centrale stanno mettendo in difficoltà l’amministrazione locale.

Al momento il governo di Hong Kong ha mantenuto una certa autonomia dalla Cina sulla gestione della pandemia – cosa che invece non succede più su temi come la libertà di espressione – ma non è detto che sarà così ancora a lungo. Il mese scorso la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, aveva detto che la città avrebbe adottato una “strategia zero-Covid dinamica”, intendendo che non ci sarebbero state restrizioni severe come in Cina. In queste settimane ha più volte detto, per esempio, che sarebbe stato impossibile imporre test di massa obbligatori per tutti i 7,5 milioni di abitanti di Hong Kong, come invece è stato fatto in diverse città cinesi.

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Ma il recente aumento dei contagi potrebbe cambiare presto questa strategia, e costringere il governo di Hong Kong ad adattarsi al volere del governo centrale cinese e applicare le stesse misure restrittive che sono state imposte finora nella Cina continentale. Mercoledì il presidente cinese Xi Jinping ha detto, tramite un comunicato pubblicato su due giornali filocinesi di Hong Kong, che il governo locale dovrebbe rendere il controllo dell’epidemia «una priorità schiacciante». Secondo vari giornali internazionali il messaggio di Xi Jinping direbbe implicitamente che il governo di Carrie Lam deve imporre anche a Hong Kong la “strategia zero-Covid” al più presto, per contenere un ulteriore aumento dei casi positivi al virus.

Dopo le dichiarazioni del presidente cinese, l’agenzia di stampa Reuters ha scritto, citando alcune fonti non identificate, che il governo di Hong Kong prevede di far partire a marzo una campagna di test di massa che dovrebbe coinvolgere almeno un milione di persone, e che chi si sottrarrà riceverà una multa da 10mila dollari di Hong Kong (circa 1.200 euro). Il governo di Hong Kong non ha ufficialmente confermato queste indiscrezioni, ma Carrie Lam ha detto che «testare tutta la popolazione è un piano che stiamo considerando», smentendo le sue dichiarazioni delle settimane scorse, senza però fornire maggiori dettagli al riguardo.