Alla fine dell’anno scorso, il famigerato 2020, al Post ritenemmo di sospendere una consuetudine giornalistica e informativa che abbiamo da sempre, come molti altri giornali internazionali: quella di ricordare le persone più note che siano morte durante l’anno, non tanto per ragioni emotive o celebrative (non tutte le persone più note hanno avuto vite encomiabili) ma per ricapitolare una serie di notizie e avere presente che il mondo e le sue vicende non comprenderanno più quelle persone, se non nelle conseguenze delle loro opere e scelte. Era stato l’anno della pandemia e facemmo queste considerazioni.
Quando siamo arrivati a parlarne quest’anno, ci è sembrato che fosse un po’ fuori misura: è stato un anno di morte e di morti con una tale estensione e una tale presenza di lutti, che l’eccezionalità di quelle morti “famose” – a loro volta: tante – un po’ si perde e un po’ forse pure stona, a rimarcarla ancora. Non è facile spiegare, dicevamo, ma ci è sembrato troppo, tornarci: e chiudere l’anno “cattivo” ormai già per antonomasia con la ripetizione di cattive notizie già date.
Nel 2021, che non è stato certo un anno di “ritorno alla normalità” ma che un passo in quella direzione lo ha fatto, le morti di persone famose sono tornate a essere notizia più per la notorietà delle vittime che per la ragione della morte. Abbiamo fatto in altri anni riflessioni sulla condivisione e il ruolo delle notizie sulle “morti famose”, in questi tempi online, e vi rimandiamo a quelle. Intanto forse stiamo tornando a tempi in cui anche morire ridiventerà dolorosamente “normale”, ma ci stiamo tornando senza queste persone, importanti per i nostri mondi.